La curiosità della mente umana

Recita il detto popolare: "la curiosità uccise il gatto". Le neuroscienze, tuttavia, affermano che in realtà lo rese più saggio. Pochi comportamenti sono indispensabili e potenti quanto essere curiosi.
La curiosità della mente umana
Valeria Sabater

Scritto e verificato la psicologa Valeria Sabater.

Ultimo aggiornamento: 15 novembre, 2021

La curiosità della mente umana è profondamente radicata nel cervello. È pur vero che la curiosità è una caratteristica di molti animali, tuttavia questo istinto è molto più potente e sofisticato nell’uomo.

Ciò è dovuto al processo di selezione naturale, in quanto questo meccanismo ci permette di trovare nuove risorse e soluzioni per adattarci a ogni circostanza. Dorothy Parker, la scrittrice, affermava che la noia si cura con la curiosità, ma la curiosità non si cura con niente. Il che è quasi una benedizione, oltre che una necessità.

In qualche modo, si spegne ogni giorno di più l’individuo che smette di provare interesse per l’apprendimento e ancor di più che non si pone domande sul perché e sull’origine di quello che lo circonda.

L’assenza di curiosità indebolisce il cervello e priva l’essere umano di slancio, energia, creatività. Se come specie abbiamo un desiderio quasi intrinseco di risolvere le incertezze, i misteri e le incongruenze quotidiane, è perché tali processi consentono la ricerca e l’apprendimento. La curiosità della mente umana, questa impronta nei nostri genomi ci ha reso possibile arrivare dove siamo oggi.

Il cervello umano è guidato dalla curiosità e ciò facilita la conoscenza, la motivazione e persino la sopravvivenza. Perché anche se continuano a venderci l’idea che la curiosità abbia ucciso il gatto, quello che non ci dicono è che in realtà lo ha reso più saggio.

Gatto nero.

La curiosità della mente umana

La curiosità è un elemento essenziale della conoscenza; tuttavia, sono ancora tanti i dubbi in merito ai suoi meccanismi neurali e persino sulla sua funzione biologica. La ricerca in tal senso è iniziata solo in tempi recenti. E tutti questi dubbi sono sorti nel tentativo di comprendere l’utilità di questo meccanismo e le differenze individuali.

In tal senso è opportuno citare il lavoro del Dr. Todd Kashdan, dell’Università della Florida, il quale nel 2004 ha sviluppato una scala per esplorare il comportamento legato alla curiosità. Il dato più sorprendente di questa ricerca è che le persone passano più tempo a farsi guidare dalla curiosità che a nutrirsi.

Soffermiamoci un attimo su questo aspetto, per comprenderlo meglio. Attività semplici come leggere un libro, ascoltare musica, guardare un film, dare un’occhiata ai social network o parlare con qualcuno a noi caro, sono tutte guidate dalla curiosità.

Abbiamo trascurato del tutto una dimensione che, in un certo senso, orienta gran parte del nostro comportamento. Ma cos’è la curiosità?

La curiosità è una componente basilare della natura umana

La ricerca condotta dal Dipartimento di Scienze Cognitive dell’Università di Rochester, ci rivela qualcosa di importante. La curiosità è uno degli impulsi umani più importanti al quale, fino a oggi, non abbiamo attribuito sufficiente importanza. Muove la scienza, l’economia mondiale, facilita l’apprendimento e persino lo sviluppo personale.

William James, uno dei più importanti psicologi della storia, ha definito la curiosità come l’impulso per una migliore conoscenza. In altre parole, questa dimensione definisce il desiderio di sapere ciò che ancora non sappiamo. È la forma di sviluppo più elevata della nostra intelligenza e anche un valore che i bambini dovrebbero coltivare.

La curiosità della mente umana e lo stato d’animo

La curiosità è anche una dimensione che può vedersi ridotta in alcune situazione. Ad esempio, i disturbi psichici come la depressione, così come il declino cognitivo associato all’età o le malattie neurodegenerative, spengono la nostra curiosità.

D’altro canto, secondo le neuroscienze,  il semplice fatto di provare un pizzico di curiosità è uno stimolo rivitalizzante per il cervello. Questa dimensione stimola l’apprendimento, la comprensione delle cose, la conoscenza.

Tuttavia, lo si sperimenta solo quando si è di buon umore. I periodi di apatia, sconforto e tristezza attenuano tale meccanismo.

Piacere e tolleranza allo stress

Anche questo è un aspetto interessante; qualcosa che tutti noi abbiamo sperimentato in qualche occasione. La curiosità ci insegna a tollerare meglio l’ansia e lo stress. Comprendiamo, in tal senso, che la realtà è dominata dall’incertezza e che così è, del tutto normale. Sappiamo che nella nostra quotidianità non tutto segue uno schema o è prevedibile.

Tuttavia, l’ansia e lo stress, più che bloccarci, ci incoraggiano ad affrontarle, a risolverle e a lavorare per comprenderle e persino a trasformarle. D’altronde, è ciò che ha reso possibile il progresso e la sopravvivenza della specie umana.

Bambino con berretto rosso.

Essere curiosi è un modo per sviluppare il cervello

Se potessimo recuperare un aspetto dell’infanzia in età adulta, sarebbe proprio la curiosità. Questa dimensione, che in un certo senso si spegne o si indebolisce negli anni, è uno dei tratti che meglio definisce la gran parte dei bambini.

Sono loro a mostrare un maggior interesse per le situazioni segnate dall’incertezza. Amano, ad esempio, manipolare oggetti di cui non comprendono i meccanismi sottostanti. E mentre noi adulti diamo troppe cose per scontate, loro indagano e si chiedono perché ciò che vedono non possa essere diverso.

Il pensiero laterale tipico dei bambini è una sfida per il nostro metodo logico e normativo. Inoltre, essi mostrano una spiccata curiosità sociale e percettiva, ovvero sono incuriositi da quasi tutti gli stimoli, ma anche da come è formata la società e dal modo in cui ci relazioniamo. Nella loro mente, vi è una componente onnipresente che va di pari passo con la curiosità: l’interesse.


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  • Kashdan, Todd & Rose, Paul & Fincham, Frank. (2004). Curiosity and Exploration: Facilitating Positive Subjective Experiences and Personal Growth Opportunities. Journal of personality assessment. 82. 291-305. 10.1207/s15327752jpa8203_05.
  • Kidd, C., & Hayden, B. Y. (2015). The Psychology and Neuroscience of Curiosity. Neuron88(3), 449–460. https://doi.org/10.1016/j.neuron.2015.09.010

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