Archetipi di Jung: le personalità dell'inconscio

Gli archetipi di Jung rappresentano un'eccezionale eredità all'interno della psicologia analitica.
Archetipi di Jung: le personalità dell'inconscio
Valeria Sabater

Scritto e verificato la psicologa Valeria Sabater.

Ultimo aggiornamento: 15 novembre, 2021

Gli archetipi di Jung rappresentano un’eccezionale eredità all’interno della psicologia analitica. Pochi autori ci hanno offerto una visione dell’inconscio così nuova. Una visione che va oltre l’approccio fisiologico e patologico per rivelare l’esistenza di schemi o modelli di comportamento ereditati che sono alla base della nostra mente e che determinano condotta e pensiero.

Per capire più facilmente che cos’è un archetipo, possiamo pensare agli eroi del grande schermo. Tutti noi, chi più chi meno, abbiamo il nostro personaggio preferito. Gli eroi sono personaggi complessi, ma rispondono in sostanza a uno stesso schema, lo stesso concetto: la bontà, la malvagità, la saggezza, la menzogna

Molti di questi personaggi sono riconducibili ai più classici archetipi di  Jung, gli stessi che sono in noi e che regolano le nostre decisioni e le nostre azioni. Questa idea non smette di essere affascinante, per diversi motivi.

“La tua visione diventa più chiara solo quando guardi dentro il tuo cuore… Chi guarda fuori, sogna. Chi guarda dentro, si sveglia.”

-Carl Jung-

Accettare l’idea che queste figure popolino il nostro inconscio – generazione dopo generazione come una specie di eredità psichica – significa ammettere che la nostra mente, quando approdiamo a questo mondo, non è una tabula rasa come direbbe il filosofo John Locke. In questo inconscio collettivo, condiviso da tutti indipendentemente dalla cultura, si affacciano, con maggiore o minore prevalenza, le stesse pulsioni, bisogni, caratteristiche.

Carl Jung, d’altra parte, ci avverte che sebbene tutti siamo dotati di questa “anima collettiva”, in quanto persone la nostra responsabilità o scopo è l’individuazione. Si tratta di un processo obbligato e necessario per sviluppare una coscienza individuale, dare forma a un’immagine  psichica di noi stessi forte, sana e realizzata.

Occhio circondato da figure di animali

Archetipi di Jung, gli abitanti dell’inconscio collettivo

Quando Carl Jung entrò nell’università di Basilea nel 1895 per studiare scienze naturali e medicina, iniziò ad avere un sogno ricorrente. Vedeva se stesso camminare in una fitta nebbia. Nel mezzo di questo scenario si intravedeva una figura nera. Nelle mani, inoltre, teneva un lume da proteggere, un’energia che non sapeva come utilizzare.

Qualche tempo dopo giunse alla conclusione che quell’entità era la sua “ombra“, contenitore di paure represse, pesi del passato e molti dei suoi atteggiamenti negativi. Il lume tra le mani rappresentava l’obbligo di illuminare quelle zone buie e convulse.

Come possiamo vedere, pochi autori in psicologia hanno sfruttato tanto il mondo onirico e il suo linguaggio implicito per dare un significato al comportamento umano.

Uno dei suoi più illustri eredi teorici, lo psichiatra junghiano Michael Fordham, spiegava in un articolo pubblicato sulla rivista Ment Health che gli archetipi di Jung furono uno dei primi tentativi di definire il nostro desiderio di auto-realizzazione.

Secondo Fordham, solo quando identifichiamo gli archetipi che abitano in noi e sveliamo il loro messaggio, possiamo progredire. Si tratta di fare un passo avanti che ci libera dalle nostre ombre, paure e angosce per potere finalmente innalzarci come entità libere e realizzate.

Scopriamo alcune figure della nostre psiche che sono parte dell’anima collettiva.

Il Sé

Il Sé è il “tutto” della nostra psiche. Rappresenta un insieme in cui si dispongono tutte le nostre forze psichiche, in cui si unisce inconscio e conscio, il nostro polo introverso ed estroverso.

Jung era solito rappresentare l’archetipo del Sé con un mandala, un cerchio pieno di figure e movimenti che riflettono tutto ciò che siamo, la nostra intera struttura psichica.

Pietra mandala

L’ombra

In questo viaggio tra gli archetipi di Jung, quello che più rappresenta la sua eredità è la figura dell’Ombra. Ne abbiamo appena parlato e, senza dubbio, si intuisce in che cosa consiste la sua particolare fisionomia.

  • L’Ombra contiene l’essenza del passato, ciò che neghiamo, reprimiamo o trascuriamo.
  • Allo stesso modo, in essa risiedono i nostri desideri più profondi, le paure, i brutti pensieri.
  • È comune che si presenti nei nostri sogni sotto forma di figure terrificanti, serpenti o animali selvatici che ci danno la caccia.
  • Tuttavia, non bisogna temere questa figura per un semplice motivo: è parte di noi. L’ombra contiene quella parte di noi su cui non abbiamo lavorato, ci chiede di gettarvi la luce della consapevolezza e del coraggio.

Affrontare la nostra ombra e portarla alla luce è un atto di crescita estremamente necessario.

Anima e Animus

L’Anima rappresenta la femminilità e il suo opposto, l’Animus, la mascolinità. Cosa significa questo archetipo? Per Carl Jung ognuno di noi è dotato, a prescindere dal genere o sesso, delle stesse forze. Quindi, gli uomini hanno un’energia femminile addormentata e spesso repressa. Il contrario vale per le donne.

Se fossimo in grado di dare impulso alle nostre energie complementari, potremmo trarre beneficio (a detta di Jung) dalle sue doti come l’intuizione, la forza, l’istinto di protezione, il coraggio, etc.

La persona

È una delle figure più interessanti. In questo caso ci troviamo di fronte a uno “scudo psichico”, quello che usiamo per proteggere il nostro ego dal mondo esterno.

La persona è l’immagine pubblica che scegliamo di mostrare agli altri, alla società. Come è intuibile, questo atto o necessità può portarci a un processo di disintegrazione. Nessuno dovrebbe mostrare quello che non è, muoversi nei propri ambienti sociali dentro una corazza, nascondendo il proprio Io.

Per raggiungere quel vertice che è “l’individuazione”, dovremmo eliminare l’archetipo della Persona dalla nostra psiche.

Il padre

Nell’archetipo del Padre confluisce un gran numero di forze psichiche e sociali: la legge, la disciplina, l’autorità, la protezione, l’amore… È il simbolo di una figura interiore che agisce come guida e ci aiuta a raggiungere i nostri obiettivi.

Questo archetipo è, però, un insieme di forze opposte. Da una parte, il padre positivo, che lungi dal vietare o sanzionare, ci spinge con la sua energia e il suo affetto, indicandoci la direzione e dotandoci di disciplina. Dall’altra, è in noi il padre delle ombre, un simbolo enigmatico che rivela un opposto contrassegnato dall’ego, la rigidità e l’autoritarismo.

Dipende da noi quale archetipo nutrire, se il padre che vieta o quello che ci spinge a crescere.

La madre

L’archetipo della madre è quello che potenzialmente può nutrire di più le nostre capacità e le nostre competenze. Rappresenta la cura, l’incoraggiamento e l’amore universale. È l’impulso che favorisce il successo, che ci incoraggia nei momenti difficili prestandoci affetto e motivazione.

All’interno di questo universo, la madre è la Grande Dea, una figura che ha molte analogie con l’idea presentata da Robert Graves nel suo saggio La dea bianca. È lo stesso mito, la stessa entità che da sempre appare nelle nostre culture. È la creatrice di ogni cosa, il substrato saggio e stimolante, intriso di magia e spiritualità, che ci guida in ogni momento. 

Gli archetipi e Jung, donna albero e uomo di legno

Gli archetipi di Jung costituiscono un retaggio ancora attuale, tanto da dare impulso al mondo dell’intelligenza artificiale e della robotica.

Gli archetipi che abbiamo qui individuato sono alcuni dei più rilevanti all’interno della teoria dell’inconscio collettivo di Carl Jung. Verrebbe da pensare che questa teoria si adatti meglio a un contesto mitologico, a un modello di psicologia arcaica poco applicabile alla nostra realtà e quindi privo di interesse.

E se vi dicessimo che il modello archetipico viene attualmente applicato al mondo della cibernetica e della robotica? Alcuni ingegneri del MIT, come Peter Senge, sono partiti da questa idea per programmare modelli di intelligenza artificiale e quindi dotare i nostri robot del futuro di “personalità“. Un argomento senza dubbio molto interessante che restituisce attualità alla figura di Carl Gustav Jung.


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