Intuizione e istinto: capacità potenti, ma diverse
Intuizione e istinto non sono sinonimi. Mentre il secondo dà forma a una condotta che ci permette di sopravvivere; il primo traccia un senso più profondo nella nostra specie, dotandoci di una voce interiore che ci aiuta a prendere le decisioni migliori. Sebbene queste dimensioni non abbiano un’origine comune, ci aiutano entrambe a rispondere molto meglio alle sfide quotidiane.
Per comprendere più a fondo questa differenza, pensiamo a due meravigliosi personaggi letterari. Robinson Crusoe è un coraggioso marinaio di York che trascorre 28 anni da eremita su un’isola in seguito a un naufragio. Alla fine, si serve dei suoi istinti più fondamentali per sopravvivere a una rischiosa e complessa situazione. Da parte sua, Sherlock Holmes è il miglior modello di mente abituata a sfruttare il suo istinto poliziesco; quelle deduzioni quasi inconsapevoli, intuitive e azzeccate con cui risolvere gli enigmi più complessi.
“Di regola, le grandi decisioni della vita umana hanno a che fare più con gli istinti e altri misteriosi fattori inconsci che con la volontà cosciente, le buone intenzioni, la ragionevolezza.”
–Carl Gustav Jung–
Applichiamo queste competenze nel nostro quotidiano allo stesso modo, senza quasi rendercene conto. Tuttavia, solo l’intuizione è caratteristica dell’essere umano. Saper usare entrambi gli approcci nel migliore dei modi e a nostro favore può aiutarci ad avere successo con maggiore sicurezza, a gestire meglio le paure e lo stress, ad avvalerci della nostra esperienza e delle nostre capacità per vivere una vita più significativa. Vediamo più dati a seguire.
Intuizione e istinto: fra biologia e percezione
Intuizione e istinto non sono sinonimi, nonostante sovente si cada nell’errore di usare entrambi i termini indistintamente. È comune fare uso di essi in quei contesti dove le nostre sensazioni o emozioni ci orientano verso una direzione o un’altra. Frasi come “l’istinto mi dice che” e “il mio intuito mi indica che”, rappresentano senza dubbio un chiaro esempio di questo piccolo errore concettuale che vale la pena di chiarire per un nostro vantaggio personale.
Cos’è l’istinto?
Da un punto di vista biologico, un istinto è un comportamento innato. Sono le nostre necessità interiori e quelle condotte che ci permettono di sopravvivere in un determinato ambiente. Istinti come quello di conservazione, protezione, sociabilità, riproduzione, cooperazione o curiosità sono facoltà fondamentali, che definiscono non solo gli esseri umani, ma anche gran parte degli animali.
A questo punto, risulta curioso che, a partire dal XX secolo e con lo sviluppo della psicologia moderna, il concetto di istinto inizi a essere visto come qualcosa di fastidioso. Come se questo vincolo che ci univa a una versione quasi selvaggia dell’essere umano fosse una dimensione che era meglio reprimere o camuffare con altre etichette. In questo modo, figure come Abraham Maslow iniziarono a rendere popolari termini come “desiderio”o “motivazione”, come simbolo di queste necessità interne a ciascuno di noi.
Giunti al XXI secolo, questa concezione è cambiata. Il binomio intuizione e istinto torna a essere molto apprezzato. E, per quanto riguarda l’ultima dimensione, la riformulazione che si fa dell’istinto è interessante e rivelatrice. Nomi come quello del dottor Hendrie Weisinger, influente psicologo clinico e autore del libro The Genius of Instinct, ci spiegano che gli istinti non sono oscuri, né primitivi. Non sono qualcosa da reprimere.
Se impariamo a usarli a nostro favore, potremmo gestire molto meglio fattori come lo stress o la paura. Inoltre, rafforzare istinti come la compassione, la cura per il prossimo o la gentilezza ci permetterà di creare ambienti più ricchi e significativi. Perché l’ istinto della compassione, o della gentilezza, esiste in ciascuno di noi, proprio come rivela uno studio del professor Dacher Keltner, dell’Università della California, a Berkeley.
Cos’è l’intuizione?
C’è chi pensa che l’intuizione sia un insieme di sensazioni che ci dà un indizio su qualcosa. Bene, occorre dire che questa dimensione non risponde a processi magici o a percezioni sensoriali. Si tratta più che altro di “percezioni cognitive”. Lo stesso Carl Jung definì la persona intuitiva come qualcuno che può precedere determinati eventi o situazioni usando il proprio materiale inconscio.
- Questo materiale inconscio è il risultato di tutto quello che siamo, di tutto quello che abbiamo vissuto, visto e sperimentato. È l’essenza del nostro essere. È come un baule di informazioni compresse dal quale il cervello attinge per ottenere risposte veloci. Quelle che non passano dal filtro di un’analisi oggettiva.
- Gli esperti ci indicano che lasciarci guidare dall’intuito è positivo e consigliabile. I ricercatori dell’Università del Nuovo Galles del Sud hanno realizzato uno studio in cui hanno dimostrato che prestare attenzione a questa voce interiore può aiutarci nei nostri processi di presa delle decisioni.
- Gli psicologi Galang Lufityanto, Chris Donkin e Joel Pearson hanno pubblicato i loro risultati sulla rivista Psychological Science. In questo lavoro giungono a una conclusione che il mondo scientifico e il campo della psicologia avevano già proposto: fare uso delle informazioni inconsce ci permette non solo di prendere decisioni più alla svelta, ma anche di condurre una vita più conforme ai nostri bisogni e alla nostra personalità.
Sappiamo che intuizione e istinto non condividono la stessa origine: l’istinto ha una base biologica, mentre l’intuizione è il risultato della nostra esperienza e dell’acquisizione della consapevolezza. Tuttavia, hanno entrambi una finalità comune innegabile: permetterci di adattarci meglio alla nostra realtà; sopravvivere in modo efficace; anticipare i pericoli e dare forma a una vita più soddisfacente. Ascoltiamoli e mettiamoli al nostro servizio.