Carl Jung: padre della psicologia del profondo
Carl Gustav Jung è stato uno degli psicologi più importanti della storia. La sua eredità è un’affascinante alchimia che traccia un percorso tra psicologia analitica, inconscio collettivo, spiritualità, umanesimo e mitologia. Per questo pioniere della scienza del sogno, capire la psiche significava soprattutto rivelare l’Io, rendere cosciente l’inconscio.
Quando si parla di Jung, vengono subito in mente concetti quali archetipi, sincronicità o l’inconscio collettivo di cui sopra. Tuttavia, ciò che spesso trascuriamo di queste straordinarie figure della psicologia del XX secolo è che erano, soprattutto, dei grandi pensatori.
Carl Gustav Jung è stata una figura degna di nota in tal senso. Negli ultimi anni di vita realizzò una serie di riflessioni, attualmente ancora di grande ispirazione. Per Jung la psicologia era uno strumento fondamentale per l’essere umano. Un canale per la conoscenza di sé attraverso il quale capire l’origine delle proprie ombre, delle paure e delle fobie che limitano la vita.
In quanto esseri umani, siamo in grado di scatenare le guerre più terribili e i conflitti più irrazionali. Tuttavia, se riuscissimo a conoscere un po’ di più la nostra psiche e tutte quelle energie legate alla nostra architettura profonda, per Jung vivremmo vite più illuminate, rispettose e felici. Perché la conoscenza è rivelazione ed è libertà.
«La tua visione diventa chiara solo quando guardi dentro il tuo cuore. Chi guarda fuori, sogna. Chi guarda dentro, si sveglia.»
-Carl Jung-
L’infanzia di Carl Gustav Jung: un sogno che cambiò tutto
Carl Gustav Jung, nacque il 26 luglio del 1875 a Kesswil, in Svizzera. Il padre era un sacerdote protestante e la madre, Emilie Preiswerk, trascorse lunghi periodi di tempo ricoverata in ospedale a causa di disturbi psichiatrici.
Ebbe tre fratelli, tutti morti prematuramente. In uno scenario così complesso e a tratti desolante, il piccolo Carl non tardò troppo a sviluppare un carattere solitario e osservatore.
Amava la natura, la storia, la filosofia e tendeva a isolarsi nel suo mondo interiore. Ma ebbe chiaro fin dai primi anni che non avrebbe seguito le orme del padre e del nonno in campo religioso. Aveva un destino tutto suo.
Come rivelò anni dopo in diverse interviste, la sua vita cambiò in seguito a un sogno avuto da bambino. Fu determinante per lui: sognò di cadere in un buco nero, che lo portò nella sala reale di un palazzo dai soffitti alti e i tappeti rossi. Al centro della stanza si stagliava un albero delle forme umane, cupo e sinistro. Sullo sfondo, la voce di sua madre gli gridava di scappare: era il «mangiatore di uomini».
«Giocavo da solo e a modo mio. Purtroppo non ricordo a cosa giocassi; ricordo solamente che non volevo essere disturbato.»
–Biografia di Carl Gustav Jung, Ronald Hayman-
Carl Jung, l’alienista
A partire da quel sogno, per Jung fu subito chiaro che avrebbe dovuto svelare il mistero del mondo onirico. Bramava comprenderne i messaggi, le immagini e i simboli. Forse, è per tale ragione che in un primo mento pensò di studiare archeologia. Tuttavia, data le scarse disponibilità economiche della famiglia, si laureò in medicina all’Università di Basilea, nel 1900.
Proprio mentre stava per iniziare a lavorare come assistente di un medico, il caso gli giocò un altro dei suoi scherzi. Solo che questa volta non si trattò di un sogno che avrebbe segnato il suo destino, ma di un libro, un manuale di psichiatria. In esso veniva spiegata l’origine delle psicosi e dei disturbi della personalità.
Jung pensò alla madre e al bisogno di comprendere l’architettura psicologica dell’essere umano. Fu subito animato da una forte determinazione: diventare un alienista (al tempo le figure che si occupavano dei disturbi mentali avevano questo nome).
Si lasciò alle spalle il futuro lavoro come assistente medico e si iscrisse ai corsi di una scienza ancora poco nota e poco prestigiosa, ovvero la psichiatria.
L’attrazione e le divergenze con Sigmund Freud
Tra il 1900 e il 1906, Carl Gustav Jung lavorò con Eugene Bleuler, un pioniere dello studio e della comprensione delle malattie mentali. Fu in questo periodo che scoprì come certe parole suscitassero delle reazioni emotive nei pazienti. Queste, a suo avviso, altro non erano che associazioni inconsce, indizi sui complessi dell’individuo.
- Tutte queste analisi furono raccolte nel suo libro Studies in Word Association, un’opera che non esitò a inviare a un’altra figura importante del tempo e suo punto di riferimento: Sigmund Freud.
- Freud divenne ben presto il mentore di Jung. Tale rapporto durò circa 10 anni, ma come lo stesso Jung chiarì qualche anno dopo, Freud non aveva un’educazione filosofica e le conversazioni con lui erano rigide, limitate e piene di discrepanze.
- Sebbene entrambi concordassero sull’importanza della dimensione inconscia nell’essere umano, Jung sostenne l’idea di un’inconscio collettivo, mentre Freud difese la dimensione individuale. Tale differenza, unitamente alle teorie sulla sessualità, finì per allontanarli.
La psicologia analitica e i tipi psicologici
Rompere con l’universo personale e teorico di Freud ebbe delle conseguenze per Jung. Gli furono chiuse le porte dei più importanti ambienti accademici, come la International Psychoanalytical Association (IPA).
Dopo aver sofferto di esaurimento nervoso, decise di sviluppare le sue idee, difenderle e consolidare il suo approccio personale: la psicologia analitica.
Sostenne che l’evidenza empirica non era l’unico modo di arrivare a verità psicologiche o scientifiche. Per Jung, anche l’anima giocava un ruolo chiave nella comprensione della psiche. In tal senso, i principali contributi di tale prospettiva, sono:
- Inconscio collettivo. Si riferisce a una struttura inconscia che ogni generazione condividerebbe in modo uguale, indipendentemente dalla cultura. Si tratta di uno scenario psichico nel quale sono contenuti i nostri sogni e incubi, costruiti attraverso lo stesso simbolismo, le stesse figure e miti che tutti noi condivideremmo nel corso della storia.
- Gli archetipi. Sono costrutti psichici che abitano il nostro inconscio e che tutti ereditiamo. Tratti della personalità che attraverso figure quali l’ombra, la figura del padre, della madre o dell’eroe, determinano il nostro comportamento.
- L’analisi dei sogni e l’interpretazione dei simboli dell’inconscio costituiscono un altro aspetto importante dell’eredità junghiana.
- Complessi psicologici. Si riferiscono all’insieme di sentimenti inconsci che acquisiamo durante l’infanzia e che determinano la nostra personalità.
- La teoria della personalità. L’approccio di Jung si basava su due orientamenti a noi familiari: l’introversione e l’estroversione. A sua volta, definì le funzioni relative a processi come la sensazione, il pensiero, l’intuizione e il sentimento in ciascuna di queste personalità.
Carl Jung, uno scienziato fuori dal comune
Gary Lachman, nella sua biografia di Jung, evidenzia che gran parte della comunità accademica dell’epoca lo considerava più un mistico che uno scienziato. Jung trascorse gran parte della sua vita esplorando il mondo tangibile e quello spirituale, svolgendo ricerche sulle culture primitive, sui riti, le cosmogonie e le mitologie, scavando a fondo nella notte psichica dell’umanità dove, secondo lui, potevano essere trovate tutte le risposte.
Gran parte di tali rivelazioni si riflettono nel suo Libro rosso, un’opera strana, criptica e affascinante che fu pubblicata qualche anno dopo la sua morte, avvenuta all’età di 85 anni. Nonostante le sue tendenze gnostiche e spirituali, Carl Jung divenne vice presidente onorario dell’Associazione tedesca di psicoterapia e uno degli psicologi più importanti del XX secolo.
Nonostante non abbia fondato una scuola di psicologia, oggi esiste una corrente junghiana, un approccio terapeutico che applica le stesse chiavi analitiche per rivelare i misteri dell’inconscio e dello psichismo più profondo abitato dagli archetipi.
«Il ricordo degli eventi esterni della mia vita è in gran parte sbiadito o assente. Ma i miei incontri con la “altra” realtà, le mie battaglie con l’inconscio, sono impresse in modo indelebile nella mia memoria.»
-C.G Jung, Memorie, Sogni e riflessioni, 1961-
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- Hayman Ronald (1999). A Life of Jung. W. W. Norton & Company.
- Aniela Jaffé, (1989) Was C.G. Jung a Mystic?and Other Essays.
- Gary Lachman (2010) Jung the Mystic: The Esoteric Dimensions of Carl Jung’s Life and Teachings.
- Albert Oeri (1997). “Some Youthful Memories,” in C.G. Jung Speaking: Interviews and Encounters. William McGuire and R.F.C. Hull.