Il disturbo di elusione esperienziale
La nostra è l’epoca della cultura della felicità, quella in cui bisogna essere felici a tutti i costi, qualunque cosa accada. Il problema è che quando non riusciamo a essere felici, ci sentiamo frustrati e tristi e, di conseguenza, peggioriamo la nostra situazione. In questo articolo parleremo del disturbo di elusione esperienziale.
La cosa certa è che la felicità, o meglio, il benessere emotivo non è permanente. Non possiamo dire a noi stessi: “Sono felice!”, perché non corrisponde al vero.
La felicità non è un modo di essere, ma una condizione. È più sensato dire: “A volte sono felice e a volte non lo sono”. Le emozioni vanno e vengono in base a diverse variabili.
Cercare di stare sempre bene da un punto di vista emotivo è un’illusione che ci procura una profonda sofferenza. Per esempio, quando cerchiamo di sentirci meno ansiosi o meno tristi, per qualche ragione, aumentiamo il nostro disagio. La pressione psicologica che esercitiamo su noi stessi quando vogliamo stare bene o essere felici è il modo perfetto per non sentirci a nostro agio. È un paradosso, ma l’evitamento emotivo porta inevitabilmente a un aumento di quelle emozioni dalle quali vogliamo fuggire.
Immaginate di trovarvi in mezzo all’oceano su una zattera circondata dagli squali e che qualcuno vi dica di non innervosivi perché c’è il rischio di cadere in mare in mezzo agli squali. Cosa pensate che accadrà? Sicuramente quel divieto vi renderà ancora più nervosi. La verità è che non è naturale inibire l’ansia in quelle circostanze.
In quel contesto, la cosa più logica da fare è accettare e sperimentare l’ansia in tutte le sue sfaccettature. Lasciate spazio a questo sentimento e aspettate che la vostra mente si abitui in modo naturale, senza forzature, a questa emozione (se è l’unica cosa che potete fare).
Il disturbo di elusione esperienziale è caratterizzato dalla tendenza a voler dare costantemente priorità ai sentimenti positivi (al sentirsi bene) e ad agire in modo tale da ottenere un benessere immediato. Spieghiamo più chiaramente di cosa si tratta.
Il disturbo di elusione esperienziale
La terapia dell’accettazione e dell’impegno (ACT, Acceptance and Commitment Therapy) rifiuta i sistemi tradizionali di classificazione diagnostica. Considera come unico elemento di analisi il comportamento dell’individuo in un determinato contesto. In questa terapia, il concetto di psicopatologia si individua attraverso il cosiddetto disturbo di elusione esperienziale.
L’elusione esperienziale crea un modello comportamentale inflessibile. Si parte da un modello verbale che tende a evitare a tutti costi i termini che riguardano la sofferenza. Per questo motivo, bisogna analizzare gli eventi personali, le sensazioni, i sentimenti e le circostanze che la generano.
Il tentativo di controllare tutto, attraverso l’uso di ansiolitici, alcol o qualsiasi forma di evitamento emotivo che va incontro ai nostri valori personali ci porta a essere intrappolati in un continuo malessere.
La persona che soffre di disturbo di elusione esperienziale rifiuta sistematicamente i sentimenti negativi, non vuole sperimentarli o sentirne parlare in nessuna circostanza. Dice spesso a sé stessa che provare delle emozioni negative è terribile e doloroso e che bisogna essere sempre felici: si considera “strana” se si sente triste per qualcosa e si preoccupa del giudizio degli altri se dovessero vederla ansiosa.
Tutti questi pensieri fanno sì che il soggetto cerchi di controllare le proprie emozioni in fretta e alla buona. Il problema è che il controllo emotivo è momentaneo e in breve tempo il disagio si manifesta nuovamente con più forza.
La persona che soffre di disturbo di elusione esperienziale alza delle barriere nei confronti delle proprie emozioni in modo da non poterle sentire. All’inizio tutto sembra funzionare, ma col tempo, le barriere crollano e le emozioni tornano ancora più forti.
Cosa si può fare se si soffre di questo disturbo?
Chi soffre del disturbo di elusione esperienziale e vuole superare il problema, deve comprendere che la sofferenza fa parte della vita. Non bisogna tormentarsi, bensì accettare che il disagio emotivo è una sensazione provata da tutte le persone per il semplice fatto di essere vive.
La vita ha dei momenti piacevoli e dei momenti difficili e, per ognuno di essi, è normale provare diversi tipi di emozioni.
Ad esempio, se il mio partner mi ha lasciato dopo cinque anni di relazione, non è logico andare a cercare disperatamente un’altra relazione per paura di stare male o rimanere da solo. Bisogna sperimentare il dolore causato dalla perdita. Questo è il modo migliore per assimilare quello che ci è accaduto e imparare per il futuro.
Se alziamo delle barriere o assumiamo dei comportamenti di difesa per non soffrire a breve termine, l’unica cosa che otterremo sarà di interrompere momentaneamente il dolore. Poi, però, finiremo per soffrire di più.
Quindi, la prima cosa da fare è abbracciare i propri demoni e vivere le proprie emozioni e i propri sentimenti, qualunque essi siano.
Sappiamo tutti che l’ansia e la tristezza sono due sentimenti sgradevoli che preferiremmo non provare mai. Ma è anche vero che la vita non va sempre come vorremmo e, inevitabilmente, ci ritroviamo spesso a dover affrontare e superare dei momenti difficili.
Sarebbe opportuno dire a sé stessi: “Oggi sono ansioso, ma non fa nulla. L’ansia non è un male di per sé, è solo un sentimento spiacevole”. Oppure: “Imparerò a convivere con la mia tristezza. Non mi piace, ma non mi ucciderà”. Questo tipo di pensieri sono più realistici e ci permettono di affrontare la situazione.
È anche importante conoscere i nostri valori e sapere quali sono i nostri obiettivi nella vita. In questo modo, potremo cercare di raggiungerli indipendentemente dalle nostre emozioni. Le emozioni non devono limitarci. Una cosa è provarle quando ci capita qualcosa, un’altra è esserne schiavi.
Le emozioni, positive o negative, possono accompagnarci nella vita quotidiana come lo fanno un mal di testa, il freddo d’inverno o le notizie sui giornali. Se sappiamo cosa vogliamo per il futuro, a breve o lungo termine, agiremo, invece di provare malessere e disagio.
Cercare di raggiungere gli obiettivi prefissati, qualunque essi siano, dipende solo da noi. Non permettete che i pensieri negativi o le vostre ossessioni influenzino la vostra vita. Quando imparerete a prendere le distanze e a convivere con essi, si allontaneranno gradualmente.
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- Ruiz, M.A., Díaz, M. I., Villalobos, A. (2012). Manual de Técnicas de Intervención Cognitivo Conductuales. Desclée De Brouwer, S.A