Gustav Klimt e la ricerca della verità psicologica
Gustav Klimt nacque a Vienna nel 1862. Di lui sappiamo che fu il fondatore della scuola di pittura Secessione Viennese, 1983. Inaugurò uno studio indipendente, specializzato nell’esecuzione di murales.
Mentre i suoi primi lavori sfoggiavano uno stile classico, tipico della pittura accademica della fine del XIX secolo, nel 1897 iniziò a prendere forma lo stile di Klimt più maturo, grazie alla fondazione della Scuola di Vienna. In essa lui e altri artisti riuscirono a ribellarsi all’arte accademica, puntando su uno stile particolarmente decorativo, che ricordava l’Art Nouveau.
Ecco perché si potrebbe dire di Klimt fosse in fondo un artista appartenente a quest’ultima corrente pittorica, movimento basato sulla creazione dell’arte innovativa, giovane e libera, ma soprattutto vera e reale. Ma perché? Cos’è che si nasconde davvero dietro alcuni dei dipinti più emblematici di questo artista?
L’arte è una linea intorno ai tuoi pensieri.
-Gustav Klimt-
L’Art Nouveau, corrente artistica del vero
Di certo Klimt era interessato al mondo dell’inconscio, ovvero alla comprensione di tutto quello che lo spingeva a dipingere un soggetto piuttosto che un altro.
A quelle forze o a quelle motivazioni che lo smuovevano dentro, che lo spingevano a dipingere lo stesso soggetto più e più volte, con gli stessi colori, le stesse forme e le stesse figure. Un artista interessato anzitutto alla psicologia dietro la sua stessa forma d’arte, e che poi influiva sui processi mentali dello spettatore.
Secondo un articolo pubblicato dal ricercatore e professore della Columbia University,Erik Kandel, anche direttore dell’Istituto Kavli di Neuroscienze, alcuni artisti come Klimt, nelle loro pitture ci parlano dei loro pensieri, del cervello di chi dipinge, ma anche di chi osserva e delle motivazioni che spingono l’artista a farlo.
Uno studio di ricerca che ha poi ispirato il libro The Age of Insight, e che ha l’obiettivo di fare chiarezza su quello che gli artisti di oltre cento anni fa possono insegnarci sul cervello umani.
Un libro in cui vengono poste domande come: “cosa spinge un artista a dipingere un’opera piuttosto che un’altra?”, oppure “Come reagisce lo spettatore?”.
Vengono presentate rivelazioni riguardo ad aspetti psicologici e neurologici su come vediamo e percepiamo l’arte, come pensiamo e sentiamo o come creiamo opere d’arte.
Gustav Klimt e il suo amore per la sessualità femminile
Come spiega Kandel nel suo rapporto, Gustav Klimt era il pittore dell’inconscio; aveva una certa consapevolezza della sessualità femminile e fu in grado di arricchire la nostra conoscenza della stessa.
Apprezzava che le donne avessero una vita sessuale indipendente da quella degli uomini. A tal proposito riuscì a capire che la sessualità non è un puro impulso che esiste da sé, ma può fondersi con l’aggressività.
Inoltre, Klimt era un appassionato di biologia, leggeva Darwin e assisteva alle conferenze e alle dissezioni del medico austriaco Rokitansky.
Osservava al microscopio e fu così che riuscì a integrare immagini di cellule e altre strutture nei suoi dipinti. Proprio a ciò si devono le numerose forme ovali nei suoi dipinti che rappresentavano gli ovuli, mentre i rettangoli rappresentano gli spermatozoi.
Tutto questo è visibile nel dipinto Il bacio, ma molto più esplicitamente nella pittura di Danae, in cui Zeus versa su Danae una pioggia di monete di oro. I simboli rettangolari indicano che le monete, in realtà, sono sperma e lei è una macchina da riproduzione.
Così, man mano che lo spettatore si muove da sinistra a destra sulla tela, Danae trasforma lo sperma rettangolare e gli ovuli circolari in embrioni fertilizzati, simbolo di concepimento.
Una delle pietre miliari del pensiero psicanalitico è che il modo per esplorare l’inconscio delle altre persone è esplorare prima il proprio. Freud studiava allora l’interpretazione dei sogni e Klimt sognava, e sognava donne; ecco perché dipingeva esclusivamente donne.
Tutta l’arte è erotica.
-Gustav Klimt-
Le reazioni dello spettatore a un’opera d’arte
L’amore per l’arte è associata a una serie di sistemi cerebrali, ma a influire particolarmente è la dopamina, sostanza cerebrale che regola quasi tutte le componenti del piacere suscitato da un’opera d’arte. Un sistema composto da amore, dipendenza, pranzo, sesso e, in generale, da qualunque rinforzo positivo e piacevole.
Lo psicanalista e storico dell’arte Ernst Kris e lo storico dell’arte Ernst Gombrich hanno spiegato che qualunque opera d’arte è intrinsecamente ambigua: ognuno di noi mette in atto diverse interpretazioni, quelle che albergano nella nostra memoria e che utilizziamo per interpretare la realtà e anche per dare origine a nuove idee.
Questa convinzione era in sintonia con l’ipotesi che il cervello sia una macchina creativa. Ecco dunque che, secondo la ricerca di Erik Kandel, se mostrassimo a qualcuno l’oggetto del proprio amore, le cellule dopaminergiche si attiverebbero notevolmente.
E se venissimo rifiutati da qualcuno che amiamo e ci venisse mostrata una foto di quell’amore non corrisposto, la risposta cellulare sarebbe ancora più “selvaggia”. E tutto questo è vero tanto quanto la vita stessa.
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