Fenomeno Phi, illusione ottica

Il fenomeno Phi (φ) fu un processo chiave per la Gestalt. Si tratta dell'illusione ottica che ci fa credere che una serie di immagini fisse sia in movimento, dimostrando fino a che punto il nostro cervello è in grado di ingannarci.
Fenomeno Phi, illusione ottica
Valeria Sabater

Scritto e verificato la psicologa Valeria Sabater.

Ultimo aggiornamento: 15 novembre, 2021

Il fenomeno Phi (φ) consiste nell’illusione ottica generata dal nostro cervello per cui una figura fissa sembra in realtà in movimento. La corrente della Gestalt coniò e definì il termine nel 1912 con l’obiettivo di dimostrare un concetto fondamentale: la percezione va al di là dei nostri sensi, di quello che vediamo o sentiamo. È, in realtà, una mera percezione del nostro cervello.

Senza dubbio spunto di interessanti riflessioni. Avrete probabilmente presenti quelle immagini piene di forme e colori sgargianti che sembrano tremare, muoversi e oscillare timidamente verso di noi. Scoprire che quel movimento non è reale ci porta a mettere in discussione molte cose.

Pensare che uno stimolo percepito non corrisponda a quello reale ci può far tentennare e credere che qualcosa non vada in noi. Il problema sta nei nostri sensi? Nella nostra vista? Assolutamente no, e ce lo spiega proprio il fenomeno Phi e le illusioni ottiche.

Ad ogni modo, come segnala il neuroscienziato statunitense David M. Eagleman, autore di libri come Incognito: The Secret Lives of the Brain (“Incognito: le vite segrete della mente”), la prima lezione che dobbiamo imparare sui nostri sensi è che non bisogna fidarsi di essi al 100%. Il semplice fatto di vedere qualcosa con gli occhi non è indicativo della sua reale esistenza.

Il cervello interpreta, costruisce e smonta, inventa e introduce nella nostra mente assiomi soltanto per far sì che le cose acquisiscano una certa logica. Questo accade, per esempio, quando percepisce vuoti o falle in ciò che stiamo vedendo con gli occhi. Come vedremo, questa scoperta fu determinante per lo sviluppo della psicologia della Gestalt.

“Il tutto è superiore alla somma delle singole parti”

-Max Wertheimer-

Il fenomeno Phi sul cervello.

Il fenomeno Phi alla base della Gestalt

Fu Max Wertheimer (1880-1943), fondatore della corrente della Gestalt, a descrivere per la prima volta il cosiddetto fenomeno Phi nel campo della scienza. Lo fece attraverso uno studio intitolato Experimental Studies on the Perception of Motion (1912), con il quale pose le basi della psicologia della percezione.

Come succede per la maggior parte delle scoperte, fu il caso a volere che Wertheimer incappasse in uno stroboscopio in una stazione dei treni, stimolando la sua curiosità in merito a quello strano fenomeno.

Sapeva che il gioco di figure geometriche non era in movimento, eppure i suoi occhi sembravano ingannarlo. Lo denominò fenomeno φ per distinguerlo dal β (beta), secondo cui uno stimolo si muove secondo una capacità reale e logica. C’era qualcosa di strano in quelle figure e il Dottor Wertheimer decise di scoprire di cosa si trattasse.

Il fenomeno Phi e i falsi movimenti, un errore del cervello?

Il fenomeno Phi si differenzia dalle classiche illusioni ottiche sotto vari aspetti. Per prima cosa è legato a una successione di figure simili. Immagini fisse che si riproducono davanti ai nostri occhi una ad una, ad una velocità determinata, dandoci l’impressione di essere in movimento.

  • Max Wertheimer dimostrò che se esposti a una successione di immagini statiche a una velocità concreta, il nostro cervello le interpreta come un qualcosa in movimento.
  • È un fenomeno legato anche alla persistenza della visione. Questo concetto si basa sull’idea che le immagini rimangano “impresse” nella retina per un frammento di secondo. Se passiamo davanti all’occhio umano tante immagini rapidamente, il cervello non è più in grado di differenziarle e isolarle.
  • Finisce così per interpretare (erroneamente) che si tratta di uno stesso oggetto in movimento.

Occorre segnalare che la ricerca di Wertheimer e la sua teoria sul fenomeno Phi contribuì allo sviluppo del cinema grazie alla tecnica dei fotogrammi in successione. Sarà Hugo Münstenberg a interessarsi all’idea dandole forma nel 1916.

Fotogrammi di cavalli in movimento.

Punto di partenza della Gestalt

È importante sottolineare come il fenomeno Phi non rappresentò un’innovazione per il mondo della psicologia scientifica. Nel campo della fotografia già si conosceva questo tipo di esperienza percettiva. Di fatto, uno degli esponenti più conosciuti fu proprio il fotografo britannico Eadweard Muybridge (1830-1904).

Il suo lavoro fu innovativo per l’epoca. Era solo il 1878 e Muybridge già aveva inventato quella che denomino cronofotografia. Uno dei suoi lavori più noti consistette nell’immortalare i movimenti di un cavallo e il suo fantino in corsa tramite l’uso di 24 camere allineate lungo la pista.

Dopo aver sviluppato e rivelato le immagini, notò che facendole susseguire a una determinata velocità si otteneva l’effetto del movimento reale.

Se dunque questo fenomeno non era nuovo per alcuni, nel campo della Gestalt gli studi di Wertheimer segnarono la svolta. Non dimentichiamo che la corrente psicologica pose le basi per lo studio della sensazione e della percezione.

Secondo teorici come il proprio Wertheimer e Wolfgang Kohler o Kurt Koffka, le nostre percezioni non sono stimoli isolati.

Effetto phi sul cervello.

Il cervello tende sempre a raggruppare ciò che vede, a creare un tutto basato su un senso di coerenza e una logica interpretativa. È proprio per questo che ci porta a credere che una successione di immagini non siano figure isolate, bensì uno stesso oggetto in movimento. È un modo per economizzare e semplificare gli sforzi.

Ma, come abbiamo capito, non è qualcosa di reale. Come sostiene il neuroscienziato David M. Eagleman, è sempre bene non fidarsi al 100% di tutto ciò che ci fa credere il nostro cervello.


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  • Hartmann, George Wilfried. 2006. Psicología de la Gestalt: una encuesta de hechos y principios . Kessinger Publishing. ISBN 142545285X
  • Robinson, JO 1998. La psicología de la ilusión visual . Publicaciones de Dover. ISBN 978-0486404493 .
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  • Steinman, RM, Pizlo, Z., y Pizlo, FJ (2000). Phi no es beta, y por eso el descubrimiento de Wertheimer lanzó la revolución Gestalt. Investigación de la visión . https://doi.org/10.1016/S0042-6989(00)00086-9

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