Ahimsa, un'idea di pace universale

Le prime testimonianze della parola ahimsa risalgono al V secolo a.C. nel contesto della filosofia indiana.
Ahimsa, un'idea di pace universale
Sergio De Dios González

Scritto e verificato lo psicologo Sergio De Dios González.

Ultimo aggiornamento: 24 agosto, 2020

Ahimsa è un termine sanscrito e fa riferimento alla non violenza e al rispetto per la vita. Significa “non uccidere”, ma anche non causare sofferenza fisica o morale a nessun essere vivente, che sia attraverso i pensieri, le parole o le azioni.

Le prime testimonianze della parola ahimsa risalgono al V secolo a.C. nel contesto della filosofia indiana, in particolare nelle scritture indù Upanishad. Fu tuttavia utilizzata anche nel buddismo e nel giainismo.

Questo termine indica anche rispetto per lo spirito, la natura, la cultura: significa vivere in pace con tutto ciò che ci circonda. In qualche modo, rappresenta la congruenza tra ciò che diciamo, pensiamo e facciamo circa l’atto di dare amore ed essere in armonia con il mondo.

Il concetto di ahimsa in Occidente

Mahatma Gandhi è stato il primo a introdurre questa idea in Occidente, comune denominatore di tutte le religioni, Islam incluso. Sono stati, tuttavia, molti i leader che hanno lottato per i diritti civili e che l’hanno fatta propria.

Ghandi, che ha introdotto il concetto di ahimsa in occidente

Martin Luther King, il maggiore rappresentante dei diritti civili della popolazione afro-americana, fu influenzato da questo concetto. Fu paladino delle proteste pacifiste contro la violenza e la povertà in tutto il mondo.

Il termine ahimsa, tuttavia, finì per essere incorporato in Occidente grazie a pratiche come lo yoga e la meditazione.

In questo modo, molti cominciarono a essere attratti dalla cultura orientale e ad avventurarsi in nuove filosofie. La comunicazione non violenta (CNV) sviluppata da Rosenberg ne è un buon esempio.

Il significato per Mahatma Gandhi

L’ideologia non violenta di Gandhi è influenzata dalla religione induista e dal giainismo.

“Letteralmente Ahimsa significa non uccidere, ma per me ha un significato molto più ampio. Significa che non puoi offendere nessuno, che devi avere compassione dell’altro, anche se si tratta di un tuo nemico. Per chi segue questa dottrina, non c’è nemico. Chi crede nell’efficacia di questa dottrina trova nell’ultimo stadio, quando è prossimo a raggiungere la meta, l’intero mondo ai suoi piedi. Se esprimiamo il nostro amore –ahimsa– in maniera che si imprima per sempre sul nostro nemico, il nemico ci dovrà restituire quell’amore.”

– Mahatma Gandhi-

Per Gandhi, ahimsa significa naturalmente “non uccidere”, ma fa anche appello alla capacità umana di non ferire nessuno, non causare alcun tipo di dolore, compreso quello psicologico. A tale scopo, occorre raggiungere uno stato di consapevolezza assoluta.

Afferma, inoltre, che chi pratica l’ahimsa deve avere mente, bocca, mani assolutamente votate alla pace. È bene ricordare che nell’induismo l’obiettivo principale della non-violenza è evitare l’accumularsi del cattivo karma. L’individuo deve raggiungere uno stato di pace completa con se stesso e con l’ambiente che lo circonda.

Così facendo, dal rispetto assoluto per la vita nasce una sincera venerazione per la natura. L’individuo in pace con se stesso è in pace con gli altri e con l’ambiente in cui vive. È un principio di uguaglianza, rispetto ed equilibrio per cui niente ha più valore della vita, in ogni sua forma.

Mano con piantina tra le dita

Ahimsa, non solo “non uccidere”

Pensare agli altri e non arrecare danno è un principio di eguaglianza assoluta. Se collegato alla pratica culturale e umanistica, è la base del rispetto per tutte le culture. L’etnocentrismo allora non avrebbe più motivo di esistere.

Per molto tempo, nella storia dell’umanità, si è trovata una giustificazione alla violenza verso le culture considerate inferiori. L’etnocentrismo, attraverso una falsa idea di superiorità, oltre a essere strumento di dominio, nascondeva mire colonialiste.

Stabilire nuovi parametri di uguaglianza culturale è un modo per ridurre la sofferenza e l’abuso perpetrati nei secoli su scale diverse: sociale, economica, politica, educativa, psicologica e ovviamente culturale.

Pensare all’altro come diverso, ma allo stesso tempo uguale a noi, con gli stessi diritti alla vita è un principio di equità che deve essere esteso in modo integrale se si vuole ottenere ciò che predica l’ahimsa: la pace in tutto il mondo.


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