Avversità, maestre che in pochi ascoltano
Ci sono correnti di pensiero che cercano di eludere le avversità. Spingono a evitarle a tutti i costi e sostengono che una vita felice è quella priva di difficoltà e ostacoli. Allo stesso modo, promuovono l’idea che qualsiasi difficoltà sia fonte di malessere e che, di conseguenza, deve essere sradicata.
Generalizzare le avversità è un errore. Che lo vogliamo o meno, fanno parte della vita. La sofferenza esiste e negarlo non la farà scomparire. Le difficoltà sono anzi una preziosa realtà in grado di dare corpo e sentimento all’esistenza.
“Non esiste nessuno più sfortunato dell’uomo che dimentica le avversità, perché non ha modo di mettersi alla prova.”
-Seneca-
Supponiamo che esista una persona che non si è mai trovata a dover affrontare un’avversità. Che per qualche motivo ha sperimentato solo momenti felici. Non si è mai imbattuta in un ostacolo e ha sempre ottenuto quello che voleva. Qual è la conseguenza di una vita simile? Sicuramente una personalità priva di sensibilità, egoista e incapace di dare valore a ciò che possiede e di porsi degli obiettivi.
È vero, alle avversità conseguono momenti amari e, a volte, difficili da affrontare. Ma allo stesso tempo sono portatrici di grandi insegnamenti. Chi è in grado di scoprirli e imparare da essi di solito è in grado di condurre una vita più significativa e piena.
Il pensiero positivo e le avversità
A partire da qualche decennio hanno cominciato a prendere forma le filosofie positive. La maggior parte di queste correnti di pensiero ha origine negli Stati Uniti e in poco tempo sono diventate molto popolari in tutto il mondo. Sono centinaia i best seller nati da queste filosofie e che raccolgono seminari, conferenze ed eventi sull’argomento.
Nel loro pensiero più radicale ed estremo, queste filosofie impongono la felicità come stile di vita. Spingono l’idea di un ottimismo cieco e senza sfumature, da imporre davanti a qualsiasi circostanza. Si tratta di un invito a evadere qualsiasi aspetto negativo legato a circostanze, persone o alla vita stessa.
Si suppone quindi che le persone debbano vivere in un perenne stato di allegria, buon umore ed euforia. Come se non esistessero le sofferenze, le contraddizioni, le perdite e i motivi per provare tristezza, irritazione o frustrazione.
Queste imposizioni, soprattutto quando sono così estreme, sono un vero e proprio invito all’auto inganno, oltre che fonte di sensi di colpa. Vista l’obiettiva difficoltà a raggiungere questa specie di Nirvana, saremmo condannati a interrogarci costantemente sulla nostra incapacità di accedere a questa pienezza che i libri e le conferenze ci suggeriscono.
Le avversità, fatto ineludibili
In fondo, tutti noi agogniamo un’esistenza senza troppi sussulti e perdite. O senza l’amarezza generata dal tradimento, dalla delusione o dall’impossibilità di raggiungere obiettivi che sembrano determinanti.
Se solo la morte non lasciasse dietro di sé quella scia di dolore, o se fossimo capaci di fare tutto quello che ci imponiamo, sarebbe tutto più semplice. Ma perché pensare che più una cosa è semplice meglio è?
Ribadiamo innanzitutto che le avversità sono assolutamente inevitabili. Il fatto stesso che siamo tutti condannati a morire indica il profondo limite della nostra intera esistenza.
Gran parte del “saper vivere” risiede nella capacità di affrontare le avversità. Guardarle negli occhi, riconoscerle e fronteggiarle, senza far finta che non esistano. Così come prendersi la giusta parte di responsabilità nelle difficoltà che via via incontriamo.
L’insegnamento delle avversità
Tanto le filosofie orientali quanto quelle occidentali hanno cercato di vedere le sconfitte, la frustrazione e le avversità sotto un’altra prospettiva. Secondo questi approcci, la chiave non risiede nel fatto che si producono episodi dolorosi, quanto nella prospettiva con la quale li affrontiamo.
Si soffre molto di più non accettando l’avversità che vivendola. Scoprire di aver raggiunto un limite e di non poter raggiungere un obiettivo che ci eravamo prefissati non deve presupporre una messa in discussione di tutto quanto fatto di buono nella propria vita.
Nei momenti di avversità, ci conosciamo meglio. Capiamo meglio la vita e gli altri quando abbiamo provato sulla nostra pelle il dolore dato dalle sofferenze. Adottando una prospettiva di apprendimento, i momenti bui ci aiutano a forgiare il nostro carattere. Ci rinnovano, invitandoci a un cambiamento positivo. Allo stesso modo, contribuiscono a dare più sentimento e intensità ai tanti momenti felici che ci attendono lungo il cammino.