Film sul femminismo da non perdere

Film sul femminismo da non perdere
Cristina Roda Rivera

Scritto e verificato la psicologa Cristina Roda Rivera.

Ultimo aggiornamento: 05 gennaio, 2023

Il movimento femminista sembra crescere senza sosta e l’8 marzo 2018 è stata una data cruciale in questo senso. 5 milioni di donne, spinte da un coraggio raramente manifesto in modo così potente, hanno fatto proprie le vie delle città e si sono fatte sentire. Il cinema, dal canto suo, è un utile strumento in questa lotta per i diritti delle donne; ecco perché in questo articolo vi parliamo di 3 film sul femminismo.

Ognuna con il proprio bagaglio emotivo a seguito, consapevole di portare sulle proprie spalle un peso invisibile, queste donne hanno elevato il loro spirito, hanno gridato la loro rabbia, hanno fatto sentire agli altri il loro dolore e a urlare tutte insieme per dare voce alle loro rivendicazioni. A trasmettere un messaggio femminista.

Con una giacca o con un’acconciatura rasta, direttrici di banca o studentesse, tutte lì, insieme, perché viviamo tutte la stessa esperienza: la discriminazione, o la violenza o la bolla di vetro. Viviamo tutte la stessa oppressione, anche se la storia di ognuna di noi è diversa.

I film sul femminismo di cui stiamo per parlare sono il riflesso della lotta di tre donne che vogliono spiccare in un mondo di uomini che le stigmatizza, che le aggredisce e che non le rispetta. Donne forti e coraggiose, proprio come quelle di cui sentiamo parlare ogni giorno.

3 film sul femminismo

Una moglie, contro il taboo della malattia mentale femminile

Diretta da John Cassavetes, uno dei registi più acclamati del cinema indipendente, il film racconta la difficile situazione che una famiglia è costretta a vivere a causa della malattia della madre, Mabel (interpretata in modo magistrale da Gena Rowlands, che per questo ruolo vinse il Golden Globe come miglior attrice e ricevette una nomination agli Oscar).

Mabel manifesta alcune espressioni molto particolari, alcuni tic che la rendono impertinente, ma mai violenta né minacciosa. Suo marito Nick è un operaio (interpretato da Peter Falk, celebre attore noto per la sua interpretazione del Tenente Colombo); la tratta come se ci fosse qualcosa di sbagliato in lei.

In un mondo dominato dal testosterone, Mabel prepara il pranzo, si preoccupa degli invitati e dei colleghi di lavoro di Nick e vuole che tutto sia perfetto, che gli altri si divertano. Il suo atteggiamento risulta peculiare, non sempre rispetta i limiti della cordialità e della gentilezza, ma ce la mette tutta per far stare bene gli altri.

Mabel e Nick

Eppure Nick non smette di etichettare il suo comportamento, le urla contro e non apprezza quello che fa per lui. La umilia davanti a tutti e non rispetta i suoi spazi, il suo modo di esprimersi nel contesto sociale.

Nel corso del film noterete che le persone che circondano Mabel non sono abituate a una personalità fuori dagli schemi, profondamente sensibile e ricca di affetto per la sua famiglia. Le sue reazioni sono sempre più estreme perché il comportamento del marito è incoerente e asfissiante.

Nick non sa comportarsi bene con la moglie; si contraddice con le sue parole, nel modo in cui la guarda e in cui la tratta. Mabel si ritrova intrappolata in questi livelli comunicativi. La stessa persona che dice di amarla la stigmatizza davanti a tutti. Forse Nick, come tutti gli altri, pensa che una donna dall’espressività eccessiva non può che essere una donna disturbata.

Ecco qui il potente messaggio femminista: i bambini, che non hanno ancora fatto propri i pregiudizi tipici degli adulti, adorano Mabel in quanto madre; il modo in cui si mostra unica, nonché le sue intense manifestazioni di affetto. Forse potremmo dedurre che il vero problema di Mabel non è di natura psichiatrica, bensì l’ignoranza e il maschilismo che la circondano.

Alanis, messaggio sull’indipendenza femminile

Alanis (interpretata da Sofia Gala Castiglione) è una prostituta argentina che lavora in una casa di appuntamento insieme alla collega Gisela. Un giorno la polizia fa irruzione nell’appartamento accusando Gisela di sfruttamento della prostituzione. Ad Alanis viene tolta la casa, per cui la donna si trova costretta a cercare un posto in cui vivere con il figlio.

La giovane inizia a darsi da fare per racimolare qualche soldo in più, arrivando persino ad andare in casa dei clienti con il figlio. La situazione di Alanis è disperata, ma lei non lo dà a vedere. Con stoicismo e compostezza, Alanis non ha tempo per le lamentele. Ancora una volta, deve lottare per sopravvivere.

Non bada a chi la tratta da vittima, né a chi la insulta o a chi la fa sentire una cattiva madre. Nessuno le ha mai regalato nulla, ma non vuole suscitare pena. Vuole semplicemente prendere in mano le redini della propria vita e dare a suo figlio un tetto sulla testa.

Il film non dà spazio ai giudizi. Alanis non dà peso a chi la giudica, perché non mostra il minimo interesse nel voler dare una svolta alla propria vita. In realtà non sa cosa vuole, ma invece di provocare compassione nell’osservatore, lo lascia senza parole.

Pensa solo al presente e cerca di renderlo più sopportabile possibile, senza rendere conto a nessuno. Ecco qui il messaggio femminista. Controverso e diretto, perché non dà modo di provare compassione né di vederla come una vittima, di etichettarla. Alanis è artefice del proprio destino e non le importa che qualcuno possa considerarla solo “spazzatura”. Lei è sicura di se stessa e non ci scherza su: non ci tiene a confermare o a far cambiare idea allo spettatore.

Paulina, messaggio femminista sul diritto di scelta

Paulina (interpretata da Dolores Fonzi) è una donna che ha tutto. Viene da una buona famiglia di Buenos Aires, con un futuro professionale davanti che si presenta roseo, un’educazione di alto livello e un fidanzato e un padre che la amano e la rispettano.

Paulina manifesta inquietudini che non ci si aspetterebbe dalla figlia di un rinomato avvocato, cresciuta in un ambiente borghese. Sogna di fare qualcosa di concreto nel suo percorso professionale, qualcosa che contribuisca a migliorare la vita delle persone e lo vuole fare lottando in prima linea.

Decide così di insegnare in un istituto di una regione argentina afflitta da povertà, violenza e disoccupazione. Sa e sente che proprio lì ci sono persone che hanno bisogno di essere ascoltate da qualcuno che si preoccupi della loro formazione e di renderli consapevoli dei propri diritti umani. Pensano che si tratti di una fase, eppure Paulina non vuole date di scadenza.

Arrivata nella nuova scuola, si sente emozionata e sconfortata da un ambiente che non conosce, ma che rispetta. Una notte, dopo aver trascorso la serata a casa di una nuova amica, Paulina prende la bici per rincasare. Durante il tragitto, alcuni uomini la aggrediscono e la violentano.

Da questo momento, lo spettatore potrebbe iniziare a sentirsi a disagio e a non condividere le scelte della protagonista. Secondo Paulina, quando vi è povertà non esiste giustizia, ma solo colpevoli.

Per questo motivo, sarà lei stessa a indagare per sapere perché le è successo questo orribile fatto e non esita a tornare al lavoro e a cercare di scoprire chi è il colpevole. Una volta scoperto di essere rimasta incinta, Paulina prenderà una decisione inattesa che finirà con il mettere a dura prova la pazienza delle persone che la circondano.

Ma lei è fatta così, è una donna che prende le proprie decisioni senza pretendere per questo di essere considerata un’eroina, bensì mettendo la propria capacità di giudizio davanti a tutto.

Sebbene sia opinione diffusa credere che le donne si comportino tutte allo stesso modo dinnanzi a un evento traumatico, questo film sul femminismo ci ricorda che sono migliaia le donne che seguono il proprio istinto, senza pretendere di essere comprese da tutti.


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