Effetto dotazione: come ci influenza?
L’effetto dotazione è considerato da alcuni un pregiudizio cognitivo, mentre altri lo definiscono un’ipotesi comportamentale. È stato studiato da diversi esperti, tra cui Daniel Kahneman e Richard Thaler, quest’ultimo premio Nobel per l’economia.
Questo effetto descrive la tendenza ad attribuire un valore più alto ai beni solo perché personali. Ciò contraddice la premessa della teoria economica standard, che postula che i beni materiali hanno il medesimo valore per tutti.
L’effetto dotazione ci fa apprezzare e svalutare gli oggetti in termini economici sulla base di un dettato soggettivo: la proprietà. Questo, ovviamente, influisce sulle decisioni finanziarie, in particolare quelle relative all’acquisto e alla vendita.
L’effetto dotazione
Perché apprezziamo quello che possediamo rispetto a quello che non è nostro? Non dovrebbe essere il contrario, ovvero sopravvalutare ciò che non si ha? In un primo momento si potrebbe pensare che ciò sia dovuto al valore affettivo che diamo agli oggetti.
In questo modo una persona dà più valore alla sua casa perché in essa ha trascorso momenti memorabili ed è piena di ricordi. Tuttavia, uno studio dell’Università di Pittsburgh e del Georgia Institute of Technology sostiene il contrario.
Tale studio espone un esperimento interessante. Un gruppo di volontari è stato diviso in due sottogruppi: venditori e acquirenti. Ai primi è stata data una penna che potevano vendere tra gli 0,25 centesimi e i 10 euro. Se lo preferivano, potevano anche tenerla. Il secondo gruppo riceveva dei soldi e poteva scegliere se comprare la penna o tenere i contanti.
Prima di iniziare la compravendita, è stato chiesto a tutti di scrivere con una penna su un pezzo di carta. Dovevano parlare di una relazione d’amore passata che non era finta bene.
Coloro i quali hanno eseguito il compito in seguito hanno chiesto un prezzo più alto per la penna. Come mai? A quanto sembra mostravano resistenza a disfarsi di un oggetto con cui avevano instaurato un legame.
Avversione alla perdita
Nell’esperimento l’oggetto in questione era nelle mani delle persone solo da pochi minuti. Tuttavia, era stato sufficiente per sentirlo come proprio e non una merce da cui potevano guadagnare. Nella loro mente questo ha fatto salire il prezzo della penna. Ecco come funziona l’effetto dotazione.
Tutto indica che parte di questa resistenza a lasciar andare gli oggetti che possediamo, anche sacrificando un possibile guadagno, è dovuta a un altro pregiudizio: l’avversione alla perdita. Ciò è strettamente relazionato con il processo decisionale e il fatto che lasciare andare qualcosa che consideriamo nostro è vissuto come una perdita.
L’avversione alla perdita porta quindi a sopravvalutare le proprietà che si possiedono. Una persona sarà disposta a separarsi da esse solo se considera che ciò che riceve in cambio ha almeno lo stesso valore. In seguito a ciò, si attribuisce un valore a volte irrazionale, in definitiva soggettivo.
L’effetto dotazione e le decisioni
Naturalmente l’effetto dotazione conferisce un valore speciale alle diverse transazioni economiche. Influisce sulle decisioni finanziarie molto più di quanto alcuni siano disposti ad ammettere.
Va notato che questo attaccamento a ciò che si possiede non riguarda solo gli oggetti in quanto tali, ma anche idee o abitudini. Per esempio, una persona potrebbe trovarsi in difficoltà economiche e pur così non non riesce a fare compere in un negozio più economico rispetto a quello preferito.
Vive il possibile cambiamento come una perdita, dunque preferisce astenersi dall’acquistare o perdere denaro invece di cambiare.
Allo stesso modo, quando vendono una proprietà, come case o automobili, molte persone stabiliscono un prezzo che nessuno è disposto a pagare.
È comune non affidarsi a una stima tecnica, bensì a un superficiale sopralluogo che si traduce in un prezzo elevato. In questi casi l’effetto dotazione ostacola la razionalità finanziaria della persona.
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Echeverry Peñón, I., & Reyes Ortega, S. (2018). El efecto dotación en emprendedores: Un apego muy riesgoso. Estudios de economía, 45(2), 231-249.