Psicologia della testimonianza

La psicologia della testimonianza analizza i meccanismi della memoria al fine di minimizzare gli errori che si possono commettere.
Psicologia della testimonianza
Gema Sánchez Cuevas

Scritto e verificato la psicologa Gema Sánchez Cuevas.

Ultimo aggiornamento: 18 febbraio, 2022

La psicologia della testimonianza cerca di studiare, capire e affrontare i problemi di memoria che colpiscono un individuo e che possono influire sulla testimonianza dinanzi al giudice. La figura del testimone è fondamentale in un processo, infatti la sua testimonianza può essere di sostegno alle diverse prove che si presentano davanti al giudice.

Tuttavia, la deposizione di un testimone non si può assumere come dogma di Fede. A volte, e anche se non gli si vuol credere, potrebbe non dire tutta la verità. O perché può mentire deliberatamente o perché il ricordo vissuto è stato distorto.

Fino a che punto possono essere prese sul serio le informazioni fornite? In fin dei conti, il testimone è un essere umano e in quanto tale incidono su di lui numerosi effetti che possono influenzare i ricordi.

La memoria nella psicologia della testimonianza

Crediamo sempre che la nostra memoria sia infallibile. Mi ricordo di questo o quello come fosse ieri. O anche: è qualcosa che non potrò mai dimenticare. Quante volte abbiamo detto/pensato frasi simili? Ebbene, anche se possiamo ricordare eventi accaduti da tempo, le immagini mentali che riproduciamo non corrispondono tanto a come le abbiamo vissute a suo tempo.

Non corrispondono nemmeno a come le ricordavamo due giorni fa. La nostra memoria sembra manipolata dal trascorrere del tempo e dagli effetti dell’informazione sbagliata. Ovviamente, quanto più tempo passa, tanto più la nitidezza del nostro ricordo diminuirà e si trasformerà.

Per quanto possa sembrare strano e insolito, possiamo ricordare qualcosa che non abbiamo mai vissuto. La psicologia della testimonianza analizza questi meccanismi al fine di minimizzare gli errori che si possono commettere.

Mente con meccanismi di memoria

L’effetto dell’informazione sbagliata

Elizabeth Loftus e il suo collega Palmer hanno condotto uno studio per dimostrare che, se dopo esser stati testimoni di un incidente ci forniscono informazioni aggiuntive sull’accaduto, possiamo adattare senza volere il ricordo affinché combaci con i nuovi dati.

Nell’esperimento in questione, veniva chiesto ai partecipanti di assistere a un incidente tra due automobili. In seguito, veniva chiesto agli spettatori di determinare a che velocità viaggiavano entrambe le vetture.

Tuttavia, a ogni gruppo la domanda veniva formulata con un verbo diverso: scontrarsi, schiantarsi, sbattere, ecc. Ognuno con connotazioni diverse associate all’uso nel linguaggio quotidiano. Così, sebbene tutti i soggetti dello studio avessero assistito allo stesso incidente e alla stessa velocità, nel valutare la forza dell’impatto, della collisione, dello scontro… la maggioranza fornì una risposta conforme a quella suggerita dal verbo impiegato nella domanda.

Fattori influenti nell’informazione sbagliata

Non solo le fonti, ma anche le condizioni possono indurre informazioni erronee, modificando il ricordo di un evento. Per esempio, quando si verifica un incidente, è normale che gli spettatori commentino i dettagli. Può darsi che, senza volerlo, uno di essi introduca alcuni elementi falsi contaminando il ricordo degli altri.

Una soluzione è quindi cercare di evitare che i potenziali testimoni parlino tra loro. Allo stesso modo, i mezzi di comunicazione molte volte si servono di persone che hanno assistito o sentito qualcosa, informando così in modo poco chiaro e molto parziale.

D’altra parte, il tempo trascorso dal momento in cui osserviamo l’evento fino a quello in cui raccontiamo la nostra versione dell’accaduto è determinante. Se è passato molto tempo, siamo più propensi ad accettare un dato falso come vero. Perché? Le informazioni sono meno recenti. Per questo, percepiamo meno le differenze del nostro ricordo e le nuove informazioni a mano a mano che ci allontaniamo dalla data dell’incidente.

Intervista cognitiva nella psicologia della testimonianza

Uno dei mezzi impiegati per cercare di ottenere la massima informazione possibile e di qualità è l’intervista cognitiva. È stata sviluppata nel 1984 da Fisher e Geiselman quando notarono che la polizia durante gli interrogatori perdeva buona parte delle informazioni per mancanza di capacità. Per lo stesso motivo, si sprecavano risorse per seguire piste false.

La psicologia della testimonianza ha influito sullo sviluppo e sul miglioramento dell’intervista cognitiva. È un modello elaborato per migliorare la relazione tra interrogato e interrogatore. Si basa sull’instaurare un rapporto, fondamentale per stabilire un ambiente di fiducia e tranquillità. Non sentendosi intimidito, l’interrogato tenderà a fornire molte più informazioni.

Testimone interrogato

In cosa consiste l’intervista cognitiva?

Si fa uso di domande aperte come forma per ottenere le testimonianze. In questo modo, si solleva una questione che permette al testimone di sfogarsi, elaborando quanto successo. Il vantaggio, rispetto alle domande chiuse, è evidente.

La domanda aperta permette alla persona di raccontare i fatti come se raccontasse una storia, mentre una domanda chiusa limita la risposta a un avvenimento concreto. Questo aumenta la probabilità di commettere errori, oltre ad aumentare la probabilità che la domanda introduca un pregiudizio.

Tecniche della IC

Questo modello utilizza quattro tecniche:

  • Ricostruire il contesto: ricostruire mentalmente le circostanze in cui si sono verificati gli eventi. L’emotività provata permette di recuperare più informazioni.
  • Raccontare tutto: continuazione della prima. Si deve includere nel racconto tutto ciò che fa parte del ricordo.
  • Ricordare gli avvenimenti in un ordine distinto: piuttosto che raccontare dall’inizio alla fine, questo metodo suggerisce che il testimone racconti al contrario (retrocedendo nel tempo, invece di avanzare).
  • Cambiare prospettiva: mettersi mentalmente in un altro punto. Ad esempio, se durante una rapina in un locale ci trovavamo in un angolo, immaginare come si vedrebbero le cose dal bancone.

I risultati ottenuti nei diversi studi con hanno dimostrato che questa tecnica aumenta la quantità di dettagli corretti senza aumentare gli errori forniti. Questo grazie al modo in cui si racconta l’accaduto e all’empatia e la fiducia che si genera tra le due parti

Un testimone è soggetto a diversi fattori, circostanze personali o ambientali che influiscono al momento di ricordare un evento. Molte volte un errore nel racconto non equivale a una bugia deliberata, almeno non sempre. Semplicemente si cambia il ricordo incoscientemente, ma anche se si è certi che qualcosa si sia verificata in un certo modo non vuol dire che sia così.

La psicologia della testimonianza aiuta a trovare nuovi strumenti o a migliorare quelli esistenti per ottimizzare le informazioni che possiamo ottenere su un evento. Possiamo fidarci sempre di quanto ricordano i testimoni? Ovviamente no. Possiamo ottenere più informazioni veritiere dai testimoni? Come abbiamo visto, questo è il maggior campo d’applicazione e ricerca della psicologia della testimonianza.


Questo testo è fornito solo a scopo informativo e non sostituisce la consultazione con un professionista. In caso di dubbi, consulta il tuo specialista.