La teoria della mente modulare di Fodor
Fino agli ultimi decenni del secolo scorso, si sosteneva che il cervello funzionasse come un elaboratore di informazioni “online”. Secondo questa idea, tutti i dati in arrivo venivano elaborati globalmente dall’intero sistema che restituiva dei dati in uscita. La teoria della mente modulare (TMM) rappresenta un elemento di rottura e un diverso paradigma rispetto al passato.
Quando si dava quasi per scontato che il cervello fosse una specie di computer in grado di elaborare solo un insieme finito di informazioni per unità di tempo e che non potesse elaborare nuovi dati fino a quando non avesse terminato le operazioni precedenti, la teoria della mente modulare ha introdotto la nozione di elaborazione parallela o simultanea. E ancora più importante il concetto di modulo.
Da una visione in cui le aree celebrali rilevanti elaboravano la stessa informazione una dopo l’altra e che ognuna gestiva una modalità specifica di quella informazione come una catena di montaggio, si è passati ad una visione in cui le aree del cervello elaborano simultaneamente e indipendentemente quella informazione unendo in seguito i risultati di ogni singola area.
Una teoria alternativa
Una teoria alternativa che rappresenta un passo importante per la comprensione della cognizione e per l’osservazione del modo in cui funziona il nostro cervello. Si è arrivati a capire che il cervello è composto da moduli e che ognuno di essi è altamente specializzato.
Ogni modulo, tuttavia, non deve essere inteso come una regione del cervello delimita neuroanatomicamente. L’attenzione deve essere posta sulla specializzazione funzionale. Una funzione specifica, pertanto, è eseguita in modo modulare da aree diverse o da sistemi funzionali diversi.
L’immagine di un fiore non verrebbe elaborata prima dall’area del cervello incaricata di riconoscere la forma, poi dall’area incaricata di riconoscere la dimensione, il colore e così via. Al contrario, i diversi moduli elaborano contemporaneamente ogni parte di quell’immagine trattando in modo specifico ogni singolo attributo dell’informazione che ricevono.
Concetti base della teoria della mente modulare
In passato, si è studiato il funzionamento della mente come se fosse un processo unitario che si attivava di fronte a qualsiasi tipo di informazione. A prescindere dalla modalità dell’informazione (percettiva, logica, sociale, matematica, ecc.), il cervello si attiverebbe nel suo insieme partendo dalle informazioni in ingresso e producendo delle informazioni in uscita già elaborate e risolte.
Nella seconda metà degli anni ’80, Jerry Fodor, un rinomato psicolinguista considerato oggi come il vero padre della scienza cognitiva, ipotizzò che la mente fosse costituita da un insieme di moduli innati ciascuno dei quali con un’attività specifica altamente specializzata.
“Il cervello non è un bicchiere da riempire, ma una lampada da accendere”.
-Plutarco-
La mente non sarebbe più un organo computazionale seriale dal funzionamento unitario, ma piuttosto un insieme integrato e coordinato di funzioni specializzate. Dopo aver fornito uno specifico risultato che converge negli altri, consentirebbero una distribuzione efficiente e separata dalle sub-funzioni mentali che contribuirebbero all’ottimizzazione dei processi di funzionamento del cervello.
Un modo per comprendere questa visione potrebbe essere quello di utilizzare la metafora delle postazioni di lavoro all’interno di una catena di montaggio. Per fare una bambola, ad esempio, gli operai non si passano la bambola a vicenda montando ognuno una parte. Ci sarebbero diverse postazioni di lavoro ciascuna delle quali produce un pezzo diverso che, in una fase finale verrebbe assemblato con gli altri.
Una posizione intermedia tra comportamentismo e cognitivismo
Con i suoi postulati sull’elaborazione mentale, che hanno portato alla teoria della mente modulare, Fodor è riuscito a occupare una posizione intermedia tra comportamentismo e cognitivismo.
Secondo lui, i moduli della mente si attivano in modo simile ad un comportamento o un riflesso, ma in modo “inferenziale”. In altre parole, sono in grado di fornire più informazioni in modo più flessibile di quanto la specificità di un riflesso richieda.
Le informazioni mentali sarebbero “incapsulate” – come sostengono i primi -, ma, allo stesso tempo, sarebbero “cognitivamente penetrabili” e suscettibili ad essere influenzate da altre informazioni e processi mentali, come sostengono i secondi.
Caratteristiche essenziali dei moduli
Fodor (1983) sostiene che qualsiasi sistema modulare deve soddisfare, totalmente o parzialmente, determinati criteri:
- Specificità del dominio. Ogni modulo è specializzato solo in determinati tipi di informazioni in entrata.
- Incapsulamento informativo. Per la loro attivazione, i moduli non dipendono da altri sistemi mentali.
- Obbligatorietà dell’attivazione dei moduli. Se un tipo di informazioni raggiunge il sistema cognitivo, il modulo specializzato nell’elaborazione di tale informazione si attiva senza rinunciare al suo compito.
- Alta velocità. I moduli funzionano ad alta velocità, probabilmente grazie all’efficienza dei due punti precedenti.
- Semplicità delle informazioni in uscita. Il risultato dell’elaborazione modulare è un tipo di informazione semplice e basilare, come il singolo mattone di un edificio.
- Accessibilità limitata.
- Ontogenesi caratteristica. Lo sviluppo ontogenetico dei moduli avviene con regolarità in ogni essere umano.
- Architettura neuronale preimpostata. Supporta e permette di far funzionale ogni modulo.
Un fenomeno mentale osservabile e replicabile che, come molti altri, offre un supporto empirico alla teoria della mente modulare è la cosiddetta illusione di Müller-Lyer.
Questa illusione si verifica quando una persona che percepisce una visione illusoria, anche dopo aver preso coscienza della falsità dell’informazione visiva, non è in grado di smettere di percepirla con i suoi falsi attributi.
In questo esempio, grazie all’incapsulamento e all’inaccessibilità – da parte di altri processi cognitivi – di ogni modulo, la conoscenza della non veridicità della percezione non riesce a correggere l’errata elaborazione visiva dell’immagine.
Conclusioni sulla teoria della mente modulare
Dopo le necessarie estrapolazioni della teoria della mente modulare, possiamo giungere alla conclusione che la diversità dei moduli mentali corrisponde all’enorme varietà di bisogni che nascono quando l’individuo si sviluppa cognitivamente in un determinato contesto.
L’ampiamente accettato modello connessionista del funzionamento mentale, che sostiene che le informazioni mentali si elaborano e si immagazzinano in circuiti neurali relativamente differenziati, rappresenterebbe un supporto neurofisiologico alla teoria modulare della mente.
I cluster neuronali e la disposizione nelle reti neuronali sarebbero quindi simili ai moduli proposti da Fodor.
Infine, la teoria della mente modulare accoglie anche il comprovato fenomeno della plasticità cerebrale. Infatti, sarebbe grazie a questa neuroplasticità che avverrebbe lo sviluppo, da un punto di vista psicofisico, dei moduli mentali.
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- Fodor, J. (1986): La modularidad de la mente. Madrid: Morata.
- Fodor, J. (2003): La mente no funciona así. Madrid: SigloXXI.