Incontinenza urinaria da urgenza (key in lock syndrome)

La sensazione di non poter trattenere la pipì, che aumenta quanto più ci avviciniamo al bagno... Come viene spiegata dalla scienza?
Incontinenza urinaria da urgenza (key in lock syndrome)

Ultimo aggiornamento: 12 agosto, 2020

Vi sarà successo durante una riunione, concentrati su una questione importante, di non aver tenuto conto del fatto (o di non esservi accorti) che si avvicina il momento in cui non riuscirete più a trattenere la pipì. Stiamo parlando dell’incontinenza urinaria da urgenza conosciuta come key in lock syndrome o sindrome del chiavistello.

Salite in macchina, continuate a pensare alla riunione, accendete la radio, arrivate a casa e parcheggiate. Ed è a questo punto, quando scendete dall’auto e prendete le chiavi di casa che la voglia di urinare aumenta e sentite che la vescica è sul punto di scoppiare.

Quei 200 metri che vi separano dalla porta di casa sembrano interminabili. Sì, interminabili: cercate di rilassarvi, di camminare più in fretta, ma a volte non serve. E poi, il culmine della disperazione, il momento in cui aprite il portone e l’ascensore – come vuole la legge di Murphy – è fermo al dodicesimo piano.

Questo ritarda la minzione di un paio di minuti. Quando salite in ascensore, la sensazione di urgenza accresce fino a quando infilate le chiavi nella serratura, ed è come aprire la porta del paradiso.

Vi dirigete dritti al bagno verso l’oggetto del desiderio: quel trono che vi concede il piacere immenso di svuotare la vescica torturata e, cosa più importante, che scongiura il pericolo di farsi la pipì addosso.

Donna seduta sul wc.

Lo stesso avviene con la motilità intestinale. Sembra tutto sotto controllo fino a quando non avvertiamo uno stimolo urgente, ma il bagno è lontano.

Aumentano subito l’ansia e la tensione, prodotte da un’attenzione concentrata sul nostro “bisogno”. Anche i più esigenti e schizzinosi in fatto di igiene, che mai entrerebbero in un bagno pubblico, si accontentano di qualunque bagno, pulito, sporco, disgustosamente antigienico, ecc.

L’immagine della disperazione che si prova davanti alla porta di casa, così come la ricerca affannosa del bagno pubblico si applica a entrambi i bisogni. La domanda è: perché questa incapacità di trattenere la pipì proprio quando si è vicini alla meta? Quali sono i meccanismi che aumentano il desiderio di eliminare le sostanze di scarto e come si attivano?

Siamo un’unità

Esiste una profonda connessione tra bisogno fisiologico, organo (vescica o intestino), mente e corpo, attenzione e allerta, contesto situazionale ed emozioni (ansia, tensione, disperazione).

La verità è che se stilassimo un elenco delle azioni che si fanno non appena varchiamo la soglia di casa, andare in bagno vincerebbe senza dubbio. Potrebbe sembrare una questione di poca importanza, ma anche questo ha una spiegazione scientifica, in modo più specifico neurofisiologica, biochimica, emozionale e cognitiva.

Innanzitutto, dobbiamo tenere conto del fatto che tendiamo e a dissociare il corpo dalla mente. La dicotomia cartesiana continua a persistere in noi, come un germe che non muore mai.

Le neuroscienze, tuttavia, e in modo particolare la psicoimmunoneuroendocrinologia, hanno dimostrato che siamo un corpo e una mente. E che nessuno di questi sistemi – immunitario, endocrino o nervoso – funzionano in modo separato. Ed è qui che troviamo spiegazione a un fenomeno che potrebbe apparire triviale.

Il punto di vista scientifico sull’incontinenza urinaria da urgenza

Nel momento in cui ci avviciniamo alla meta si verificano una serie di cambiamenti biochimici. All’inizio, sopraggiunge la consapevolezza che la vescica o l’intestino sono pieni e, quindi, lo stato di allerta. Rivolgere l’attenzione su ciò accelera il bisogno di andare in bagno. Quanto più ci si concentra, più si attiva.

D’altra parte, la vicinanza a casa, il luogo in cui troviamo sicurezza e tranquillità, accelera il tutto. Si tratta senz’altro di una situazione stressante che, sommata ai meccanismi della paura (di non trattenere la pipì), attiva adrenalina e cortisolo, tensione ansiogena dei muscoli addominali e l’accrescere di un’idea fissa: la toilette.

La sensazione di non riuscire a trattenere la pipì davanti alla porta di casa ha un nome: sindrome del chiavistello o incontinenza urinaria da urgenza, che si estende anche al bisogno di andare di corpo. Questo fenomeno mostra la connessione tra la vescica, l’intestino (o più precisamente l’apparato gastro-intestinale) e il cervello. La vescica associa lo stimolo al rientro a casa e ciò attiva l’urgenza.

Incontinenza urinaria da urgenza: altre spiegazioni

L’immagine delle chiavi che tintinnano mentre cerchiamo di aprire la porta di casa richiama alla mente il campanello di Pavlov. Tale fenomeno rimanda dunque ai riflessi condizionati.

Questo tipo di incontinenza è paragonabile alla salivazione del cane di Pavlov. Nel suo esperimento, lo psicologo russo offriva del cibo a un cane e contemporaneamente faceva suonare una campanella. Dopo un certo numero di volte, il cane salivava al solo suono della campanella, anche in assenza di cibo.

Associamo il bagno ai nostri bisogni fisiologici e ciò attiva la consapevolezza delle nostre sensazioni corporee, ovvero la voglia di andare in bagno”, afferma il dottor Héctor Galván, direttore dell’Istituto di Psicologia di Madrid.

Uomo con mano sulla fronte per la incontinenza urinaria da urgenza.

I fattori ambientali

Ghei e Malone-Lee hanno identificato 4 fattori ambientali in grado di produrre il bisogno urgente di urinare. Alzarsi la mattina, le chiavi nella serratura, l’acqua che scorre dal rubinetto e il freddo fanno la differenza tra “non la trattengo più” e “oops, mi sono fatto la pipì addosso”. Hanno anche notato che la preoccupazione e la stanchezza aggravano questo stato.

Per esempio, sentire il rumore dell’acqua che scorre ricorda l’azione di urinare nel water. Udire un rumore simile a quando espelliamo l’urina crea un’associazione immediata, fatto che produce un aumento della contrattilità del muscolo della vescica (il detrusore).

D’altra parte, tre ricercatori della Columbia University (Victor, O’Connell e Blaivas) hanno condotto uno studio pilota per valutare i fattori ambientali che possono fungere da stimolo e provocare riflessi condizionati. I risultati sono in parziale accordo con le ricerche di Ghei e Malone: al primo posto, alzarsi la mattina; al secondo trovarsi vicino al bagno (88%); al terzo, avere la vescica piena (76%) e al quarto posto, aprire la porta di casa (71%).

Avvertiamo il bisogno di fare pipì con 150 o 200 ml di urina nella vescica. E quando la vescica è molto piena, uno starnuto, un colpo di tosse o una risata possano causare una perdita.

Non tutto è perduto: controllare l’irrefrenabile voglia di urinare è possibile. 

Sarà sufficiente calmarsi, ridurre l’ansia, non pensare di essere vicini al bagno, “defocalizzare” o distrarsi pensando a qualcos’altro. Tutto questo aiuta a controllare lo stimolo. Naturalmente senza esagerare, per la salute della nostra vescica e dell’intestino.

In fondo, è tutto nel nostro cervello che, come un condottiero, modella, costruisce e destruttura la realtà in un gioco di squadra. Una sinergia a cui partecipano la mente, il cervello, le emozioni, i pensieri e tutti gli organi del nostro corpo.


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