Belonefobia o paura degli aghi

A differenza di altre fobie, la belonefobia, o paura degli aghi, non induce nervosismo o il bisogno di scappare, bensì il rallentamento della circolazione sanguigna e della frequenza cardiaca. Nei casi più gravi, la sola idea di affrontare l'oggetto della propria fobia causa sudori freddi.
Belonefobia o paura degli aghi
Cristina Roda Rivera

Scritto e verificato la psicologa Cristina Roda Rivera.

Ultimo aggiornamento: 02 gennaio, 2023

La belonefobia, o paura degli aghi, non deve essere confusa con l’ematofobia. Chi teme il sangue non ha necessariamente paura anche degli aghi. Al contrario, secondo quanto comprovato dalla scienza, la paura nei confronti degli aghi genera una risposta simile alla paura del sangue.

La letteratura riguardo la belonefobia non è ancora sufficientemente estesa, e sembra possa essere contrastata adoperando gli stessi trattamenti dell’ematofobia.

Oltre a ciò, la paura degli aghi va spesso di pari passo con la paura degli oggetti affilati o a punta, fenomeno noto come aicmofobia.

Modello fisiologico delle persone che hanno paura degli aghi

Chi ha paura del sangue o degli aghi può provare giramenti di testa o persino svenimenti, fenomeno noto come sincope vasovagale.

Per prima cosa aumenta la pressione sanguigna, condizione che attiva il riflesso barocettivo o baroriflesso per compensare il brusco aumento della pressione sanguigna.

In altre parole, la risposta iniziale del sistema nervoso simpatico è seguita da un’immediata risposta del sistema nervoso parasimpatico. È proprio questa doppia reazione che causa i giramenti di testa o lo svenimento.

Data la complessità di questa fobia vien da sé la necessità di ricorrere a trattamenti specifici e diversi da quelli adoperati per altre paure più comuni. Gli studi a riguardo sottolineano che questa eccessiva compensazione potrebbe essere di natura ereditaria.

Iniezione su donna con belonefobia.

Chi può soffrire di belonefobia e come prevenirla?

La paura irrazionale degli aghi è presente fin da bambini e può durare tutta la vita, colpendo sia il piano comportamentale, che cognitivo e fisico della persona. La maggiore sensibilità al dolore indotto sperimentalmente, il dolore fisico e l’angoscia legata al dolore è maggiore nelle donne rispetto agli uomini.

A differenza di altre paure o fobie, non induce nervosismo o il bisogno di scappare, bensì il rallentamento della circolazione sanguigna e della frequenza cardiaca. Nei casi più gravi, la sola idea di affrontare l’oggetto della propria fobia causa sudori freddi.

Questa fobia può rappresentare un importante ostacolo per le donne che desiderano avere un figlio. Durante la gravidanza e dopo la nascita, sono tante le analisi del sangue a cui dovranno sottoporsi. Ma la paura degli aghi è un serio ostacolo anche per chi deve sottoporsi ai test di screening o a vaccinazione.

Trattamento contro la belonefobia

I trattamenti contro la belonefobia o paura degli aghi, ad oggi, sono praticamente gli stessi dell’ematofobia.

Oggi approfondiremo un trattamento realizzato da un’equipe medica spagnola condotto da Pedro Espada, Xacier Méndez e Mireia Orgilés e chiamato “Tensione applicata ed esposizione graduale in un caso di fobia degli aghi”.

1. Controllo dell’ansia anticipatoria

Conoscere la risposta all’ansia, i suoi componenti, così come i meccanismi di acquisizione e mantenimento delle condotte fobiche, offrono alla paziente informazioni importanti per capire cosa sta succedendo. La si informa anche in merito alla risposta bifasica e alla ragione per cui avvengono gli svenimenti.

Per riuscirci è importante il controllo dell’ansia anticipatoria. Molti pazienti che soffrono di belonefobia non sono impauriti soltanto al momento dell’iniezione, bensì fino a ore e giornate prima del momento x.

Vengono date alla paziente istruzioni su come eseguire la respirazione addominale ogni volta che prova ansia. La si invita a realizzarla fin quando non si calma. Allo stesso tempo, le si espone il modello ABC, spiegandole che l’ansia (C) non è prodotta dall’ago (A) bensì dai suoi pensieri (B).

In questo modo, pian piano, i pensieri ansiogeni si dissipano e vengono sostituiti da pensieri più funzionali. Per esempio “non succederà nulla”, “sono in grado di controllare le mie pulsazioni”, “va tutto bene…”.

2. Esposizione graduale per superare la belonefobia

L’obiettivo dell’esposizione graduale è abituare la paziente allo stimolo fobico. Contemporaneamente si cerca di mantenere la frequenza cardiaca nei parametri normali. Si inizia esponendo la paziente allo stimolo fobico in immaginazione, per poi passare all’esposizione visiva.

Si spiega alla paziente che fuggire dalle situazioni di cui si ha paura serve soltanto ad alimentare la paura. L’approccio agli stimoli che causano ansia serve ad abituarla alla loro presenza. Rinforzare l’istinto alla fuga non fa che perpetuare la fobia.

3. Prova di tensione applicata

Si tratta di una prova volta a facilitare il controllo dell’attivazione vasovagale. Come descrivono Espada, Méndez e Orgilés, l’esame prevede periodi di tensione di 20-25 secondi e di distensione senza rilassamento di 15-20 secondi. Lo scopo è aumentare il numero di pulsazioni, così da prevenire l’eventuale svenimento della persona.

4. Esposizione graduale arricchita e tensione applicata

In questa fase si pratica l’esposizione in immaginazione appoggiata da stimoli concreti, come l’odore di alcol.

La differenza tra questa fase e quelle anteriori è che si richiede alla paziente che, quando inizia a sentire il corpo afflosciarsi, metta in pratica gli esercizi di tensione applicata.

5. Esposizione dal vivo

Ci si reca presso un laboratorio di analisi cliniche. La paziente fa uso delle istruzioni precedentemente fornite per farsi coraggio e attivare una respirazione profonda.

Il terapista che l’accompagna la aiuta a calmarsi e le spiega tutte le fasi se necessario. Una volta prelevato il sangue, si complimenta il paziente in modo da rinforzarne la condotta.

Donna con fobia degli aghi si copre il volto.

Conclusioni

La psicologia è una disciplina scientifica che giorno dopo giorno progredisce per trovare le soluzioni più adatte a tantissimi problemi. Sebbene la belonefobia sia piuttosto diffusa, la letteratura è ancora scarsa. In ogni caso, il trattamento usato per l’ematofobia sembrerebbe dare buoni risultati.

Con il tempo, assisteremo senz’altro a grandi passi avanti riguardo questo tema e molti altri relativi al benessere della persona.

Per nostra grande fortuna la psicologia non si ferma, e grazie al supporto della tecnologia e dei mezzi di ricerca a disposizione degli esperti, si scopriranno nuove tecniche sempre più precise ed efficaci.


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