La morte di un genitore: come affrontarla?

Non importa se la relazione era buona, cattiva o praticamente inesistente. La morte di un genitore sconvolge il nostro mondo interiore. Se riusciamo ad affrontarla in modo sano, può essere un evento che ci aiuterà a crescere.
La morte di un genitore: come affrontarla?
Gema Sánchez Cuevas

Revisionato e approvato da la psicologa Gema Sánchez Cuevas.

Ultimo aggiornamento: 08 marzo, 2023

La morte di un genitore è uno dei momenti più complessi nella vita di una persona. Non importa quanti anni abbiamo o quanto sia stata buona o cattiva la relazione. Anche un genitore distante o assente lascia un vuoto profondo che ci fa provare una serie di sentimenti ed emozioni difficili da elaborare e gestire.

La morte di un genitore ci costringe a riposizionarci mentalmente nel mondo. Per un po’ di tempo, il nostro posto nel mondo non sarà più ben definito. Inoltre, dobbiamo anche modificare la percezione che abbiamo di noi stessi. A seguito della perdita, non saremo più gli stessi.

Anche se abbiamo un rapporto più stretto con nostra madre, la verità è che anche la figura del padre è determinante. Anche quando il genitore non è nei paraggi, possiamo sentire la sua presenza. È una guida e un protettore, anche se nella realtà non è così. La nostra mente gli ha dato quel ruolo senza rendersene conto.

“Come un mare, intorno alla soleggiata isola della vita, la morte canta la sua canzone senza fine giorno e notte”.

-Rabindranath Tagore-

Donna che piange e che si copre il volto con le mani.

La morte di un genitore cambia la nostra identità

Diventiamo persone diverse quando perdiamo un genitore, non importa se abbiamo 30, 40 o 50 anni quando avviene la perdita. Quando i nostri genitori sono vivi, una parte di noi rimane legata alla nostra infanzia. Sentiamo che la nostra vita è guidata da un altro essere.

Con la morte di un genitore, è come se per la nostra identità si verificasse un piccolo terremoto. Ecco che spetta a noi adesso guidare le generazioni future. Ciò spaventa e provoca una sensazione di solitudine.

Inizia, pertanto, un processo di costruzione di una nuova identità. Ciò non avviene automaticamente né senza sofferenza. Dobbiamo costruire una nuova prospettiva di noi stessi e trovare un nuovo posto nella vita degli altri. Quando un genitore muore, è come se avessimo perso un’ancora. Per un po’ vivremo come se fossimo alla deriva.

La nostalgia per ciò che non è mai stato

Non avremo mai un altro genitore, la perdita è irreversibile. Aver avuto o meno un buon rapporto, non ci impedirà di provare nostalgia per quanto non è mai stato. Qualcosa dentro di noi non vuole rinunciare agli ideali e non accetta l’accaduto.

Se il genitore in questione era affettuoso e ci era vicino, dobbiamo guardare in prospettiva tutto quello che ci ha donato: i suoi sacrifici e gli sforzi per renderci felici. Forse possiamo pensare di non essere stati capaci di ricambiare adeguatamente quei doni generosi, che avremmo dovuto dargli più amore, più attenzioni o più felicità.

Se il rapporto non era idilliaco, le cose si fanno più difficili. In questo caso, è normale che le crepe di quel rapporto inizino a pesare di più. Non abbiamo più la possibilità di accorciare le distanze o di dirgli che nonostante i diversi punti di vista lo amiamo tanto.

Accade qualcosa di simile nel caso dei genitori assenti. Oggi, a quell’assenza vissuta con sofferenza per molto tempo, si aggiunge la certezza di un’assenza totale. È come se ci costringessero a chiudere un ciclo che non si è mai veramente aperto.

Donna che tiene tra le mani luna foto del padre scomparso.

L’imperativo per andare avanti

Non importa quali siano le circostanze, la morte di un genitore ci provoca sempre dolore. A volte, però, ci permetterà di cambiare in modo positivo. Senza la sua figura, possono emergere aspetti della nostra personalità che erano inibiti dalla sua presenza.

A ogni modo, la sofferenza per morte di un genitore durerà a lungo. Con il trascorrere dei mesi e degli anni, tuttavia, sarà più tollerabile. Dobbiamo capire che è una fase perfettamente normale; possiamo anche avere 50 anni, ma ci farà sempre male e ci spaventerà.

La psicologa Jeanne Safer consiglia di riflettere sull’eredità lasciata dal genitore defunto ponendoci le seguenti cinque domande: “Cosa mi ha dato?”, “Cosa voglio conservare della sua persona?”, “C’è qualcosa che voglio eliminare?”, “Sono dispiaciuto per qualcosa che non ho ricevuto?”, “Cosa avrei voluto dare e non ho dato?”.

Rispondere a queste domande ci permette di individuare le fratture e i vuoti. Ci consente, inoltre, di trovare adeguate strategie per elaborare le lacune e le mancanze. Con la morte di un genitore, si aprono nuove possibilità di crescita. La cosa più intelligente da fare è approfittarne.


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  • Chouhy, R. (2000). Función paterna y familia monoparental: ¿ Cuál es el costo de prescindir del padre. Psicología y psicopedagogía.

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