Biofilia: la tendenza innata ad amare la natura
La biofilia è la tendenza innata degli esseri umani ad avvicinarsi alla natura e a sentirsi in sintonia con essa. La prima persona che usò questo termine fu il filosofo e psicoanalista Erich Fromm nel 1973. Più tardi, Edward Osborne Wilson pubblicò un libro intitolato Biophilia, che ebbe un’ampia diffusione.
Da un punto di vista etimologico, “biofilia” è una parola composta da due radici latine: bio, che significa “vita”, e philios, che si traduce come “inclinazione naturale, affetto o amicizia”. Wilson la definì come la capacità di meravigliarsi della vita che ci circonda.
Un aspetto importante è che la biofilia è radicata nel nostro profondo. Quando diciamo che è “innata”, ci riferiamo proprio a questo. Non stiamo parlando di ambientalisti o attivisti verdi, ma di una tendenza ad amare la natura intrinseca in ognuno di noi.
“Lo scambio uomo-natura influisce sull’intelligenza, le emozioni, la creatività, il senso estetico, l’espressione verbale e la curiosità.”
-Edward Osborne Wilson-
La biofilia e la mente umana
La teoria della biofilia, esposta principalmente da Edward Wilson, sottolinea che per milioni di anni l’Homo sapiens si è relazionato con la natura in modo molto stretto. L’essere umano ha sperimentato un bisogno naturale di essere in contatto con altri esseri viventi e questo è infine diventato congenito.
Da questo punto di vista, entrare in contatto con altri esseri viventi è importante quanto socializzare con altri esseri umani. Ecco perché proviamo una speciale sensazione di equilibrio e pace quando andiamo in un bosco, al mare o trascorriamo del tempo con i nostri animali domestici.
Questa tendenza sarebbe quindi contenuta nei geni umani. Siamo stati codificati per provare attrazione, curiosità e interesse per tutto ciò che ha vita. Proprio per questo Wilson afferma che l’uomo non deve essere definito solo come “animale sociale”, ma come “animale sociale e naturale”.
La natura e il benessere
Nei Paesi Bassi è stato condotto uno studio su oltre 300.000 persone tra adulti e bambini. Lo scopo era definire l’impatto del contatto con la natura sulla vita quotidiana. I risultati della ricerca sono stati pubblicati su Journal of Epidemiology and Community Health.
Lo studio indica che le persone che vivono vicino ad aree verdi soffrono meno di ansia e depressione rispetto a chi vive in zone dove il cemento è la norma. Queste, di fatto, corrono un rischio minore di contrarre almeno 15 malattie, tra cui problemi cardiaci, diabete, dolori muscolari, emicranie e asma.
Un altro studio condotto dallo psicologo Roger Ulrich dimostra che si presenta un recupero più veloce a seguito di intervento chirurgico e si ha meno bisogno di antidolorifici se i pazienti possono vedere un paesaggio verde dalla loro finestra. La ricerca ha inoltre evidenziato che osservare abbondante vegetazione riduce la frequenza cardiaca, la pressione sanguigna e le alterazioni del sistema nervoso simpatico.
Biourbanistica
Molte grandi città hanno continuato ad appropriarsi dello spazio della natura per costruire grandi masse di cemento, strade grigie ed edifici scuri. In molte di queste città è presente appena una timida allusione alla natura con piccole aree verdi e parchi, non sempre vicini ai luoghi in cui vivono le persone.
Le città definiscono un confine tra il mondo naturale e quello umano. Il contatto con la natura si è purtroppo ridotto a un’esperienza di mero consumo turistico, nel migliore dei casi, che non fa parte della vita quotidiana. Consapevoli di ciò, diverse città stanno puntando su un nuovo modello di urbanistica in cui la natura è di nuovo protagonista.
La città simbolo di questo nuovo modello è Singapore, dove sono state costruite reti con un flusso ininterrotto tra parchi e aree verdi. Molti uccelli, insetti e altri animali hanno gradualmente popolato questi spazi.
Biofilia e nuovi paradigmi
La biofilia era presente nelle culture ancestrali e lo è ancora oggi in diverse culture non occidentali. Per la maggior parte dei popoli indigeni sopravvissuti, il contatto con la natura è indiscutibile. Non hanno bisogno di nessuna teoria per mantenere presente e vivo questo amore per la natura.
Al di là del concetto di conservazionismo, la cosa migliore da fare è probabilmente guardare dentro noi stessi. Si trova lì, forse molto nascosto, quell’animale “sociale e naturale” che non è del tutto a suo agio con il distacco che gli impedisce di relazionarsi con altri esseri viventi. Forse è davvero giunto il momento di cominciare a cambiare questo paradigma.
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Sánchez Miranda, M. P., Garza González, A. D. L., Contreras Lozano, C., López Ramírez, E. O., & Hedlefs Aguilar, I. (2011). Nuevos enfoques para el estudio cognitivo de la conducta ambiental desde la perspectiva de la biofilia. Ciencia UANL, 14(3), 288-296.