La sindrome di mamma chioccia

La sindrome di mamma chioccia
Sergio De Dios González

Revisionato e approvato da lo psicologo Sergio De Dios González.

Ultimo aggiornamento: 22 marzo, 2023

La maggior parte delle madri desidera il meglio per i suoi figli. Questo non si verifica solo in casi eccezionali, che di solito corrispondono a gravi patologie. Il problema, però, è che molte madri confondono ciò che è meglio per i figli con le loro necessità personali; si trasformano in una “mamma chioccia”.

Spesso le madri vengono pervase dalla paura quando pensano alle sorti dei loro figli. Come non avere timore in un mondo così pieno di pericoli, da quello di cadere e farsi una cicatrice a quello di trovarsi in situazioni impensabili, come un sequestro o la morte causata da un nuovo strano virus?

“La mano che fa dondolare la culla è la mano che regge il mondo”

(Peter de Vries)

Il problema non è la paura in sé, bensì la strategia attuata per affrontare tale paura. Una mamma timorosa può trasformare le sue paure in una ragionevole prudenza oppure può soccombere alle inquietudini e diventare una “mamma chioccia”.

La mamma chioccia

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Nel linguaggio colloquiale si usa il termine “mamma chioccia” per indicare la madre che vuole mantenere i suoi piccoli sotto le sue ali, ben protetti. Tende un manto di protezione che li isoli da tutti i rischi e i pericoli che possano incontrare nel mondo.

La sua intenzione cosciente è perfettamente comprensibile: vuole evitare che i suoi figli affrontino esperienze sgradevoli o traumatiche. Non vuole che si espongano a situazioni difficili, che li possano colpire fisicamente o emotivamente.

Queste madri sentono che i loro figli sono esseri umani fragili. È ovvio che tutti i bambini in qualche modo lo sono, dato che non hanno ancora raggiunto un pieno sviluppo fisico e psicologico, quindi sono esposti a molteplici rischi. La mamma chioccia vuole assicurarsi che nessuno di questi pericoli entri in contatto con i suoi figli.

Una delle tecniche utilizzate dalle mamme chiocce è quella di avvertire costantemente i loro figli dei pericoli del mondo. “Se ti avvicini alla stufa, puoi scottarti”, “Fai attenzione quando giochi con la palla, potresti cadere e romperti qualcosa”, “Non andare per strada da solo, ci sono persone cattive che rapiscono i bambini”.

Anche se l’intenzione è amorevole, finiscono per creare un catalogo del terrore per i loro figli. Insegnano loro a muoversi in funzione della paura. “Muoversi” tanto per dire, perché li spingono piuttosto a non muoversi affatto, dato che quasi tutte le circostanze implicano un pericolo.

Quando i ragazzi crescono e reclamano i propri spazi per poter agire da soli nel mondo, la mamma chioccia inizia a controllarli e a farli sentire in colpa. Mette in moto dei meccanismi per tenerli perennemente sotto sorveglianza e prende i loro tentativi di autonomia come un’aggressione nei suoi confronti.

I figli della mamma chioccia

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Le mamme chiocce credono di desiderare la felicità dei loro figli, ma hanno un concetto di felicità che ha più di qualche falla. Pensano di fare una grande opera di bene se riescono a portare i figli fino all’età adulta senza che questi siano stati sfiorati dalla sofferenza.

Si tratta di una contraddizione, perché i figli delle madri chiocce finiscono per vivere tutt’altro che situazioni felici: subiscono un eccesso di tensione emotiva che deriva dall’ansia della madre, la quale passa il tempo allertandoli, immaginando gli scenari peggiori e, di conseguenza, riempiendoli di paura.

Per questo, poi, non si godono praticamente nulla. Quando sono piccoli, non vogliono contraddire le madri, quindi trasformano le avvertenze in ordini da seguire alla lettera. Se la relazione non è buona o le richieste materne diventano eccessive, accade l’opposto: il bambino sfida costantemente i pericoli come mezzo per reclamare indipendenza.

Sia il bambino passivo per obbedienza sia quello inquieto per voglia di sfida finiscono per attirare nuovi problemi. Fanno fatica ad avere fiducia in se stessi e negli altri. Non riescono ad adattarsi creativamente alle situazioni difficili e sviluppano il loro senso di esplorazione del mondo con un forte sentimento di inquietudine. Molto spesso questi bambini diventano adolescenti difficili.

È così che si scrive una storia in cui non ci sono vincitori. Sia la madre sia il figlio svilupperanno un modello di rapporto che alterna la dipendenza estrema ad episodi di drastica rottura. La colpa si trova nel nucleo della situazione e nessuno degli individui implicati avrà pace.

Le mamme chiocce sono tali anche a causa della loro testarda tendenza ad avere paura. Sottostimano le capacità dei figli e proiettano su di loro il proprio sentimento di impotenza. Non capiscono che ogni essere umano ha una vita propria e che questa vita include anche delle difficoltà, dei problemi e delle situazioni rischiose e pericolose che tutti prima o poi dovranno affrontare.

Di fatto, quello che ci trasforma in adulti è l’aver imparato ad affrontare le difficoltà, gli errori e i problemi. È questo che ci dà la fiducia in noi stessi e nelle nostre capacità ed è questo che differenzia un “pulcino cresciuto” da un vero adulto, sano e forte.

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Immagini per gentile concessione di Emma Block


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