Jean-Michel Basquiat, vita di un artista post-pop
Quando si parla di Jean-Michel Basquiat, si parla di creatività, irriverenza, sorpresa e nuove sensibilità. È stato un simbolo dell’arte urbana, del mix di culture e delle nuove sensibilità dell’uomo contemporaneo. La sua arte, come la sua vita, è segnata dall’incontro di tenerezza e brutalità.
L’artista statunitense è diventato famoso grazie ai suoi graffiti e alla sua pittura. Basquiat ha sperimentato anche con il disegno, la musica e persino con la poesia.
Probabilmente, è stato uno dei primi rappresentati di quell’ibrido che è l’artista contemporaneo, celebrato non per il suo virtuosismo, bensì per la molteplicità di significati nascosti nelle sue opere.
“Io non penso all’arte quando lavoro. Io tento di pensare alla vita.”
-Jean-Michel Basquiat-
Jean-Michel Basquiat è morto a soli a 27 anni, ma nonostante la sua morte prematura è riuscito a diventare un riferimento dell’arte contemporanea. La sua esistenza si può definire errante, vivace e tragica. Era basata sulla ribellione nei confronti del mondo, su un malessere che non l’ha mai abbandonato e che ha plasmato in ogni graffito, pittura, poesia o brano musicale.
Jean-Michel Basquiat, figlio di immigrati
Jean-Michel Basquiat nacque il 20 dicembre 1960 a Brooklyn, New York (Stati Uniti). Era figlio di Gerard Basquiat, un ragioniere haitiano, e di Matilde Andrades, una grafica portoricana che influenzò in modo significativo la sua attività artistica. Aveva due sorelle, entrambe più piccole di lui.
Le sue origini lo segnarono per tutta la vita, e lo portorano a entrare in contatto con le nuove forme di arte urbana che stavano nascendo intorno a lui, in particolare nei quartieri più marginali della città.
Fin da piccolissimo, Jean-Michel mostrò un grande interesse per il disegno. Il padre gli portava la carta dell’azienda per cui lavorava e lui la riempiva di schizzi che copiava dalle enciclopedie che trovava in casa. La madre si accorse molto presto di questo suo interesse e lo incoraggiò. Lo portò spesso nei grandi musei della città e gli insegnò il piacere della lettura. Molto presto, il piccolo Basquiat divenne un avido lettore.
Successivamente, Jean-Michel Basquiat si interessò al cinema e ai cartoni animati. Era affascinato soprattutto dai film di Alfred Hitchcock. A 8 anni, un’auto lo investì costringendolo a rimanere in ospedale un mese. Per aiutarlo a sopportare la convalescenza, la madre gli regalò il manuale di anatomia di Henry Gray. Il libro avrà un’influenza decisiva sulla sua opera.
Gli anni tormentati
La vita di Jean-Michel Basquiat ebbe un risvolto tormentato a partire dagli 11 anni. I suoi genitori si separarono e lui rimase a vivere con il padre, poiché la madre soffriva di una grave depressione. A 16 anni scappò di casa per la prima volta, per poi tornare. Dopo la fuga, Basquiat venne mandato in una scuola specializzata per bambini superdotati. Lì, conoscerà il suo primo grande compagno di lavoro artistico.
Negli anni ’60 New York, e soprattutto alcuni quartieri periferici come il Bronx, assisteva alla nascita di un nuovo tipo di arte. L’arte non era più esclusiva dei musei, nasceva agli angoli delle strade. I giovani della periferia avevano trovato il loro modo per esprimersi sfruttando i muri della città, tingendoli di rivendicazione e, soprattutto, di arte.
Durante l’adolescenza, Basquiat iniziò a sperimentare seriamente con il graffito, ma scoprì anche le droghe. Strinse un forte legame con gli artisti di strada. Insieme al suo amico Al, riempì i muri di New York di graffiti, specialmente nella zona di Soho. Le sue opere sono caratterizzate da messaggi poetici e strani simboli.
Basquiat e Al Díaz firmavano i loro graffiti con la sigla SAMO, che significa SAMe Old shit, ovvero “la stessa merda di sempre”. All’epoca, sperimentò anche con la musica e il teatro. Scappò di casa per la seconda volta e trascorse più di due settimane consumando acidi.
Venne espulso da scuola e a partire da quel momento decise di intraprendere una vita in solitaria, lasciando la sua casa e gli studi.
Un’opera di trascendenza
Da questa cultura suburbana e dalla sua condizione di nero con radici latine, nacquero molte delle sue opere. Presto attirò l’attenzione della critica, che iniziò a parlare dei graffiti firmati da SAMO. Poco dopo, entrò a far parte del primo gruppo di graffitari che espose in un museo degli Stati Uniti. L’arte urbana non era più un’esclusiva delle strade, era ormai degna di occupare un posto nei musei.
Ebbe inizio, quindi, una fase in cui il successo crebbe parallelo a una dipendenza dalle droghe sempre più grave. In totale, Basquiat registrò oltre 100 mostre collettive e 40 individuali. Era l’artista più giovane della storia a essere invitato dalla prestigiosa fiera d’arte Documenta e dal Museo Kestner-Gesellschaft di Hannover. Divenne amico di molti grandi artisti, in particolare di Andy Warhol, con cui lavorò per diversi anni.
Jean-Michel Basquiat è stato anche un grande viaggiatore. Non faceva in tempo a tornare che doveva già ripartire per un nuovo viaggio. Tuttavia, la sua vita fu segnata dalle droghe e da un forte istinto autodistruttivo. Spendeva tutti i suoi soldi in capi di abbigliamento costosi, eroina e cocaina. Venne anche derubato varie volte.
Nel 1988, si recò alle Hawaii per disintossicarsi. Tornò a New York il 1 di agosto, dichiarando di aver smesso con le dipendenze. Morirà di overdose il 12 agosto dello stesso anno.
Una vita piena di andirivieni, di instabilità che, purtroppo, si concluse prematuramente. Oggi, però, il nome di Jean-Michel Basquiat continua a essere sinonimo di innovazione, di arte di strada… E, soprattutto, di come l’arte urbana possa essere celebrata e ammirata in un museo. Sebbene ciò provochi, in qualche modo, la perdita dell’elemento effimero e urbano.
Per questo motivo, è stato spesso oggetto di critiche. Alcuni artisti coetanei lo vedevano come un fenomeno di massa, un venduto. L’arte di strada non è pensata per i musei, ma per le strade e, secondo molti, là dovrebbe rimanere fino a scomparire, senza intervenire per conservarla.
Comunque sia, e al di là dell’idea che possiamo avere su questa forma d’arte, non c’è dubbio che Jean-Michel Basquiat sia riuscito a rivendicare un movimento che prima di lui era considerato di cattivo gusto e totalmente marginale.
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- Hugo, V. El miedo a la musa: arte y droga en la segunda mitad del siglo XX: Andy Warhol y la Factory, Jean-Michel Basquiat, Damien Hirst [1].