La teoria del doppio codice di Allan Paivio

La teoria del doppio codice proposta da Allan Paivio attribuisce lo stesso peso all'elaborazione verbale e non verbale.
La teoria del doppio codice di Allan Paivio
Sergio De Dios González

Revisionato e approvato da lo psicologo Sergio De Dios González.

Ultimo aggiornamento: 18 febbraio, 2023

La teoria del doppio codice è stata messa a punto da Allan Paivio nel 1971, sulla base dell’idea che la formazione di immagini mentali sia utile all’apprendimento. Questa teoria cognitiva ipotizza la possibilità di dare un input all’apprendimento e di ampliare la conoscenza attraverso associazioni verbali a immagini visive.

La nostra facoltà cognitiva è complessa, gestisce contemporaneamente la ricezione del linguaggio, degli oggetti e degli eventi non verbali.

Secondo la teoria della codificazione di Allan Paivio, il nostro sistema del linguaggio ha a che fare contemporaneamente con la ricezione e l’elaborazione del linguaggio, mentre si serve di immagini simboliche per rispondere al comportamento e all’evento. Di conseguenza è costituito da una doppia funzione.

La cognizione umana è unica perché specializzata nella gestione simultanea del linguaggio e degli oggetti ed eventi non verbali. Inoltre, il sistema del linguaggio è peculiare, visto che ha a che fare direttamente con la ricezione e la produzione linguistica (sotto forma di parola e scrittura) e al tempo stesso compie una funzione simbolica rispetto agli oggetti non verbali, a eventi e comportamenti. Qualsiasi teoria rappresentativa deve adattarsi a questa doppia funzionalità.

-Allan Paivio-

Disegno con una testa piena di meccanismi.

La teoria del doppio codice

Secondo Paivio, sono due i modi con cui una persona può ampliare le proprie conoscenze: mediante associazioni verbali e con immagini visive. La teoria del doppio codice ipotizza che l’informazione visiva e verbale venga utilizzata per rappresentare l’informazione.

L’elaborazione della stessa avviene in modalità distinte e mediante canali diversi della mente umana, dando luogo a rappresentazioni distinte, a seconda dell’informazione elaborata in ciascun canale.

I codici mentali che corrispondono a queste rappresentazioni vengono utilizzati per organizzare l’informazione in entrata, che può essere immagazzinata, recuperata e persino modificata per poi essere riutilizzata in seguito.

Possiamo utilizzare codici sia visivi che verbali per ricordare l’informazione. Inoltre, codificare uno stimolo in due modi diversi incrementa la possibilità di ricordare un elemento memorizzato.

Tre forme di elaborazione della conoscenza:

Nel quadro della teoria del doppio codice esistono tre diversi tipi di elaborazione: rappresentazionale, relativa al processo referenziale e a quello associativo. Nella maggior parte dei casi si fa ricorso alle tre modalità in modo inconscio, quando si tratta di una situazione particolare. Vale a dire che alcune volte una certa situazione può richiedere uno solo o tutti e tre i tipi di elaborazione.

Anche Paivio ipotizza la presenza di due diversi tipi di unità rappresentative: “immagini” per le immagini mentali e i “logogeni” per le entità verbali. I logogeni si organizzano in determinate associazioni e gerarchie, mentre le immagini si organizzano secondo l’associazione della parte con il tutto.

  • Si parla di elaborazione rappresentativa quando le rappresentazioni verbali o non verbali si attivano direttamente.
  • Si parla di elaborazione referenziale quando l’attivazione del sistema verbale si attiva mediante il sistema verbale o viceversa.
  • Infine, si parla di elaborazione associativa quando le rappresentazioni si attivano all’interno dello stesso sistema verbale o non verbale.
Processi cognitivi: viso con meccanismi e lettere.

Riflessioni sulla teoria del doppio codice

C’è una sorta di controversia in merito ai limiti della teoria della doppia codificazione di Allan Paivio. Ad esempio, la suddetta teoria non tiene conto della possibilità che la cognizione sia mediata da qualcosa di diverso dalle parole o dalle immagini.

A questo proposito non disponiamo ancora di studi di ricerca a sufficienza per determinare se le parole e le immagini siano l’unico modo con cui ricordiamo le cose. In effetti, in presenza di un’ulteriore forma di codice la teoria acquisterebbe importanza.

Un altro limite della teoria del doppio codice è che acquisisce validità nei test in cui si richiede alle persone di concentrarsi sull’associazione dei concetti. Se non è possibile creare delle associazioni tra una parola e un’immagine, sarà molto più difficile trovare il corrispondente codice e ricordare la parola in un secondo momento. Questo rappresenta un limite per la teoria del doppio codice.

Oltretutto, la teoria del doppio codice non è universalmente riconosciuta. In alternativa alle modalità di rappresentazione mentale della conoscenza, John Anderson e Gordon Bower proposero la teoria proposizionale. Secondo questa teoria le rappresentazioni mentali vengono immagazzinate come proposizioni al posto di immagini.

Ecco che la proposizione viene definita come il significato sottostante la relazione tra i concetti. Questa teoria stabilisce che le immagini entrano in gioco in conseguenza a processi cognitivi per i quali la conoscenza non viene rappresentata sotto forma di immagini, parole o simboli.


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