Cellule OLM: i neuroni che combattono l'ansia
I neurologi chiamano le cellule Olm anche neuroni del coraggio. Negli ultimi anni è stato scoperto che quando queste cellule dell’ippocampo vengono stimolate, la sensazione di minaccia e di inquietudine si riduce. Questa rivelazione apre le porte alla possibilità di formulare trattamenti più efficaci per l’ansia in forma severa.
I medici Sanjia Mikulovic e Samer Siwani, dell’Università di Uppsala, in Svezia, hanno pubblicato a settembre del 2018 uno studio sulla rivista Nature che ha avuto senza dubbio un forte impatto sulla comunità scientifica. Fino a oggi sapevamo che le cellule Olm sono fondamentali nei processi di memorizzazione e di apprendimento.
Situate nello strato più esterno dell’ippocampo, fino a qualche anno fa prendevano il nome di “guardiane della memoria”. Eppure, a seguito di una serie di test e analisi, è stato scoperto che per decenni abbiamo sottovalutato le funzioni di questo tipo di cellule.
Si è visto che quando questa piccola parte del cervello di un animale viene stimolata, proprio nel punto in cui si trovano queste cellule, l’animale smette di avere paura dei suoi predatori. La sensazione di minaccia si riduce e iniziano a insorgere comportamenti azzardati e coraggiosi. Ecco che le cellule olm hanno abbandonato il loro ruolo di guardiane della memoria per trasformarsi in neuroni del coraggio.
Quando i livelli di ansia sono troppo elevati, abbiamo la sensazione che tutto ci sfugge di mano e che il futuro ci riserva solo fatti negativi e avversi. Lo stimolo delle cellule olm ci aiuterebbe a riprendere il controllo su noi stessi.
Le cellule olm e il controllo dell’ansia
Ci sono persone che iniziano progetti e piani di continuo, senza provare eccessivo timore dinnanzi all’incertezza. Osano, prendono decisioni e imparano dai propri errori e dai propri successi ponendosi delle sfide a cadenza regolare. Al tempo stesso, ci sono persone che amano gli sport estremi, che adorano quella sensazione di rischio e che hanno bisogno di prove limite ogni lasso di tempo.
Queste due personalità condividono un aspetto comune: prendere l’iniziativa e regolare la paura. Così, dietro a queste condotte più rischiose ci sarebbero, secondo gli esperti, le cellule olm. Fino a oggi non erano noti i meccanismi neurologici alla base di questo genere di decisioni (o quantomeno non erano ben chiari).
Il dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Uppsala, in Svezia, ha lavorato in collaborazione con l’Istituto del Cervello dell’Università Federale di Rio Grande do Norte, in Brasile, fino a fare questa scoperta. È stato possibile provare in laboratorio che quando queste cellule del nostro ippocampo vengono stimolate, l’ansia si riduce e così anche la sensazione di minaccia. Vediamo dunque le implicazioni di questa scoperta.
Ansia adattiva e ansia patologica
Per capire i meccanismi in cui sono coinvolte le cellule olm, dobbiamo prima conoscere la differenza tra i vari tipi di ansia.
Innanzitutto, l’ansia di per sé è fondamentale in quanto condiziona il comportamento umano. È, per così dire, quel meccanismo di sopravvivenza indispensabile per qualunque essere vivente.
- In tal modo, un aspetto che ci caratterizza come specie è la cosiddetta ansia adattiva. Si tratta di quel processo episodico e isolato nel tempo, per cui un cosiddetto meccanismo fisico e psicologico ci aiuta a rispondere a pericoli e minacce obiettive e reali.
- D’altro canto, l’ansia patologica costituisce un approccio mentale chiaramente disadattivo. Si tratta di uno stato cronico in cui la mente, spesso, anticipa rischi che non sono reali. La paura è costante e la sensazione di minaccia permanente. Sono situazioni di grande angoscia in cui la persona resta paralizzata a causa di una realtà che colpisce del tutto la sua qualità della vita.
Le cellule olm e l’ansia patologica
Studi come quello condotto dall’Università Emory, ad Atlanta, indicano che i disturbi dell’ansia sono il risultato di un’anomalia nell’equilibrio dell’attività dei centri emotivi del cervello. Nulla hanno a che vedere dunque con l’area cognitiva.
- Queste anomalie derivano da stati disfunzionali che in molti casi richiedono un trattamento farmacologico in cui gli effetti secondari sono spesso più che evidenti.
- La scoperta delle cellule olm e del coinvolgimento delle stesse nella riduzione della sensazione di paura e angoscia è dunque un progresso. L’obiettivo non è certo quello di stimolare questi neuroni e spingere così il paziente a comportarsi improvvisamente in modo rischioso. In assoluto, no.
- Con la stimolazione delle cellule olm riusciremo a ridurre, innanzitutto, quell’ansia che paralizza, quella sensazione costante di minaccia, di angoscia che tarpa le ali del paziente.
- Potremo restituire quello stato d’animo con cui sentirsi più sicuri e dotati di maggiore capacità di controllo.
D’altra parte, dobbiamo ricordare che gli ansiolitici che utilizziamo oggigiorno hanno un certo impatto sul cervello. Se riuscissimo a sviluppare un farmaco che agisca solo su questo tipo di neuroni, potremo dimenticarci di qualunque effetto indesiderato.
Come possiamo vedere, la speranza che si è aperta a questa scoperta è immensa. La buona notizia è che gli scienziati hanno osservato che le cellule Olm sono sensibili alla nicotina, per cui c’è la possibilità che si possano controllare farmacologicamente. Siamo in attesa di ulteriori progressi al riguardo.