Il prodigio: l'eterno dibattito tra scienza e religione

Il film "Il prodigio" parla di un fatto davvero accaduto. Le "bambine che non mangiavano" in epoca vittoriana acquisirono fama e popolarità perché riuscivano a resistere dei mesi, persino degli anni, senza mangiare (o almeno, così si pensava). Cosa si nasconde dietro questo fenomeno?
Il prodigio: l'eterno dibattito tra scienza e religione
Valeria Sabater

Scritto e verificato la psicologa Valeria Sabater.

Ultimo aggiornamento: 18 gennaio, 2023

Chiunque creda che il film Netflix Il prodigio abbia come unico obiettivo quello di raccontarci semplicemente una storia avvenuta nel 1862 si sbaglia. Ci sono storie, messaggi e concetti che sono ciclici, che si ripetono e che sono radicati nell’essenza della nostra umanità. Ci riferiamo a quell’eterno confronto tra fanatismo e scienza, tra fede e ragione.

Questa produzione diretta da Sebastián Lelio e interpretata da una straordinaria Florence Pugh ci racconta la storia dell’infermiera Lib Wright, la cui missione è recarsi in una piccola città dell’Irlanda per osservare una ragazza che, presumibilmente, non mangia da quattro mesi. Nonostante questo digiuno permanente, la preadolescente sembra godere di buona salute.

Il prodigio è tratto dal romanzo della scrittrice Emma Donoghue ( The Wonder, 2016). Così, se è vero che né la storia né i personaggi di Lib Wright e Anna O’Donnell sono realmente esistiti, il fenomeno delle ragazze che “rimangono senza cibo” è stato un fatto autentico ed è ben documentato.

Questo film ci porta una storia, una metafora di fervida attualità in cui è impresso un messaggio importante. Viviamo in un mondo in cui, a volte, la verità non è rilevante o presa in considerazione. Conta quello che ognuno vuole credere, anche se questo porta a complotti, fanatismo e menzogne.

Nell’Ottocento erano molte le giovani donne che, spinte dalla chiusura della loro fede, avrebbero smesso di mangiare al punto da essere viste dalla società come creature divine.

Il prodigio
Anna O’Donnell è una ragazza che, intrappolata nel fanatismo della religione e nel peso del trauma, smette di mangiare.

Il prodigio e la storia delle digiunatrici

Il prodigio inizia come un invito. Lo spettatore è guidato dal nostro presente a uno scenario passato, indicando che “senza storie, non siamo niente”. Quella piccola pennellata è la chiave per catturare l’essenza di questa produzione che, come abbiamo sottolineato, non cerca solo di portarci un’esperienza unica avvenuta nell’Irlanda del XIX secolo.

Ogni storia ha lo scopo di invitarci a riflettere, e per questo è necessario vedere questo film da una prospettiva più ampia, più sensibile e critica. A tal fine è necessario camminare mano nella mano con l’infermiera Lib Wright, che insieme a una suora, ha la responsabilità di capire come riesca una ragazza a sopravvivere senza mangiare.

È importante anche evidenziare lo scenario psicosociale che circonda la giovane Anna O’Donnell. Sia la famiglia, sia i vicini del paese, la chiesa e persino i medici stessi vedono questo fenomeno con ammirazione e devozione. La ragazza è santa, la ragazza si nutre di manna dal cielo e non c’è altra spiegazione che divina. Nel bel mezzo di questa situazione, l’infermiera Wright assiste al lento ma inevitabile declino fisico della bambina.

La storia delle ragazze che non volevano mangiare

Le ragazze che digiunavano esistevano e fu in questo contesto in cui alcune ragazze si rifiutavano di mangiare che apparve per la prima volta il termine anoressia. Fu tra il 1810 e il 1870 che emersero nomi come Ann Moore e Sarah Jacob. Ragazze che, spinte dal fanatismo religioso, dicevano di non aver bisogno di cibo perché erano state scelte da Dio.

Queste ragazze divennero piuttosto famose, al punto che era comune visitarle e lasciare regali (a volte ingenti donazioni finanziarie). Era ovvio che le famiglie venivano nutrite quando non c’erano testimoni in giro. Tuttavia, ci sono stati casi davvero drammatici. La piccola Sarah Jacob finì per morire di fame mentre un’infermiera la osservava e studiava il suo caso.

Gli ultimi casi furono descritti alla fine dell’Ottocento, quando la prospettiva scientifica iniziò a prevalere sulla religione e sulla fede. Sebbene in alcune regioni del Regno Unito più rurale, le donne che digiunavano continuavano ad attrarre accoliti e devoti ciechi che riaffermavano la loro verità. Quella in cui dare verità a fanciulle sante capaci di stare anni senza mangiare grazie alla potenza del divino. Alla “manna”.

Il prodigio è una storia su un trauma nascosto e sull’uso della religione e del fanatismo per eliminare un presunto peccato.

Il prodigio
La religione a volte funge da strumento di tormento e punizione per i presunti peccati commessi da ciascuno, anche se è solo un bambino.

La frode, il fanatismo e la fragilità della verità

Non vogliamo svelare le interessanti complessità finali con cui culmina il film di El prodigio. Ora, possiamo sottolineare che questa produzione ci parla di traumi psicologici e di come la religione agisca come punizione per eliminare ciò che è inteso come peccato. L’infermiera Lib Wright diventa quella figura incaricata di sfidare i dogmi, di portare luce all’irragionevolezza.

Tuttavia, quando la protagonista finalmente fa emergere la verità, nessuno vuole sentirla. Perché pesa di più la storia della fede, perché regna il fanatismo e nessuno vuole strappare quel velo magico e miracoloso che da anni si è instaurato in questi luoghi. Anche in quelle menti che bollano come eretici coloro che difendono la scienza, trincerandosi nel loro dogma fino al punto di far morire una ragazza innocente.

In quell’Irlanda dell’Ottocento i social network non esistevano come oggi, ma anche la disinformazione si diffondeva come un virus, come il manto di nebbia che oscura tutto attraverso argomenti assurdi e complottisti.

La verità, indipendentemente dal tempo o dalle circostanza, è solitamente eternamente violata e messa in discussione. A volte per religione, altre per sottili interessi e quasi sempre per ignoranza.


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  • Breslau, N., Wilcox, HC, Storr, CL, Lucía, VC y Anthony, JC (2004). Exposición al trauma y trastorno de estrés postraumático: un estudio de jóvenes en las zonas urbanas de Estados Unidos. Revista de salud urbana: boletín de la Academia de Medicina de Nueva York , 81 (4), 530–544. https://doi.org/10.1093/jurban/jth138.

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