Abbracciare il lato oscuro, scoprire i propri mostri
Cercare un luogo tranquillo e mettersi a sedere. Ritagliarsi questo momento per se stessi, per abbracciare il lato oscuro. Dimenticare il rumore, i doveri e i “se per caso”… Lasciare che la voce frignona, e a volte impertinente, che proviene dalla mente, svanisca a poco a poco. Recarsi all’appuntamento con il silenzio, quel compagno pubblicizzato in malo modo da chi non sa apprezzarlo, ma gratificante per chi è capace di scoprirne l’essenza. Ascoltarlo.
Forse pensate che sia impossibile captare qualcosa quando l’interlocutore è in silenzio, ma provateci. Spesso, è questo il ponte, il cammino, verso il contatto con noi stessi . In questo caso, per abbracciare il lato oscuro. Quindi, non abbiate paura e, ovviamente, non fuggite.
Non c’è niente di male nel guardarsi allo specchio, toccarsi la pelle, accarezzare quelle ferite che tante volte ci ostiniamo a non guardare. Non deviate lo sguardo, non serrate gli occhi quando c’è qualcosa che vi fa male. Abbracciate i vostri mostri, abbracciate il vostro lato oscuro. Connettetevi con voi stessi.
Il buio delle ferite
Guardare in faccia la sofferenza non è un’esperienza piacevole, questo è ovvio. I fantasmi che transitano nei nostri ricordi possono arrivare a essere molto intimidatori e, a volte, troppo autoritari. Conoscono alla perfezione i nostri sentieri impenetrabili, quelli più instabili e le strade ombrose che gettano le radici e si insinuano nel profondo nella nostra pelle.
Questi fantasmi sono le impronte del nostro passato, le ancore che ci rendono schiavi del dolore di quanto vissuto; a volte, lo alimentano, per ricordarci che sono sempre lì, che non le abbiamo ancora superate. Se non lo impediamo, arriveranno persino a trasformarsi in quei mostri che finiremo per temere tanto: la paura del rifiuto, la paura della solitudine, la paura del fallimento… Indossano maschere e costumi diversi per celare la falsa credenza a cui ci aggrappiamo tanto: essere incapaci di essere felici.
Anche le ferite hanno il loro lato oscuro, quello da cui si percepisce solo la tristezza grigia, il dolore causato dalle spine e la decadenza dei sogni. Una zona pericolosa, nella quale si può cadere e che fa ruotare la nostra vita attorno alla sofferenza. Una sottile ragnatela che ci imprigiona poco per volta.
Non è facile liberarsi delle schegge del passato, soprattutto se si conficcano in profondità nella nostra pelle e si servono dell’autoinganno. Il dolore ha infiniti modi per esprimersi e, anche se pensiamo di essere liberi dalla sua condanna, può non essere così, soprattutto se abbiamo la tendenza a evitarlo.
Anche il corpo può essere un mezzo di cui si serve per far sentire la sua presenza. David Alexander, professore e direttore del Centro di Ricerca Traumi ad Aberdeen, afferma che “La gente che ha subito dei danni emotivi spesso traduce tale dolore sul piano fisico”.
Per questo motivo, è importante abbracciare il lato oscuro delle proprie ferite e la sua influenza sul nostro mondo . Può essere talmente astuto e perspicace da arrivare ad alterare la nostra visione della realtà. E, in questo modo, resteremo intrappolati in una spirale di sofferenza infinita.
“Non c’è cicatrice, per quanto brutale paia,
che non racchiuda bellezza.
Una precisa storia si narra in essa,
un qualche dolore. Ma anche la sua fine.
Le cicatrici, allora, sono le cuciture
della memoria,
una finitura imperfetta che sana
danneggiandoci. La forma
che il tempo trova
di non dimenticare mai le ferite”.
-Marwan-
Abbracciare il lato oscuro e la luce che ne scaturisce
Così come il lato oscuro può distruggere la nostra esistenza, contiene anche l’impulso necessario a farci crescere. È estremamente contraddittorio, vero? Ma è così. L’oceano della sofferenza è immenso, ma non dimenticate che se guardiamo dall’altra parte, potremmo scorgere la terra ferma. La chiave sta nell’equilibrio.
Si tratta di andare oltre l’esperienza dolorosa, una volta identificata e compresa. Nonostante il nostro cuore sia pieno di dolore, possiamo dare valore a tutto quello che avviene intorno a noi. La realtà non è solo sofferenza, anche se a volte ci ostiniamo a vederla così. Se ci concentriamo solo sulle nostre spine, se non vediamo oltre le nostre ferite, la nostra mente crederà che queste siano l’unica cosa che esiste.
La sofferenza c’è, ma la cosa importante è che possiamo decidere se affogare oppure maturare e crescere, mediante il saliscendi delle sue onde. Come? Abbracciare il lato oscuro, abbracciare i propri mostri e i propri demoni è la soluzione.
Lo psichiatra svizzero Carl Jung chiamava questo lato oscuro della nostra personalità archetipo. Il seminterrato nel quale si nascondono i nostri istinti più repressi, gli egoismi più affilati e i desideri più irrefrenabili.
Tutti soffriamo prima o poi, l’importante è essere capaci di riconoscere la sofferenza, accettarla e sentirla, con bontà e senza violenza. Non siate troppo duri con voi stessi. E, una volta fatto questo, osservate come si genera, quali sono le sue cause, la sua vera natura. Che pensieri la alimentano? Che atteggiamenti la rafforzano? Che sentimenti la fanno tornare a vibrare? Spesso gettiamo benzina sul fuoco delle nostre parole, azioni e pensieri, senza accorgercene neanche.
Il passo successivo nel cammino della liberazione è smettere di creare sofferenza, evitando tutto quello che la causa. Questo passo richiede pazienza, molta fatica e, ovviamente, pratica. Dentro di noi abbiamo radicati un’infinità di modi per ferirci, quasi tutti relazionati ai nostri pensieri e automatismi. La chiave sta nel rilevarli e comprendere che niente è permanente e che siamo in grado di trasformare la nostra vita. Non siamo delle marionette .
Addentrarci nel nostro profondo non è un processo semplice. Occorre scavalcare pareti e infrangere molti cuori, ma è il cammino per trovare la luce che illumini il nostro quotidiano, il sentiero verso il benessere. La trasformazione non sarà repentina, ma graduale.
Abbracciare il lato oscuro richiede il suo tempo, ma solo così potremo mettere fine alla nostra sofferenza e farvi la pace. Spesso i mostri che ci governano non sono altro che le nostre paure che ci chiedono aiuto.