Analgesici oppiacei: come agiscono?

Esistono oppiacei naturali derivati dall'oppio, come la morfina, e altri sintetici come il Fentanyl. Ecco come agisce questo gruppo di farmaci analgesici e quali effetti ha sul nostro corpo.
Analgesici oppiacei: come agiscono?

Ultimo aggiornamento: 27 novembre, 2019

La terapia del dolore è stata una costante ricerca nel corso della storia. Gli effetti degli analgesici oppiacei, ricavati dalla pianta dell’oppio, erano noti già nell’antichità. Nel 1806 fu isolata la morfina, quale elemento principale dell’oppio. Da qui cominciò il lungo sviluppo di questo gruppo di farmaci.

Che cosa sono gli analgesici oppiacei? Sono farmaci dotati di forte potenza analgesica. Agiscono andando a legarsi con i recettori oppioidi del nostro sistema nervoso centrale. Esistono oppiacei naturali derivati dall’oppio, come la morfina, e altri sintetici come il Fentanyl.

Sono caratterizzati da una potenza analgesica senza effetto tetto, cioè a maggiore dose, maggiore effetto analgesico. La loro azione è tuttavia accompagnata da una serie di effetti indesiderati, come vedremo qui di seguito.

Trovano impiego soprattutto nel trattamento del dolore acuto e intenso e nelle malattie terminali come il cancro. Prima di avviare un trattamento analgesico con oppiacei, occorre fare un’attenta valutazione. Deve trattarsi di un dolore forte per cui altri farmaci risultano inefficaci.

Tubetto e compresse

Come agiscono gli analgesici oppiacei?

Gli analgesici oppiacei, come abbiamo detto, si legano ad alcuni recettori del sistema nervoso centrale. Sebbene esistano 4 tipi principali di recettori, solo 3 hanno effetto sul dolore: μ, κ, e δ (mi, kappa e delta). Gli effetti variano a seconda dell’affinità con il recettore e del tipo di interazione. Il grado di affinità con i recettori e l’utilità clinica ci permette di classificare gli oppiacei in:

  • Agonisti puri dei recettori μ: ad esempio morfina, fentanyl, metadone e ossicodone. Hanno azione analgesica, oltre a un forte effetto euforizzante.
  • Agonisti dei recettori K e agonisti parziali o antagonisti dei recettori μ come la nalbufina o il butorfanolo. Se si somministrano insieme a un antagonista puro, possono contrastarlo e sopprimerne l’efficacia.
  • Agonisti parziali: buprenorfina. Hanno effetto analgesico se somministrati da soli.
  • Antagonisti puri: naloxone, naltrexone. Possono esercitare un’azione antagonistica o invertire l’effetto di altri oppiacei.

Altri usi ed effetti collaterali

Oltre al trattamento del dolore, gli oppioidi trovano impiego in altri campi, come l’anestesia. In questi casi andranno usati in combinazione con un farmaco anestetico e un bloccante neuromuscolare. Possono essere usati, inoltre, per sedare oppure per escludere la respirazione automatica quando è necessaria una ventilazione meccanica.

Il problema principale legato all’uso di questo gruppo di farmaci è il rischio di dipendenza. Dovrebbero quindi essere utilizzati solo nel trattamento a breve termine del dolore acuto o nei pazienti terminali.

Gli effetti collaterali più comuni sono: 

  • Stitichezza: riducono la motilità gastro-intestinale e le secrezioni gastriche, biliari e pancreatiche.
  • Nausea.
  • Sonnolenza.
  • Stato confusionale.

Altri effetti collaterali possono essere:

  • Mal di testa.
  • Stordimento.
  • Sudorazione.
  • Sbalzi d’umore.
  • Difficoltà a urinare.
  • Secchezza delle feci.
  • Rigidità muscolare.
  • Insufficienza respiratoria.
Donna con bicchiere e compressa

È stato osservato che un uso cronico degli analgesici oppiacei può deprimere il sistema immunitario. Riduce la capacità di produrre anticorpi aumentando, quindi, la possibilità di soffrire di infezioni. Altri possibili effetti si presentano a livello cardiovascolare, come la bradicardia e l’ipotensione.

Quando si segue una cura con oppioidi a lungo termine, compare di solito il fenomeno della tolleranza. Questo significa che è necessaria una dose sempre più grande per ottenere lo stesso effetto terapeutico. Il corpo, infatti, si “abitua” al farmaco.

Allo stesso tempo, può creare dipendenza fisica con sintomi di astinenza se si interrompe il trattamento o si riduce in modo significativo la dose. L’astinenza può essere prevenuta operando una riduzione graduale, secondo le indicazioni dello specialista.

Un altro tipo di dipendenza è quella psicologica. In questo caso, il paziente cerca nel farmaco un effetto psichico, oltre o prima ancora dell’effetto analgesico.


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