Ferita psicologica aperta: la vittima diventa carnefice

Ci sono persone che, a causa delle loro ferite psicologiche, non sono in grado di vedere la sofferenza altrui. I segni dei traumi originati da maltrattamenti o abbandono generano una cicatrice che si infetta, che non guarisce e che spesso fa emergere l'aggressività.
Ferita psicologica aperta: la vittima diventa carnefice
Valeria Sabater

Scritto e verificato la psicologa Valeria Sabater.

Ultimo aggiornamento: 15 novembre, 2021

Una ferita psicologica aperta dà spesso forma a un abisso abitato da risentimento, rabbia e vulnerabilità. È quanto sperimenta buona parte delle persone che sono state vittime di maltrattamenti, abbandono o abusi. I segni di tali esperienze e l’incapacità di sanarle portano spesso a proiettare questo profondo disagio negli altri, a volte persino attraverso comportamenti disadattivi.

Ognuno di noi affronta il dolore a modo suo, con maggiori o minori capacità. Tuttavia, ci sono anche persone che lo fanno nel peggiore dei modi: con aggressività. Il motivo? In alcuni casi per la combinazione di svariati fattori determinanti. Da un lato, c’è la gravità del trauma vissuto; dall’altro, le risorse sociali e il sostegno a disposizione del soggetto, nonché alcuni fattori biologici e persino genetici.

Ebbene, il fattore più decisivo è senza dubbio quello legato alla personalità. Sappiamo, ad esempio, che alcuni soggetti caratterizzati da narcisismo reattivo usano il loro dolore come arma. La loro identità di vittima e il peso della ferita psicologica aperta, li trasforma spesso, e quasi inconsapevolmente in carnefici mascherati. Si tratta di persone che non riescono a controllare l’impulso della vendetta e proiettano la propria rabbia sugli altri in svariati modi.

“Il dolore è inevitabile, ma la sofferenza è facoltativa”.

-Buddha-

Uomo preoccupato con ferita psicologica aperta

Quando la ferita psicologica aperte genera aggressività

Il concetto di “vittima” in sé, è spesso molto discusso. Per prima cosa, bisogna capire che non tutti affrontano i traumi allo stesso modo. C’è chi, grazie alle proprie risorse psicologiche o al sostegno ricevuto, affronta un evento drammatico superando in poco tempo l’identità di vittima.

Altri, invece, impiegano tutta una vita a integrare un danno, quelle ferite psicologiche aperte che quasi sempre, si portano dietro degli strascichi. Il disturbo post-traumatico da stress, ad esempio, è uno di questi effetti. Ebbene, la domanda che viene in mente è: perché succede? Per quale motivo queste persone, invece di superare un fatto doloroso del passato, lo portano con sé come un peso?

Esiste una spiegazione del motivo per cui la persona esposta a eventi traumatici reagisce in maniera violenta? Possiamo trovare la risposta nell’interessantissimo studio condotto presso l’Università di Monterotondo, dal Dr. Giovanni Frazetto.

I dati ottenuti sono i seguenti:

I traumi precoci e il gene MAOA

Secondo questo studio condotto nel 2007, l’esposizione a eventi negativi nei primi 15 anni di vita lascia un segno evidente nel tessuto emotivo e psicologico dell’individuo. Ebbene, mentre alcuni hanno più probabilità di altri di superare o affrontare questi eventi, la restante parte presenterà qualche difficoltà.

  • In quest’ultimo gruppo troviamo i soggetti con il gene MAOA, presente soprattutto nel genere maschile.
  • Questo gene è a sua volta associato a un fenotipo comportamentale molto specifico, quello legato a una maggiore aggressività.
  • Da questo studio si può desumere che i bambini cresciuti senza un genitore, oppure trascurati, che hanno subito abusi o sono cresciuti in un ambiente con problemi di alcolismo rivelano la comparsa di comportamenti aggressivi e antisociali da adulti.
  • Si è riscontrata, inoltre, una maggiore propensione all’abuso di droghe, nonché una chiara difficoltà nello stabilire relazioni sociali ed emotive forti e significative.
Uomo con la testa in fumo

La ferita psicologica aperta e la vulnerabilità che impediscono di percepire il dolore altrui

Una ferita aperta è un problema irrisolto che inghiotte la persona ogni giorno di più. È un modo per codificare l’identità della vittima, perché non ci definiamo con quello che facciamo nel presente, ma con quello che ci è successo in passato. Ci sono persone talmente intrappolate nella loro vulnerabilità, nella loro rabbia repressa, nella paura che toglie il respiro e nel peso dei ricordi che, quasi senza accorgersene, sviluppano una sorta di “cecità emotiva”.

Smettono di vedere e percepire realtà emotive al di fuori delle proprie. Questa mancanza di empatia deriva dalla ferita stessa, dal trauma che genera dei cambiamenti nel cervello e che in qualche modo finisce per modificare la personalità. La parte più complicata di tutto ciò è che a un certo punto chi si sente vittima può diventare carnefice.

  • Lo fa, ad esempio, l’adolescente maltrattato o abbandonato che evidenzia comportamenti violenti a scuola.
  • Fa la stessa cosa la persona che in alcune situazioni si sente talmente vulnerabile e indifesa da reagire in modo eccessivo per difendersi.
  • La ferita aperta può anche portare a concepire la violenza come una forma di linguaggio. Se nell’infanzia siamo stati testimoni o vittime di comportamenti aggressivi, è probabile che in età adulta finiremo per applicare quegli stessi modelli.

Ferite psicologiche aperte e traumi, come vengono trattati?

Al giorno d’oggi, l’approccio più indicato nel trattamento dei traumi è senza dubbio la terapia cognitivo-comportamentale incentrata sul trauma. Questo strumento dispone anche di un’ampia bibliografia scientifica che ne supporta l’efficacia (Echeburúa e Corral, 2007; Cohen, Deblinger e Mannarino, 2004).

D’altro canto, abbiamo a disposizione anche la terapia dell’accettazione e dell’impegno (Hayes, Strosahl, Wilson, 1999, 2013). Si tratta di una terapia cognitivo-comportamentale di terza generazione che cerca di ridurre l’ansia e la paura per poter gestire al meglio le situazioni più problematiche.

Inoltre, e non meno importante, è necessario lavorare sulla gestione della rabbia nel caso sia presente. Quest’ultima comincia a essere evidente già nell‘infanzia. È noto, ad esempio, che circa il 45% dei bambini che sono stati testimoni di violenze familiari presentano problemi comportamentali.

La ferita psicologica aperta porta con sé ansia, tristezza, rabbia e tutta una serie di immagini mentali difficili da eliminare. Tale realtà deve essere trattata da professionisti specializzati. Nessuno merita di vivere un presente in cui la sofferenza soffoca una potenziale felicità.

Bambino che guarda dalla finestra

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  • Frazzetto, G., Di Lorenzo, G., Carola, V., Proietti, L., Sokolowska, E., Siracusano, A., … Troisi, A. (2007). Traumatismo precoz y mayor riesgo de agresión física durante la edad adulta: el papel moderador del genotipo MAOA. PLOSOS UNO , 2 (5). https://doi.org/10.1371/journal.pone.0000486

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