Depressione post adozione, rischio incompreso

In alcuni genitori adottivi possono predominare emozioni a valenza negativa, come la tristezza o la frustrazione. In questi casi si parla di depressione post adozione.
Depressione post adozione, rischio incompreso
Francisco Pérez

Scritto e verificato lo psicologo Francisco Pérez.

Ultimo aggiornamento: 12 gennaio, 2023

La depressione post adozione è una risposta piuttosto comune, ma non obbligatoria, ai cambiamenti che seguono a un’adozione. La nuova esperienza e la difficoltà a capire alcuni bisogni del bambino possono generare nei neogenitori un senso di sopraffazione e una risposta emotiva negativa.

Adottare è una sfida che comporta anche fatica fisica ed emotiva e in alcuni casi richiede aiuto specialistico. L’arrivo di un nuovo figlio, che sia biologico o adottivo, è in genere accolto con allegria, felicità o euforia.

In alcuni genitori adottivi, invece, possono predominare emozioni a valenza negativa, come la tristezza o la frustrazione. Emozioni che si registrano anche nei genitori biologici dopo il parto. Quando questi stati si protraggono nel tempo, si parla di depressione post adozione.

Depressione post adozione: un rischio poco conosciuto

A differenza della depressione post adozione, quella post partum è considerata come una possibilità, anche dopo una gravidanza priva di complicazioni. In questo senso, negli ultimi anni sono stati fatti grandi progressi; in molti contesti e in famiglia se ne parla apertamente ed è considerata a tutti gli effetti una malattia.

Madre con depressione post adozione

Si stima che tra il 50 e l’80% delle donne che hanno dato alla luce un bambino possa soffrire di depressione post partum in forma lieve, il 10% in modo grave. La causa sembra risiedere nei cambiamenti ormonali.

La depressione post adozione, tuttavia, non gode della stessa comprensione sociale essendo vista dai più, in qualche modo, “illogica”. Questa forma di depressione, dunque, non è molto accettata o compresa, ma le statistiche parlano chiaro. I pochi studi realizzati fino a oggi dimostrano una buona percentuale di incidenza.

Quando non esiste la comprensione e il sostegno

Il senso di connessione e legame tra genitori e figlio adottivo si sviluppa a due-sei mesi dall’adozione. Le madri adottive alla prima esperienza tendono a non chiedere aiuto. Il timore è di essere giudicate “non pronte” o addirittura colpevolizzate: “Potevi pensarci prima di iniziare il processo di adozione”.

In questo modo le neomamme hanno paura di confidare, soprattutto a psicologi o assistenti sociali, le loro difficoltà di adattamento alla nuova vita.

La situazione, già difficile, può complicarsi ulteriormente. Basti pensare, ad esempio, che in genere  l’aiuto offerto ai genitori biologici dalla loro cerchia sociale è ben diverso da quello che di solito si riceve dopo un’adozione.

Madre depressa con bambino che piange

I familiari di una coppia di genitori adottivi stentano a capire il motivo per cui ora la donna non si sente pienamente felice. In fin dei conti ha realizzato un sogno cullato a lungo, quello che sembrava un desiderio chiaro e preciso.

Si soffre quindi in silenzio, sopraffatti dalla vergogna, dal senso di colpa e dalla paura di aver deluso tutti. I neogenitori sono spesso i primi a non capire, a porsi le stesse domande senza trovare altra risposta che non li accusi di essere irresponsabili, colpevoli o volubili.

Cause della depressione post adozione

A cosa si deve una così alta percentuale di persone che soffre di questo disturbo? La maggior parte dei genitori adottivi passano anni a desiderare un figlio da amare. Le lunghe attese, le speranze – non sempre realizzate – e i sogni possono creare aspettative poco realistiche sull’essere genitori.

I neogenitori potrebbero vivere con un senso di colpa l’ambivalenza delle proprie emozioni. Da una parte amano il figlio adottivo, dall’altra potrebbero sentirsi delusi o arrabbiati se il bambino non soddisfa le loro aspettative.

Il legame istantaneo con il nuovo membro della famiglia e l’amore a prima vista corrispondono a una visione poco realistica. Innamorarsi di un bambino adottivo è come innamorarsi del partner. La passione e l’euforia iniziale cedono presto il passo a un processo lento e difficile: abituarsi e adattarsi alla presenza di un altro essere umano nella propria vita quotidiana.

Genitori tengono per mano la figlia

Come affrontare la depressione post adozione?

Non è sempre facile adattarsi ai cambiamenti che comporta adottare un bambino. Alcune linee guida possono però essere di aiuto:

  • Appena tornati a casa dal luogo di adozione, assicuratevi di avere tempo di qualità da condividere.
  • Non sentitevi in colpa se non avete voglia di ricevere visite. Allo stesso tempo, accettate l’aiuto di cui avete bisogno. Non siete cattive madri o cattivi padri se non riuscite a fare tutto da soli.
  • Cercate di prolungare il più possibile il congedo di maternità.
  • Dormite un numero di ore sufficienti e fate esercizio fisico. È più che provato che fare movimento migliora l’umore.
  • Portate i vostri figli a passeggiare. Vi divertirete insieme e consoliderete il vostro legame.
  • Non abbiate paura a esprimervi. Restate in contatto con forum o gruppi di genitori adottivi. Cercate persone che stiano vivendo un’esperienza familiare simile.
  • Chiedete alla vostra cerchia di parenti e amici di capire e rispettare le vostre decisioni. Fate capire loro che siete pronti ad ascoltare, ma che avete dei criteri personali e sarete voi ad avere l’ultima parola sui vostri figli.
  • Riservate del tempo per voi e per il partner. Se avete altri figli, non trascurateli e dedicate anche a loro attenzioni.
  • Accettate i vostri limiti, non abbiate paura di fallire. Siamo esseri umani, non siamo perfetti, non dobbiamo dimostrare niente.

Riassumendo…

La depressione post adozione è un disturbo dello stato d’animo che in molti casi si nutre di incomprensione (da parte dell’ambiente e di chi ne soffre). Un genitore adottivo che teme di non vedere soddisfatte le proprie aspettative può arrivare a sentirsi profondamente triste e scoraggiato.

Se vi riconoscete in questa situazione, la cosa migliore da fare è chiedere l’aiuto di uno specialista. Non abbiate paura di raccontare le vostre esperienze: riceverete comprensione e sostegno.


Questo testo è fornito solo a scopo informativo e non sostituisce la consultazione con un professionista. In caso di dubbi, consulta il tuo specialista.