Lullaby: il volto nascosto della maternità
“Congratulazioni! Congratulazioni! Che benedizione!” Sono espressioni comuni rivolte a una donna che annuncia di essere incinta, soprattutto se è la prima volta. Facce allegre, sorrisi, doni e, in generale, un’aura di gioia e felicità sono solitamente la prima cosa che viene in mente quando si parla di maternità. “Lullaby” porta sul grande schermo questa situazione.
In effetti, avere un figlio o una figlia è una grande gioia per molti. “Non proverai mai un amore uguale” dicono di solito. “Ti cambia la vita.” E, in effetti, lo fa, ti cambia la vita in modo trasversale. Avere un figlio può essere l’origine di tanti momenti di gioia, ma è anche un processo complesso e contornato da alcune esperienze poco piacevoli per le donne, e che sono ancora invisibili.
Sembra che tutti siamo consapevoli che la gravidanza è un momento in cui avvengono molti cambiamenti a diversi livelli. Ecco perché, come società, proteggiamo le donne incinte e siamo empatici con loro. Ma, una volta partorito, questi cambiamenti continuano ad esistere ed è in questo momento che la donna affronta una circostanza nuova ed estranea, non sempre così bella come potrebbe sembrare.
È su questo volto nascosto della maternità, il volto poco gentile che vivono le donne, spesso in solitudine, che ruota la trama del film Lullaby (titolo originale “Cinco lobitos”), del regista e sceneggiatore Alauda Ruíz de Azúa. In esso, Amaia (interpretata da Laia Costa) affronta una maternità nuova di zecca, molto lontana da quello stereotipo di maternità edulcorata che risiede nel nostro immaginario collettivo.
La maternità protagonista di “Lullaby”
La trama di Cinco Lobitos inizia quando Amaia e Javi (Mikel Bustamante) hanno la loro prima figlia. A completare il cast troviamo Begoña (Susi Sánchez) e Koldo (Ramón Barea), i genitori di Amaia, che accompagnano la coppia durante i primi giorni del loro arrivo a casa dopo essere usciti dall’ospedale.
Poco dopo essere diventato padre, Javi deve recarsi all’estero per alcune settimane. Amaia, sopraffatta dall’essere cresciuta in solitudine, decide di trasferirsi temporaneamente a casa dei suoi genitori. Il film però ha un protagonista chiaro e questo non è Amaia, né Javi, né Begoña né Koldo, né tutti loro in modo corale, la protagonista indiscussa del film è la maternità e il suo volto invisibile.
Fin dai primi minuti del film, la maternità assume la carica emotiva e comincia a ritrarsi. Attraverso il personaggio di Amaia vediamo una maternità giovane e per la prima volta. Con un partner assente per lavoro e una situazione lavorativa instabile per la difficoltà di conciliazione, il sovraccarico emotivo e fisico comincia a farsi sentire su di lei.
Amaia si sente sopraffatta, esausta, irritabile, sola e impaurita. La sua svolta arriva quando, dopo aver distolto lo sguardo per qualche secondo, sua figlia cade dal divano a terra. Evento dopo il quale deciderà di trasferirsi nella sua città natale e rivolgersi alla madre come principale sostegno. Attraverso Amaia scopriamo che crescere un figlio significa anche sensi di colpa, tristezza, momenti di debolezza, solitudine, pretese e incomprensioni.
Lullaby: le sfaccettature di una realtà
Un altro dei volti di questo protagonista incorporeo si rivela attraverso Begoña, la madre di Amaia. Begoña ci presenta una maternità di una generazione diversa. Uno in cui le donne, madri o meno, portavano un grande fardello sulle spalle e mancavano di risorse e sostegno.
Begoña ha affrontato una maternità single, portando il giogo del maschilismo del suo tempo, con un marito presente, ma non coinvolto e in una società basca chiusa in cui non poteva sfogarsi. Con il suo personaggio scopriamo che i sensi di colpa o i rimpianti sono ancora presenti, anche se i tuoi figli sono già adulti.
Il film ci mostra che la maternità è una corsa a lunga distanza dove non c’è un traguardo. La carica emotiva continua nel tempo.
Attraverso i due personaggi femminili del film e le loro relazioni, si evince che ci sono sentimenti negativi che sono praticamente inerenti alla maternità e che questo non è affatto quel sentiero di rose che è stato dipinto per noi.
Altri tabù nascosti e come affrontarli
Dal giorno in cui una donna decide di diventare madre, sono molti i giudizi e i tabù che deve affrontare. Questi iniziano anche prima del concepimento.
Agli ostacoli della maternità si aggiungono le pressioni esterne. Ricevere costantemente opinioni non richieste sull’educazione che darai al tuo bambino. Giudizi su tutto ciò che riguarda l’allattamento al seno, che tu decida di farlo o meno. Le vessazioni dei parenti che, pur carichi di buone intenzioni, ostacolano più che aiutare. L’imposizione di oneri aggiuntivi per essere una donna. Critiche alle tue decisioni di madre.
Lullaby e la maternità
Fortunatamente, ci sono meccanismi che possono aiutarvi a condurre la vostra nuova vita in un modo più piacevole e piacevole. Tanto per cominciare, il fatto che il volto nascosto della maternità stia ora diventando visibile è un grande passo a livello sociale. Condividendo le proprie esperienze e demistificando la maternità, le donne trovano conforto e sostegno, liberandosi così dall’incomprensione che si portano dietro.
Un altro fattore su cui si può lavorare è la delega delle responsabilità. La delega alleggerirà il peso fisico ed emotivo dell’essere madre. Sebbene complicato, è anche necessario imporre dei limiti a chi ritieni stia giudicando la tua genitorialità o chi è più invadente di quanto sei disposto a tollerare. Accettare che, come ogni essere umano, commetterete degli errori può aiutarvi ad alleggerire il senso di colpa.
Siete una madre e siete responsabile della cura del vostro bambino, ma ricordate che siete anche persone indipendenti, con le vostre esigenze da soddisfare.
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