Le fasi della stasi emotiva

Le fasi della stasi emotiva

Ultimo aggiornamento: 03 maggio, 2017

La stasi emotiva non è una fase che si presenta all’improvviso. Siamo noi stessi ad aprirle le porte, a darle il via libera affinché resti, spianandole la strada. Esistono circostanze, momenti ed esperienze che favoriscono questo stato che può colpire ciascuno di noi.

Il problema è che spesso ci rifiutiamo di riconoscere la sua presenza, rimanendo relegati in questa fase senza renderci conto delle conseguenze. Pian piano la gente si allontana da noi, le opportunità ci sfuggono come sabbia tra le dita, l’allegria evapora e ci trasformiamo in persone cupe. Perdiamo di vista l’orizzonte, dimentichiamo l’essenza della vita.

 “Non tollero la stasi perché amo la conoscenza, e la conoscenza non ha mai fine”.

-Antonio Escohotado-

Sparisce la motivazione. Quello che un tempo ci piaceva adesso ci appare ridicolo e senza senso. Preferiamo stare da soli. Chiudiamo il nostro cuore e scegliamo di isolarci per non disturbare né essere disturbati. E, senza volerlo, finiamo intrappolati nella stessa vita. Di seguito vedremo insieme alcune fasi della stasi emotiva e come evitare di cadere in essa.

La routine: compagna numero uno della stasi emotiva

In una vita abitudinaria, i giorni scorrono quasi tutti uguali. Percorriamo ogni giorno gli stessi passi, diciamo le stesse parole, parliamo con le stesse persone. Siamo così abituati che, senza nemmeno rendercene conto, viviamo in una costante ripetizione. La cosa peggiore è che per quanto ci sentiamo male, non vogliamo uscire da questa fase di stasi emotiva.

All’interno del rapporto di coppia le cose spesso sono molto simili. Si arriva ad un punto nel quale l’altro, pur dopo anni di vita insieme, appare come un estraneo. Non ci accorgiamo più neanche dei suoi cambiamenti di personalità, o forse non ci interessano. Non condividiamo appieno la vita con lui, con tutto quello che ciò implica. La relazione non diventa altro che un’abitudine in più.

La routine è capace di prosciugare la voglia di vivere. Naturalmente non si tratta di buttare all’aria tutto ciò che avete costruito negli anni, bensì di lasciare spazio alle sorprese, di scoprire quel nuovo mondo che si nasconde nella vita di tutti i giorni. Cambiare il percorso per andare al lavoro (o a qualsiasi attività) è un buon modo di cominciare.

Il resto verrà da sé. Se riuscirete a farvi sorprendere di nuovo dalle piccole cose, vi renderete conto che non avete bisogno di scuse per tornare a sorridere. Il semplice fatto di essere predisposti al cambiamento e al modificare la terribile routine, porterà nuove opportunità e vi consentirà di crescere.

Intrappolati nella comfort zone

Una delle tendenze più nocive è il rifiuto ad abbandonare la zona di comfort, quello stato apparentemente ideale a soddisfare tutte le nostre necessità. Tuttavia, non si tratta che di un inganno, uno stadio illusorio che ci impedisce di avanzare. Un esempio di questo è quando, anche se non ci sentiamo identificati nel nostro lavoro, non lo lasciamo per paura di ritrovarci disoccupati.

Esistono possibilità per ricominciare, che sia in un’altra città o in un altro paese. Eppure, a prescindere dalle prospettive, le ignoriamo e preferiamo restare al nostro solito posto. Significa, in altre parole, non rischiare, neanche quando ciò comporta restare in una fase di stasi emotiva. E il tutto per preservare una sicurezza che non è che un riflesso.

Anche senza avere mete precise, è indispensabile riconoscere che la crescita personale implica muoversi da una parte all’altra. Implica essere disposti al cambiamento e capire che le esperienze nuove arricchiscono. Poco a poco consentono di raggiungere un equilibrio che ci spingerà a correre dei rischi, per quanto complessi siano.

Soltanto così potremo sopportare le difficoltà dei tempi peggiori. Essere indipendenti dalla zona di confort comporta la capacità di sollevarsi dopo essere caduti. Di conseguenza, di abbandonare quell’inquietudine che ci annulla e ci rende più piccoli.

Apatia, demotivazione, tristezza

Perdiamo l’entusiasmo, nulla ci stimola più e lasciamo persino che gli altri decidano per noi. L’allegria non si scorge neanche da lontano. Un’ombra di tristezza aleggia nel nostro sguardo, sembriamo assenti. Mangiamo, respiriamo, dormiamo, ci muoviamo più come un riflesso che per iniziativa propria. Non vediamo i colori che colorano il mondo.

Le nostre emozioni hanno raggiunto il livello minimo di sensibilità. Niente e nessuno ci può smuovere e vediamo passare la vita come fosse un treno perso per un soffio, partito lasciandoci soli in stazione. E se proprio in quel momento si presentano le opportunità, non abbiamo la capacità di afferrarle. Ed ecco che il treno riparte senza di noi; e non possiamo farci nulla.

La vita comincia a sfuggirci sempre più velocemente, eppure sappiamo che siamo gli unici a poter uscire da questa fase di stasi emotiva. Il segreto risiede nel recuperare la capacità di sorprenderci alla vita, di tornare a sognare. Non c’è scelta migliore che quella di recuperare il bambino del passato che ciascuno di noi conserva in sé. È il momento di farlo uscire.

La fantasia non deve per forza fare a pugni con la realtà. Chi non abbandona i suoi sogni è capace di realizzare l’inimmaginabile. Basta soltanto aprire le porte dell’immaginazione e credere che tutto è possibile. Il gioco, nel mezzo di una vita rigida e monotona, è la miglior risorsa per recuperare la speranza, la creatività e la risata.

Immagini per gentile concessione di Sean Gadoury


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