Allenare la memoria quali vantaggi offre?
Gli studi a supporto di questa ipotesi sono talmente tanti che restano pochi dubbi: il declino cognitivo associato all’età sembra essere una certezza. Ma quali benefici potremmo ottenere se decidessimo di allenare la memoria? Potremmo migliorare la nostra salute? E se sì, a breve o a lungo termine?
L’avanzare dell’età non ha lo stesso impatto su tutti né influisce allo stesso modo sui diversi tipi di memoria. Riusciamo a preservare meglio la memoria procedurale o quella che riguarda i ricordi remoti ed emotivamente intensi. Al contrario, la memoria di lavoro è maggiormente compromessa.
Sono state rilevate anche difficoltà di attenzione divisa, amnesia rispetto a fatti recenti, scarso uso di strategie di codificazione, omissione o cattivo uso di strategie verbali o visive per recuperare le informazioni, insieme a una percezione negativa delle proprie prestazioni e dei propri margini di miglioramento (Craik, 1977; Parkin, 1987; Montenegro 1998a). Così oggi la domanda che vogliamo porci è “quali vantaggi possiamo ottenere allenando la memoria?”
Una memoria allenata è una guida più valida di quanto non lo siano ingegno e sensibilità.
-Friedrich von Schiller-
Allenare la memoria è così importante?
L’espressione “allenare la memoria” è un concetto moderno, prima conosciuto per secoli come arte mnemonica. Le sue origini risalgono a Simonide di Ceo (V secolo d.C.) e alla tecnica dei Loci. In seguito, altri autori utilizzarono termini come “memoria artificiale” e “memoria naturale”, “memoria visiva”; Questa abilità cognitiva venne associata alla magia, a contenuti filosofici e ideologici, ecc.
Ma la verità è che allenare la memoria offre effetti positivi sia negli anziani sani sia negli anziani con declino cognitivo. Oggi esistono numerosi interventi per migliorare la memoria, tra cui la riabilitazione neuropsicologica, la stimolazione e l’allenamento.
Nel 1970 si iniziò dallo sviluppo di diversi programmi e studi incentrati sull’allenamento della memoria per affrontare amnesie derivate da traumi, demenza in fase iniziale, invecchiamento, ecc.
Attualmente gli interventi prevedono diversi mezzi, come la stimolazione, la terapia di gruppo, la riabilitazione, il riapprendimento o la riabilitazione tramite computer. Applicare alcuni strumenti piuttosto che altri dipende dalle esigenze del singolo, ma anche dagli strumenti e dalle competenze del professionista.
Bisogna allenare la mente così come abbiamo imparato ad allenare il corpo.
-Elsa Punset-
Differenze tra riabilitazione e allenamento
I due termini più comuni sono riabilitazione e allenamento. L’allenamento consiste nell’insegnare in modo sistematico, dunque nell’apprendimento, a usare e a controllare processi, strategie, tecniche ed esperienze coinvolte nel funzionamento della memoria e nel miglioramento delle prestazioni a essa associate.
La riabilitazione consiste nell’intervenire allo scopo di recuperare la memoria a livelli ottimali (in ambito personale, sociale e professionista) dopo una malattia che ha provocato una lesione o un deficit funzionale.
Si procede con la riabilitazione, dunque, nel caso di persone malate; allenamento è invece un termine che può essere utilizzato per riferirsi alle persone malate e sane.
L’allenamento si applica anche a persone che manifestano disfunzioni che, pur non essendo sintomo di una malattia, “possono essere oggetto di assistenza clinica”, come recita il DSM V (2013): “perdita di memoria associata all’età, al declino cognitivo dovuto all’età, eccetera.”
La memoria è la sentinella del cervello.
-William Shakespeare-
Come allenare la memoria?
L’allenamento della memoria può essere classificato sulla base di diversi criteri (Montejo Carrasco, 2015):
- I contenuti sui quali la si allena e gli obiettivi prestabiliti: unifattoriali o multifattoriali.
- Il numero di persone con le quali si lavora: allenamento individuale o di gruppo.
- Le strategie applicate: strategie interne (visualizzazione, associazione…), strategie esterne (quaderni, colori, l’ordine…) e quelle che si servono di elementi di entrambi i tipi o misti (la maggior parte dei metodi).
- Il tipo di memoria che viene allenata: esplicita/implicita.
Per le persone anziane, di solito si opta per l’allenamento di gruppo. In questo modo, oltre che sulla memoria, si interviene sul rafforzamento del contesto sociale. Si tratta di un contesto in cui anche le persone anziane devono affrontare perdite importanti: quella di amici e conoscenti della loro età.
D’altra parte, lavorare in gruppo favorisce l’applicazione alla vita quotidiana dei risultati ottenuti in termini di miglioramento delle abilità cognitive. È dunque preferibile per via degli effetti offerti dal gruppo ha. Oltre a ciò, a livello di investimento, è più redditizia: si può lavorare con più persone in meno tempo.
Si rafforza la memoria usandola e sfruttandola.
-Juan Luis Vives-
Allenare la memoria
Sembra che determinate aree del nostro cervello siano capaci, con la pratica, di immagazzinare specifiche risorse cognitive in grado di proteggerci dal declino associato all’età.
A suo tempo, la neuroscienziata Rita Levi-Montalcini affermò che “la plasticità cerebrale, o neuroplasticità, si mantiene costante nel corso dell’intera vita; a patto che il cervello si mantenga allenato”.
Così, allenare la memoria si traduce in un importante investimento per prevenire il declino cognitivo associato all’età. I dati più ottimisti indicano che potrebbe incidere positivamente nel 63% dei casi e agire da fattore di prevenzione verso un terzo dei casi di Alzheimer.
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Craik, FIM. (1977), ‘Age differences inhuman memory”. En Birren y KW. Sohaje (eds) Handbook of the Psychology of aging. New York, van Nostrand Reinhold, p. 384-4.
Montejo Carrasco, P. (2015). Estudio de los resultados de un programa de entrenamiento de memoria y estimulación cognitiva para mayores de 65 años sin deterioro cognitivo (Doctoral dissertation, Universidad Complutense de Madrid).
Montenegro, M., Monteio. E, Remeso, Al., Montes, ME., Claver, MD. (1998a). Estudio de las quejas de memoria en los mayores y los cambios producidos por un entrenamiento de memoria’, Presentado al XXII Congreso Nacional de Geriatría y Gerontología, Madrid.
Parkin,A. (1987), Memory and Amnesia: An introduction. p. 129. BIackweII, Ed. Oxford.