L'ansia da prestazione: intervista a Santandreu

In quest'intervista lo psicoterapeuta Rafael Santandreu ci ricorda che la società attuale è incapace di tollerare il fallimento. La smania di riuscire ci porta verso un'inutile sofferenza che potremmo invece canalizzare in maniera diversa.
L'ansia da prestazione: intervista a Santandreu
Rafael Santandreu

Scritto e verificato lo psicologo Rafael Santandreu.

Ultimo aggiornamento: 21 dicembre, 2022

Lo psicoterapeuta Rafael Santandreu ci ricorda che lo stress è nella nostra mente; nello specifico, spiega che l’ansia da prestazione è una dimensione quasi sempre mentale.

Pochi fattori psicologici limitano così tanto la vita e persino il potenziale umano. Cosa stiamo facendo di sbagliato? Perché a volte abbiamo la sensazione di perdere il controllo su noi stessi?

Più che sbagliare, il problema è che ci basiamo su una prospettiva mentale distorta. Alimentiamo il nostro cervello con l’esigenza fittizia di dover fare tutto al meglio per raggiungere i nostri obiettivi.

A volte la smania di riuscire ci porta a diventare intolleranti verso qualsiasi forma di fallimento; nella nostra testa non c’è spazio per l’idea di errore, e ciò causa grande sofferenza.

Come suggerisce Rafael Santandreu, uno dei segreti per ridurre e gestire questi stati d’animo è la calma interiore. Favorire uno sguardo più umile, ma anche una mente più rilassata e serena ci aiuta a concentrarci su quello che conta davvero.

Intervista a Rafael Santandreu sull’ansia da prestazione

Mostrarsi un po’ più tolleranti al fallimento può aiutarci ad accettarci e ad accogliere una realtà più salutare, equilibrata e felice.

“Non siamo influenzati da ciò che ci accade, ma da ciò che pensiamo di quel che ci accade”.

-Rafael Santandreu-

Cos’è l’ansia da prestazione?

Si tratta del nervosismo dovuto all’idea che un compito vada male o alla convinzione che non vada come sperato. Proviamo ansia all’idea di non riuscire.

Per esempio, alcuni studenti si sentono male il giorno prima di un esame; ad altri ciò non succede. Possiamo domandarci: perché alcuni soffrono tanto per l’ansia da prestazione e altri affatto?

Combattere lo stress secondo Rafael Santandreu.

Come fanno alcuni a non provare mai l’ansia da prestazione?

“Mai” è praticamente impossibile perché siamo umani ed è normale sentire, a volte, questa sensazione. Però esistono persone che la sperimentano molto raramente.

Per eliminare l’ansia da prestazione bisogna affrontare nel modo corretto il concetto di “bisogno di efficacia”. Se provi ansia da prestazione è perché senti un elevato bisogno di essere efficace.

Potrebbe spiegarsi meglio?

In psicologia cognitiva sosteniamo un sistema di valori secondo cui l’efficacia non è importante. Viene prima la “capacità di amare la vita e gli altri”. Fare le cose al meglio non è sbagliato, semplicemente non è essenziale. Diciamo che fare le cose bene dovrebbe essere un obiettivo secondario.

Però tutti desideriamo agire al meglio per evitare che la vita vada a rotoli

Credo che tu abbia detto qualcosa di vero e qualcosa di non vero. Per prima cosa: tutti vogliamo agire al meglio. Questo è normale, fare le cose al meglio è più divertente.

Altrimenti, “la vita andrà a rotoli”. Questo è un mito imposto dalla nostra società consumista, che è super esigente.

Ha a che vedere con l’idea di “preferenze” e non di “esigenze”, come spiega nel suo libro L’arte di non amareggiarsi la vita?

Esatto. Una mente sana dice a se stessa: “Mi piacerebbe riuscire in questo, ma so che non sarà sempre così e va bene lo stesso”. Una mente frivola, piena di esigenze, si dirà “DEVO riuscire in TUTTO o farò la fine di uno stupido verme!”.

Quindi è sicuro che andrà tutto bene anche se non facciamo le cose al meglio? Nemmeno in parte?

Se riusciamo soltanto “in parte” a fare bene le cose, la vita ci andrà già di lusso. La nostra società ci spinge a fare troppo e, attenzione, tutto alla perfezione.

Non era mai successo prima nella storia dell’umanità che dovessimo essere così efficaci: eleganti, studiare, avere un partner, figli, una bella casa, essere estroversi, belli e magri, avere un buon lavoro, belle vacanze, stare al passo, conoscere le lingue e mille altre cose. I nostri nonni non avevano nessuno di questi obblighi.

“Il segreto per la pace interiore è un’umiltà radicata”.

L’ansia da prestazione è il prodotto di questa esigenza eccessiva?

Sì. Bisogna imparare a non pretendere troppo da se stessi. Io, per esempio, non pretendo di essere niente o nessuno. Semplicemente un uomo che ama e rispetta l’ambiente.

Non ho bisogno di essere psicologo né sveglio né niente di tutto ciò. Il segreto è la semplicità e un’umiltà radicata. Quest’idea mi ha salvato dall’ansia.

Che esercizi possiamo fare per combattere l’ansia da prestazione?

Io propongo, per esempio, “la visualizzazione dell’indigente”. Ossia immaginare se stessi come indigenti, vivendo della pubblica carità.

Immaginiamo che, per qualche motivo, non possiamo lavorare né guadagnare. La domanda è: “Potremmo essere felici?”.

La risposta obbligatoria è “sì”. Poi chiediamoci: “Cosa potremmo fare per essere davvero felici?”. Per esempio studiare, aiutare gli altri, farci grandi amici, ecc.

Bisogna visualizzarlo nel dettaglio?

Sì. E deve essere una visione piacevole! Solo così capiremo le grandi cose che potremmo fare per goderci la vita appieno. Non c’è bisogno di possedere tante cose né di essere così efficaci. Che pace!

“Possiamo essere orgogliosi dei nostri errori”.

Ragazza elimina l'ansia da prestazione.

Questo significa che dobbiamo rinunciare al nostro lavoro e ai nostri progetti?

No. Continuiamo a lavorare e studiare, ma senza quella pressione esagerata. Io, per esempio, posso essere psicologo e fare del mio meglio. Se non ci riuscissi, potrei dedicarmi a 10.000 altre cose. O magari a nessuna.

In ogni caso, scelgo di provare a essere un bravo psicologo. Ma ti assicuro che in questo modo ho “zero” pressioni.

Nei suoi libri spiega che in questo modo ha superato la paura di parlare in pubblico, è vero?

Esatto. Ho ripetuto a me stesso più volte: “Ho bisogno di dare conferenze?”. Mi sono reso conto che la risposta era “no”. Se fosse andata male, non sarebbe cambiato assolutamente nulla: la mia vita poteva continuare alla grande.

Quando elimini la pressione al livello più profondo, la paura si cancella, si elimina lo stress. Ma devi crederci radicalmente.

Nel suo ultimo libro parla di indossare una medaglia per ogni sbaglio. Non è un po’ estremo?

Sì, perché bisogna essere radicali per ottenere benefici per la mente. Io, adesso, quando sbaglio qualcosa, mi sforzo di non farmelo pesare. In questo modo rinforzo il mio sistema di valori.

Si tratta di dire a se stessi: “Ho appena fallito e perso questo e quest’altro, ma non importa; sono felice lo stesso. Va bene così”.

Indossare una medaglia per ogni sbaglio significa essere contenti di sbagliare e restare felici in ogni caso; significa avere un ottimo sistema di valori; possiamo esibire i nostri fallimenti ed esserne orgogliosi, restando per sempre felici e contenti.


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