Tutto su mia madre: i dimenticati

Tutto su mia madre: i dimenticati
Leah Padalino

Scritto e verificato la critica cinematografica Leah Padalino.

Ultimo aggiornamento: 11 ottobre, 2022

Si parla molto della visibilità delle donne a tutti i livelli, si comincia a parlare della visibilità delle persone trans, della nuova società multiculturale in cui viviamo, di un mondo dove nozioni di razza e di genere sono via via sempre più sfocate e le etichette stanno scomparendo. Questa nuova realtà viene  rappresentata soprattutto sul grande schermo, e uno dei grandi pionieri del cinema spagnolo in questo campo è sicuramente Pedro Almodóvar, e un riflesso di ciò è il suo film Tutto su mia madre.

Almodóvar propone storie facilmente parodiate, ma che riescono a commuoverci, a presentarci personaggi totalmente marginali ai quali assegna un ruolo importante. Almodóvar è affascinato dal naturalismo, dal catturare la realtà così com’è nel modo più oggettivo possibile; e da questo fascino, dalla lotta per la visibilità delle donne, nasce questo film.

Almodóvar mescola il tradizionale con il rivoluzionario, e se analizziamo la sua evoluzione scopriamo che con il passare del tempo i suoi film hanno preso colore. Il punk, l’anticlericale, i personaggi marginali, le donne, la cultura popolare, la movida di Madrid, i bolero e lo humor nero sono solo alcuni dei tratti distintivi del regista spagnolo. Tutto su mia madre unisce elementi comici con altri drammatici, ma cercando sempre di essere naturale. Il segreto? Un linguaggio colloquiale e vicino, il più fedele possibile alla realtà.

Contrariamente a quanto accade in molti film, in Tutto su mia madre il dramma non è la fine, non è l’esito, bensì l’inizio della trama. Perché nonostante la durezza del dramma, la vita continua per tutti, è una lotta costante e non sappiamo mai cosa ci aspetta.

Tutto su mia madre è un omaggio dichiarato a Un tram chiamato desiderio ed Eva contro Eva, il cui titolo originale in inglese, All about Eve, ovvero “tutto su Eva”. Almodóvar si ispira a queste storie e le modella nel film: l’intera trama di Tutto su mia madre è strettamente legata all’opera Un tram chiamato desiderio, si appoggia su di essa, si adatta e si mescola con l’opera teatrale.

È un film che offusca il concetto di genere, di donna, presenta una realtà diversa, ma non molto lontana; colorata, vicina, agrodolce e diretta. Tutto su mia madre è diventato un vero classico del cinema spagnolo, un’opera d’arte che ha vinto l’Oscar come miglior film straniero nel 1999.

“Una è più autentica quanto più somiglia all’idea che ha sognato di se stessa.”

Tutto su mia madre

Donne che ridono nel film Tutto su mia madre

I personaggi femminili in Tutto su mia madre

I grandi protagonisti di Tutto su mia madre sono donne, non appare quasi nessun personaggio maschile e, come è comune in molti film di Almodóvar, la figura paterna è oscurata o inesistente. Il film ruota attorno alle mamma, alle donne, qualunque sia la loro provenienza e la loro età. Almodóvar esprime molto bene le diverse realtà delle donne del tempo, i personaggi sono molto ben definiti e, sebbene siano caricature, raggiungono il loro scopo e ci mostrano una diversità sempre più quotidiana.

Manuela, Huma, Agrado e suor Rosa sono il quartetto principale di donne in questa storia. Donne molto diverse, piene di dialoghi potenti, con personalità molto marcate e diverse, ma tutte donne. Manuela è il motore della storia, è una donna emigrata dall’Argentina che trascorre i suoi primi anni a Barcellona con un uomo che poi cambierà sesso e si farà chiamare Lola. Dalla loro relazione nasce Esteban.

Manuela fugge a Madrid senza dire nulla a Lola su Esteban e inizia una nuova vita da infermiera. Il giorno del compleanno di Esteban va con lui a vedere l’opera Un tram chiamato desiderio, a cui si sente profondamente connessa; suo figlio, cercando di ottenere un autografo della protagonista Huma Rojo, rimane vittima di un tragico incidente e muore. Da questo momento in poi la vita di Manuela sarà legata a quella di Huma e la donna intraprenderà un viaggio verso il suo passato, verso Barcellona.

Ragazzo che scrive nel film Tutto su mia madre

Manuela è la rappresentazione di una madre, dell’amore incondizionato che le madri provano per i loro figli, ed è un chiaro esempio di lotta e di superamento. D’altra parte Huma all’inizio sembra una donna fredda e distante, alla quale la fama ha dato alla testa. Tuttavia, stabilirà una buona amicizia con Manuela e scopriremo una donna sensibile che soffre e che vuole sentirsi amata. Inoltre Huma ha una relazione con la sua co-protagonista, Nina, una giovane tossicodipendente con la quale vivrà alti e bassi.

Al suo arrivo a Barcellona ​​Manuela incontrerà una vecchia amica, Agrado, una donna autentica, anche se “fatta di silicone”. Può una persona il cui corpo è totalmente artificiale essere autentica? Agrado ci mostra che l’autenticità va oltre il fisico, è la donna che ha sempre sognato di essere; è una transessuale che ha creato sé stessa, è uno dei personaggi più interessanti del film. Agrado è una prostituta, ma assistiamo a un’incredibile evoluzione nel personaggio, che ci regala uno dei monologhi più memorabili di Tutto su mia madre.

Agrado è trasgressione, è la nota comica, l’autenticità; il suo linguaggio è volgare e diretto, carico di una naturalità che spaventa; Agrado è un esempio della nuova idea di genere, di quel “cancellare le etichette” di cui abbiamo parlato all’inizio.

Infine, suor Rosa è una giovane suora che vuole dedicare la sua vita ad aiutare gli altri; è giovane, insicura e ingenua e crede nella gentilezza altrui. Viene da una famiglia benestante e ha forti conflitti con la madre; in Manuela troverà la figura materna che sta cercando. Rosa, come Manuela, ha una relazione con Lola e rimane incinta, ma contrae l’HIV.

Donne molto diverse, provenienti da mondi diversi; personaggi molto vicini alla marginalità, ma molto naturali. Questo è ciò che ci presenta Tutto su mia madre.

Donne che parlano

Rompere i tabù

Tutto su mia madre rompe un’infinità di tabù: HIV, transessualità, omosessualità, differenze di genere, presa di potere delle donne, prostituzione, immigrazione… In breve, è un film che si avvicina alle persone che fanno parte dei “gruppi marginali”, gli eterni dimenticati.

Si avvicina all’altro lato della medaglia, ci racconta una storia che potrebbe sembrare molto atipica, ma ce la mostra in modo ravvicinato, entrando in empatia con le protagoniste. Uno dei problemi più delicati è quello dell’HIV, perché sembra che nella società attuale continui a generare panico. Sembra che una persona con l’HIV debba essere necessariamente qualcuno che si muove nel mondo della droga o della prostituzione.

Il personaggio che ha la malattia non è solo una donna, è anche una suora; una donna giovane, spagnola, di buona famiglia e che dedica la sua vita agli altri. Il film ci dimostra che chiunque può avere questa malattia, che la nostra origine non ci salva né ci libera davanti al destino.

Tutto su mia madre presenta una narrativa che vuole essere totalmente inclusiva. Queste donne rappresentano un volto della società e un modo di affrontare la vita, e tutte meritano un tributo.

“Ho sempre confidato nella gentilezza degli sconosciuti.”

-Tutto su mia madre-


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