Epitteto: un saggio dell'antichità

Epitteto: un saggio dell'antichità

Ultimo aggiornamento: 04 settembre, 2015

«Non sono le cose che ci succedono a farci soffrire, ma ciò che diciamo di queste cose.»

Con questa semplice, ma veritiera, frase, Epitteto di Frigia, filosofo stoico del I secolo d.C, poneva le radici della psicologia contemporanea. Epitteto nacque nell’anno 55 a Hierapolis di Frigia e arrivò a Roma come schiavo di Epafrodito che lo educò fino al suo esilio a Nicopoli nell’anno 93, dove fondò una prestigiosa scuola alla quale si dedicò completamente.

Anche se fu fatto schiavo ed ebbe una vita difficile, Epitteto fu una persona felice. La sua filosofia si basava nell’avere molto chiaro ciò che era controllabile e ciò che non lo era, per modificare in questo modo ciò che poteva essere modificato e accettare ciò che non poteva essere modificato. In questo modo, evitava a se stesso il tormento e l’infelicità.

Epitteto accettò che le sue circostanze non potessero essere controllate né cambiate in nessun modo, ma la sua mente sì. In questo senso aveva un potere immenso. Decise che le cose lo avrebbero influenzato solo se lui avesse deciso di farsi influenzare. Vale a dire, il fatto di provare emozioni positive o negative non dipendeva da fattori esterni, ma interni, ovvero dal suo pensiero sulla realtà circostante.

La maggior parte delle persone, quando soffrono di uno stato emotivo negativo o disfunzionale, come la depressione, l’ansia, i sensi di colpa, l’ira, tendono a credere che sono le circostanze a provocare questi sentimenti o le situazioni che si sono verificate durante la loro vita, ma la verità è che la maggior parte delle volte non è così.

Ciò che realmente provoca questi stati emotivi è il nostro modo di interpretare il mondo, il nostro atteggiamento, le nostre credenze e i nostri pensieri. Una prova di questo può essere il fatto che una stessa situazione suscita emozioni diverse in ogni persona. Logicamente, se fosse la situazione la responsabile delle emozioni, tutte le persone dovrebbero reagire allo stesso modo ed è evidente che questo non accade. Per questo, deve esistere un filtro che determini le situazioni emotive.

filosofo greco

Facciamo un esempio: immaginate di viaggiare in piedi su un autobus, attaccati ad una barra di sostegno. Improvvisamente ricevete un forte urto da dietro. Vi infuriate perché un maleducato vi ha colpito con forza e vi girate per dirgliene quattro, ma… vi rendete conto che è stato un cieco. 

In quell’istante i sentimenti di ira e collera si trasformano in compassione e pietà nei confronti del non vedente, che non aveva nessuna intenzione di spingervi.

Lo stimolo che ha provocato la vostra rabbia è stato l’urto, però dopo aver visto che chi vi ha involontariamente spinto era un cieco, non pensate più che si tratti di un maleducato, ma di un pover uomo che non voleva provocare nessuno. Per questo, possiamo concludere che ciò che vi ha irritati non è stato l’urto ricevuto, bensì voi stessi, con il vostro autodialogo, con il quale dicevate che chi vi aveva spinto era un maleducato.

Come potete ben vedere, il pensiero precede sempre l’emozioni e la buona notizia è che possiamo controllarlo! Siamo responsabili dello stesso!

Ed è una meravigliosa notizia, perché se non fosse così, saremmo sempre schiavi di ciò che ci circonda, marionette carenti di difese che si muovono a seconda delle situazioni o delle idee degli altri.

Se ad esempio vi deprimete perché gli altri vi criticano, il responsabile ultimo di quella depressione siete voi stessi che credete a tutte quelle critiche e opinioni negative e le fate vostre. Se il vostro pensiero riguardante quelle critiche cambiasse e non gli deste importanza, il vostro stato emotivo sarebbe diverso.

Forse sarebbe spiacevole, però non arrivereste a deprimervi per l’idea che le altre persone hanno di voi, perché non sono altro che loro idee, non vostre e che non dovete fare vostre, a meno che non siate voi stessi a deciderlo. Se questo non fosse così, se i vostri pensieri non potessero intervenire, dovreste sentirvi obbligatoriamente depressi oppure riuscire a far cambiare idea agli altri, qualcosa che è spesso impossibile.

In realtà, l’essere umano possiede la meravigliosa capacità di essere felice quasi in ogni circostanza e situazione. Se possedete i mezzi per sopravvivere, avete già l’indispensabile per stare bene, ma è necessario che queste idee si interiorizzino nel profondo, che diventino la vostra filosofia di vita.

Se Epitteto fu felice anche se era uno schiavo, è grazie a questa visione della vita. Anche noi possiamo esserlo in circostanze che non hanno niente a che vedere con la schiavitù. Forse vi state lamentando parecchio? È possibile che stiate esigendo troppo dal mondo, dagli altri o da voi stessi. Vi sentite ansiosi nel tentativo di controllare l’incontrollabile? Smettetela di aprire le porte della sofferenza, smettete di lamentarvi per ciò che succede fuori. Risolvete ciò che potete e sennò, lasciatelo stare. Cambiate il vostro modo di vedere le cose e le cose cambieranno.


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