Biofotoni o l'influenza del pensiero

I biofotoni fanno sì che le cellule emettano luce. Un fenomeno interessante che per alcuni è il risultato di processi biochimici.
Biofotoni o l'influenza del pensiero
Sergio De Dios González

Revisionato e approvato da lo psicologo Sergio De Dios González.

Ultimo aggiornamento: 22 marzo, 2023

Il primo a parlare di biofotoni fu nel 1923 uno scienziato sovietico di nome Alexander Gurwitsch. Li definì come radiazioni attraverso le quali le cellule comunicano tra loro.

Per giungere a questa conclusione, Gurwitsch piantò delle cipolle e mise una lastra di vetro tra le celle, il che causò la desincronizzazione della divisione cellulare. Tuttavia, lo stesso non accadeva frapponendo un cristallo di quarzo. Su questa base suggerì l’esistenza dei biofotoni, ma non fu in grado di dimostrarla in modo affidabile.

Diversi anni dopo, un altro scienziato, Bernd Ruth dell’Università di Marburg, utilizzò un potente dispositivo e verificò quanto affermato da Gurwitsch: le cellule sembravano comportarsi come piccole lampadine. Queste radiazioni erano prodotte da particelle uniche: i biofotoni.

“Van Wijk e Van Wijk hanno dimostrato che ponendo un campione di alga Acetabularia vicino al medico e al paziente, e misurando l’emissione di fotoni dalle alghe durante la terapia e i periodi di riposo, il numero di fotoni emessi variava notevolmente, così come i cambiamenti nel ritmo delle emissioni, come se le alghe fossero in armonia con una fonte di luce più potente”.

-Ernesto Bonilla-

Progressi riguardo ai biofotoni

Neuroni con luce.
Le cellule producono biofotoni.

Bernd Ruth scoprì che le cellule sane avevano una grande capacità di rilevare, accumulare ed emettere biofotoni. All’inizio tutti pensavano che l’origine di queste particelle fosse termica.

Diversi anni dopo, nel 1982, il ricercatore tedesco Fritz Albert Popp, professore di Fisica all’Università di Marburg (Germania), confutò la precedente teoria. La sua ricerca lo portò a concludere che i biofotoni avevano la funzione di comunicare con le cellule. Sottolineò che le cellule sane emettono una luminosità armonica, mentre nelle cellule malate è caotica.

Apparentemente, al momento della morte, le cellule aumentano la loro emissione di luce fino a cento volte. Dopo alcune ore, tale luminosità scompare del tutto. Alla fine, Popp dimostrò che siamo leggeri e fatti di luce, e questa luce è un vettore di informazioni. Tuttavia, sollevò più domande che risposte al riguardo.

Biofotoni, una luce nell’oscurità

Secondo la teoria di Popp, i biofotoni, o luce cellulare, consentono alle cellule di comunicare tra loro. Emettono campi elettromagnetici e il DNA agisce come una sorta di antenna ricevente, che poi trasmette tali informazioni al DNA di un’altra cellula. Una comunicazione fluida è sinonimo di salute; interrotta o caotica di malattia.

Da allora, biologi e fisici non hanno smesso di indagare sull’argomento. Molti ritengono che questa luce sia solo un effetto di processi biochimici.

Altri sottolineano che la questione va ben oltre e sono arrivati a suggerire che questo fenomeno sia fondamentale nei processi sanitari e patologici, proprio come proponeva Popp.

È stato persino ipotizzato che questa energia sia presente nei pensieri, in quanto è il risultato di un organo costituito da cellule (il cervello) e che ha la capacità di cambiare l’ambiente. Ciò spiegherebbe fenomeni quali la guarigione spontanea, l’effetto placebo, la guarigione mediante l’imposizione delle mani, ecc.

Testa di persona che rappresenta i tipi di razionalità.
Secondo alcuni biologi e fisici, il pensiero può avere potere sulla materia.

C’è potere nell’intenzione?

Dagli studi sui biofotoni deriva l’idea per cui l’intenzione si traduce in una forma di energia capace di produrre cambiamenti nell’ambiente. In altre parole, il pensiero può avere potere sulla materia. Sono stati condotti diversi esperimenti al fine di supportare questa affermazione.

Uno dei casi più eclatanti è quello di William Tiller, professore di ingegneria dei materiali alla Stanford University. Questi ha condotto un controverso esperimento in cui un gruppo di volontari ha posto le mani a circa 15 centimetri da un dispositivo che misurava l’energia prodotta dal corpo.

I volontari avevano mentalmente intenzione di aumentare i livelli di energia. Apparentemente, la semplice intenzione lo ha reso possibile.

Possiamo condurre un esperimento più semplice a casa versando un paio di cucchiai di riso in mezzo bicchiere d’acqua, quindi facciamo lo stesso in altri due bicchieri. Al primo bisognerà rivolgere ogni giorno parole di affetto e apprezzamento, il secondo verrà ignorato e al terzo devono essere rivolti insulti. Osserviamo poi i risultati dopo 10 giorni.

Chiunque può sentirsi un po’ strambo parlando con un bicchiere d’acqua contenente riso, ma rimarrete stupidi da quello che accadrà. Vi invitiamo a provarci e a raccontarci i risultati ottenuti.


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  • Bonilla, Ernesto (2008). Evidencias sobre el poder de la intención.. Investigación Clínica, 49 (4),595-615.[fecha de Consulta 14 de Marzo de 2022]. ISSN: 0535-5133. Disponible en: https://www.redalyc.org/articulo.oa?id=372940297012
  • Dalmau-Santamaria, I. (2013). Biofotones: una interpretación moderna del concepto tradicional “Qi”. Revista Internacional de Acupuntura, 7(2), 56-64.
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