Il Marchese de Sade, un'icona del male

Le opere letterarie del Marchese de Sade lo hanno reso un'icona del male. Descrive in esse diverse perversioni sessuali, che non fu egli a inventare. Non gli fu perdonato, però, di aver esposto pubblicamente pratiche segrete.
Il Marchese de Sade, un'icona del male
Sergio De Dios González

Revisionato e approvato da lo psicologo Sergio De Dios González.

Ultimo aggiornamento: 28 marzo, 2023

Il Marchese de Sade è un personaggio cha ha suscitato numerose leggende, la maggior parte delle quali false o prive di fondamento. In fondo, il suo grande “peccato” fu quello di scrivere sul sesso sfidando i tabù e le ipocrisie del suo tempo.

Se ciò che scriveva fosse stato assurdo o folle, sarebbe stato ignorato. Al contrario, le reazioni dure e violente nei suoi confronti fanno pensare che le sue opere non fossero poi così inverosimili e che in realtà trattassero solo argomenti di cui nessuno voleva parlare.

“Il vostro corpo è la chiesa dove la Natura chiede di essere riverita.”

-Marchese de Sade-

Il Marchese de Sade è passato alla storia perché ha dato il nome a una perversione sessuale: il sadismo. Quest’ultimo è definito come l’ottenimento del piacere sessuale attraverso atti di crudeltà nei confronti di un’altra persona. Non è esattamente ciò di cui ci parlano le opere del marchese, tuttavia, è passato alla storia per questo motivo.

L’infanzia e la giovinezza del Marchese de Sade

Il nome intero del Marchese de Sade è Donatien Alphonse François de Sade. Nacque a Parigi il 12 giugno 1740. Proveniva da una famiglia nobile imparentata con la dinastia dei Borbone. Dato il lavoro del padre, che era un diplomatico, a partire dai quattro anni fu affidato alla nonna e alle zie paterne.

In seguito, uno dei suoi zii, Jaques François Paul Aldonce de Sade, libertino riconosciuto, lo portò con sé e si occupò della sua educazione. Il Marchese de Sade ebbe come tutore Jacques François Amblet, che lo accompagnò per gran parte della sua vita.

A soli 16 anni, partecipò a una delle battaglie della Guerra dei Sette Anni. La sua prestazione eccezionale lo fece diventare capitano di cavalleria della Borgogna. Tornato a Parigi, fu costretto a sposare Renèe-Pélagie Cordier de Launay de Montreul, nonostante fosse innamorato di un’altra giovane donna. Poco dopo il matrimonio iniziarono gli scandali.

Ritratto del Marchese de Sade.

La leggenda nera del Marchese de Sade

Subito dopo il matrimonio, il Marchese de Sade iniziò la sua carriera come scrittore. Nel 1763 fu arrestato per 15 giorni per aver prodotto uno scritto con contenuti altamente sessuali. In quel periodo, inoltre, aveva diverse amanti e si circondava di prostitute.

Due anni dopo, avvenne il famoso scandalo di Arcueil. Secondo la prostituta Rose Keller, il Marchese de Sade l’aveva frustata e torturata. L’evento ebbe grande risonanza e nacque una sorta di leggenda popolare in cui emersero così tanti dettagli non verificati da non sapere più cosa fosse accaduto davvero. Ciononostante, il marchese trascorse sette mesi in prigione.

In seguito, vi fu il cosiddetto “caso Marsiglia”. Il Marchese de Sade fu accusato di sodomia e di aver tentato di avvelenare delle prostitute. In realtà, aveva dato loro un afrodisiaco durante un’orgia.

Sebbene nessuno fosse morto, ricevette l’accusa di tentato omicidio, fu arrestato e condannato a morte. Scontò  una pena di 13 anni, prima a Vincennes e poi alla Bastiglia. Ciò influì notevolmente sulla sua salute.

Libro aperto.

Una fine crudele

Dopo la Rivoluzione francese, il Marchese de Sade trascorse un periodo in manicomio prima di essere rilasciato. Uscì di prigione all’età di 51 anni dopo aver subito molte violenze fisiche. Nel periodo del Regime del Terrore, Robespierre lo condannò nuovamente a morte, ma il marchese si salvò miracolosamente dalla ghigliottina. Dopo il periodo passato in prigione, il Marchese si trovò in una condizione di miseria assoluta.

Le sue opere suscitavano enorme scandalo, perché descrivevano stupri, parafilie e ogni tipo di perversione sessuale. Lo stesso Napoleone bruciò il romanzo Justine o le disgrazie della virtù definendolo “il libro più abominevole mai scritto”. In quel periodo molti scritti del marchese furono distrutti e così gran parte del suo lavoro andò perduto.

Nel 1801, il regime napoleonico lo accusò di “follia sfrenata” e lo confinò in un manicomio. Quando morì nel 1814, la famiglia bruciò ciò che restava delle sue opere.

Diverse generazioni di scrittori appartenenti alla corrente surrealista rivalutarono le opere del marchese attribuendo esse un grande valore. Oggi, le opinioni sulle sue opere non sono unanimi. Mentre Breton lo chiamava il “divino marchese”, Bataille definiva il suo lavoro un’apologia del crimine.


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  • González-Torre, Á. P. (2006). La sombra de la Ilustración: tres variaciones sobre Sade. Ed. Universidad de Cantabria.

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