Connessionismo e funzionamento neurale
Capire il funzionamento del cervello è una delle più grandi sfide della psicologia e sono diversi gli approcci e le prospettive che tentano di riuscirci. Dalla nascita della psicologia cognitiva alla macchina di Turing e al connessionismo, questo campo ha subito una rivoluzione continua, soprattutto da quando il cervello viene considerato un elaboratore di informazioni.
Una delle prime teorie che tentava di spiegare il funzionamento del cervello, utilizzava la metafora del computer, che mostrò presto i suoi limiti. Gli psicologi cognitivi, alla ricerca di nuove spiegazioni, elaborarono, quindi, la teoria nota come connessionismo.
Prima di parlare di connessionismo, però, è importante capire il punto di vista sul cervello della psicologia cognitiva. Solo in questo modo potremo intuire le implicazioni e i difetti del modello computazionale.
La psicologia cognitiva e la metafora computazionale
La psicologia cognitiva considera il cervello umano come un elaboratore di informazioni. Si tratta, ovvero, di un sistema in grado di codificare i dati provenienti dall’ambiente circostante, modificarli e ricavare nuove informazioni. Inoltre, i nuovi dati vengono inseriti nel sistema, in un continuo processo di input e output.
La metafora computazionale vede il cervello come un computer. Attraverso una serie di algoritmi programmati, trasforma gli input delle informazioni in una serie di output. Un principio con una sua utilità, che ci permette di studiare alcuni dei comportamenti umani. Tuttavia, a un’analisi più approfondita, il sistema comincia a presentare una serie di difetti.
Gli errori più evidenti sono la velocità con cui elaboriamo le informazioni, la flessibilità con cui agiamo e l’imprecisione delle nostre risposte. Se il nostro cervello seguisse algoritmi programmati, avremmo risposte di altro tipo: più lente, per via di tutte le fasi di elaborazione da seguire, più rigide e molto meno precise di quanto non siano. In breve, agiremmo come un computer. Ma, a quanto pare, non funzioniamo così.
Potremmo tentare di adattare questa teoria alle nuove ricerche, cambiare la rigidità degli algoritmi programmati con altri più flessibili e capaci di apprendere, ma troveremmo ancora dei difetti nella teoria computazionale. Ed è qui che entra in gioco il connessionismo, una corrente di pensiero più semplice, ma in grado di spiegare il funzionamento del cervello in modo più soddisfacente.
Che cos’è il connessionismo?
Il connessionismo abbandona l’ipotesi degli algoritmi computazionali e spiega che le informazioni vengono elaborate attraverso modelli a propagazione dell’attivazione. Cosa significa? In altre parole, quando un input di informazione entra nel nostro cervello, i neuroni cominciano ad attivarsi secondo uno schema specifico, che produrrà un certo risultato. Ciò crea una rete di neuroni in grado di elaborare in fretta le informazioni e senza bisogno di algoritmi pre-programmati.
Per capire meglio tale concetto, facciamo un esempio. Immaginate che vi venga chiesto di definire la parola “cane”. La parola giunge all’orecchio e in modo automatico si attiva nel cervello il gruppo di neuroni a essa associato. L’attivazione di questo insieme di cellule si propaga ad altri gruppi a cui è connesso, ad esempio i gruppi di neuroni collegati alle parole mammifero, abbaiare, pelo. Si attiva quindi un modello che include tutte queste caratteristiche e che vi permetterà di definire il cane come “mammifero con il pelo che abbaia”.
Proprietà dei sistemi connessionisti
Secondo questa prospettiva, tali sistemi devono soddisfare alcune condizioni per funzionare:
- Propagazione dell’attivazione. Una volta attivati certi neuroni, ne influenzano altri a cui sono connessi. Questo può verificarsi facilitando l’attivazione o per inibizione. Nell’esempio citato, i neuroni collegati alla parola “cane” facilitano quelli collegati a “mammifero”, ma inibiscono i neuroni relativi a “rettile”.
- Apprendimento neurale. L’apprendimento e l’esperienza agiscono sulle connessioni neurali. Vedere molti cani che abbaiano rinforzano le connessioni tra neuroni relative a entrambi i concetti. È il modo in cui si verrebbero a creare le reti neurali che permettono l’elaborazione.
- Elaborazione in parallelo. Non si tratta, naturalmente, di un processo seriale. I neuroni non vengono attivati in successione, l’attivazione si propaga in parallelo. Anche i modelli di attivazione non sono necessariamente elaborati uno di seguito all’altro, possono avvenire in contemporanea. Grazie a ciò, siamo in grado di interpretare una grande quantità di dati allo stesso tempo, anche se esiste un limite.
- Reti neurali. Il sistema sarebbe un’enorme rete di neuroni raggruppati insieme attraverso meccanismi di inibizione e attivazione. All’interno della rete troviamo anche gli input di informazione e output comportamentali. Questi raggruppamenti rappresenterebbero l’informazione strutturata del nostro cervello; gli schemi di attivazione sarebbero il modo in cui tali informazioni vengono elaborate.
Conclusioni
Questo modo di interpretare il funzionamento neurale non è solo interessante; a quanto pare, le ricerche sono fruttuose. Di particolare interesse sono le simulazioni al computer dei sistemi connessionistici su memoria e linguaggio, molto simili al comportamento umano. Non è ancora possibile, tuttavia, affermare che si tratti del modo esatto in cui lavora il cervello.
Questo modello non ha solo dato un grande contributo a tutti i campi della psicologia. Possiamo trovare applicazioni dei sistemi connessionistici anche nel campo dell’informatica. In modo particolare, questa teoria ha consentito di fare progressi nello studio dell’intelligenza artificiale.
Naturalmente il connessionismo è molto più complesso di quello che è stato presentato in questo articolo. Vi abbiamo fornito una versione semplificata, utile come punto di partenza. Se siete incuriositi, potete approfondire questa teoria e le sue implicazioni.