Filosofia della conoscenza: ciò che sappiamo è vero?

Cosa sappiamo e cosa non sappiamo? Su cosa ci basiamo per dire che un'informazione è conoscenza? In questo articolo proveremo a rispondere a queste domande da un punto di vista molto particolare, quello di Gettier.
Filosofia della conoscenza: ciò che sappiamo è vero?
Laura Llorente

Scritto e verificato la filosofa Laura Llorente.

Ultimo aggiornamento: 22 dicembre, 2022

Possiamo davvero essere sicuri di sapere qualcosa? La Filosofia della conoscenza è la disciplina che studia tutto quello che riguarda la capacità di conoscenza: lo scopo che può avere, l’origine di ciò che sappiamo, la sua natura.

Già Platone, in una delle sue opere dedicate a questo argomento, Theaetetus, racconta di una discussione tra Socrate e Theaetetus. In quest’opera, spiega che l’unico modo per comprendere la conoscenza è definirla una credenza vera e giustificata.

Per molti anni, questa definizione è stata considerata vera (con alcune modifiche), fino all’arrivo del filosofo americano Edmund Gettier.

Profilo uomo direzioni.

Ciò che conosciamo secondo Gettier

Nel suo lavoro Is Justified True Belief Knowledge?, Gettier ha cercato di dimostrare che una credenza vera e giustificata potrebbe non corrispondere alla conoscenza. Come può essere? Come può non essere conoscenza credere, ad esempio, che ieri abbia piovuto perché cadeva acqua dal cielo e si è tornati a casa bagnati fradici dopo essersi fatti strada tra le pozzanghere?

A quanto pare, nell’esempio precedente, è anti-intuitivo dire che la nostra conoscenza di ciò che è accaduto è sbagliata. Ma Gettier ha introdotto alcune variabili per farci capire che una credenza, anche se giustificata, potrebbe essere sbagliata.

Immaginiamo di avere un amico, Marcos, che si è comprato un’auto sportiva X di colore rosso. Ieri è venuto a mostrarmela e mi ha dato un passaggio. Da questa esperienza posso dedurre che “un mio amico ha un’auto sportiva X rossa”.

Tuttavia, Marcos, che è una persona che cambia idea con facilità, vende quell’auto al nostro amico Emilio. La precedente proposizione “un mio amico ha un’auto sportiva X rossa”, anche se è vera, non genera una vera conoscenza in me perché l’amico a cui mi riferivo era Marcos. Stiamo traendo una conclusione corretta dalla premessa sbagliata.

Ma allora, che cosa sappiamo?

Nel caso di cui sopra, la nostra giustificazione presenta un problema, ma esiste; e presumibilmente è ciò che serve per formare la conoscenza: una giustificazione. Pertanto, per evitare tutte queste difficoltà, sarebbe necessario che anche la giustificazione fosse del tutto vera per poter parlare di conoscenza.

In questo modo avremmo bisogno di una giustificazione della giustificazione, e di una giustificazione della giustificazione della giustificazione, all’infinito. Gettier ci ha spinti dentro un ciclo senza fine.

Filosofia della conoscenza: Gettier non sa niente

Le prime reazioni alle obiezioni di Gettier costituirono un attacco a queste ipotesi, sostenendo che non erano veri contro-esempi alla definizione di conoscenza come credenza vera e giustificata.

Alcuni sostenevano che è possibile credere a qualcosa di falso in maniera giustificata (come nel caso dell’amico e dell’auto). Se la convinzione che ti permette di inferire che qualcosa è vero è falsa, non ci sarebbe alcuna giustificazione per credervi.

In questo modo, non essendo soddisfatte le tre condizioni del modello epistemologico classico (credenza, veridicità, giustificazione), non ci sarebbe conoscenza.

Donna sul divano che riflette.

Filosofia della conoscenza: riflettiamo su quello che sappiamo (e non sappiamo)

Immaginiamo che qualcuno sia chiamato a comparire davanti a un tribunale perché ha commesso una reato; in questo caso giudicarlo è giustificato. Ma, a volte, la giustificazione può essere sbagliata ed è per questo che viene portato in giudizio.

Non possiamo mettere questa persona in prigione perché, sebbene il processo sia giustificato, non c’è la certezza che l’accusato abbia commesso un crimine. Altrimenti perché passare per il faticoso e burocratico processo che porta al suo giudizio? Sarebbe molto più facile condannarlo direttamente. Questo è un chiaro esempio che nonostante possa esserci una giustificazione, non sempre vi è una certezza.

Immaginiamo un’altra situazione. Spesso ci fidiamo dei nostri sensi (del fatto di non trovare in essi alcuna anomalia). Se abbiamo buone ragioni per credere a qualcosa, crederci è giustificato. Ma potremmo biasimare qualcuno per essere caduto in errore di fronte a un’illusione ottica o un trompe-l’œil? Diremmo che quella persona non ha alcuna giustificazione per credere a ciò in cui crede?

Appare chiaro, in conclusione, che la giustificazione richiesta varierà a seconda dell’importanza della questione di cui ci occupiamo. Ma allora, che cos’è che sappiamo? La risposta a questa domanda si trova dentro di voi.


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