L'esperienza non è sempre la migliore insegnante

L'esperienza ha un grande valore, ma non è la risposta a ogni problema. A volte l'ingegno di chi guarda la realtà con una mente aperta, innovativa e flessibile può offrire maggiori vantaggi.
L'esperienza non è sempre la migliore insegnante
Valeria Sabater

Scritto e verificato la psicologa Valeria Sabater.

Ultimo aggiornamento: 11 ottobre, 2022

Quando abbiamo un problema, di solito ci rivolgiamo agli esperti, a coloro i quali dovrebbero saperne di più grazie alle conoscenze ed esperienze alle spalle. Tuttavia, l’esperienza non è sempre la migliore insegnante e a volte non è esente da errori. La psicologia ricorda che l’esperienza o la competenza in qualsiasi area della vita richiede molteplici dimensioni.

Quando si tratta di risolvere un problema, per esempio, l’esperienza è di grande aiuto, non ci sono dubbi. Ma lo è anche la flessibilità cognitiva, sapersi adattare a situazioni mutevoli o essere coscienziosi e non agire d’impulso. Allo stesso modo, non si diventa esperti solo perché si accumulano esperienze e aneddoti.

L’esperienza è il risultato di un’accurata riflessione e un adeguato autoesame. A volte la mente si abitua e presume di sapere già tutto. Non è più abile chi ha più conoscenze, ma chi reagisce in modo più efficace alle difficoltà e sfrutta meglio le proprie abilità.

Una mente attiva, curiosa e orientata all’apprendimento continuo è una mente preparata per qualsiasi sfida.

La esperienza non è sempre la migliore insegnante.
Le esperienze, positive o negative, si rivelano utili solo se riflettiamo e ci permettiamo di imparare qualcosa.

L’esperienza non è sempre la migliore insegnante

Due settori in cui l’esperienza rappresenta un valore aggiunto e un vantaggio sono quello sanitario e delle forze dell’ordine. Medici e poliziotti spesso effettuano valutazioni rapide in molti momenti della loro giornata. Osservano, analizzano e agiscono emettendo una diagnosi o decidendo se agire o meno.

L’Arizona State University ha rivelato un aspetto servito da analisi per ulteriori approfondimenti. Durante vari test sull’identificazione delle impronte digitali, gli esperti forensi a volte commettevano errori. Un aspetto particolarmente grave per la risoluzione di un processo.

Lo stesso accade nel settore sanitario. Un altro lavoro presso l’Università di Tokyo parla di possibili errori di rilevamento da parte dei radiologi, indipendentemente dalla loro esperienza. Questa evidenza suscita la curiosità della comunità scientifica.

Se è vero che le prestazioni migliorano nel tempo, dobbiamo anche considerare che l’esperienza non è sempre la migliore insegnante. Vediamo perché.

Prevalenza, un errore cognitivo

L’effetto della prevalenza mostra che l’esperienza a volte può essere un ostacolo e non un vantaggio. Per esempio, quando svolgiamo gli stessi compiti nella vita quotidiana, ci abituiamo al fatto che determinati eventi danno sempre gli stessi risultati. Diamo per scontato che determinate cause-effetto siano invariabili e ciò automatizza il nostro lavoro.

Tuttavia, ogni scenario è dominato da sfumature, eventi imprevisti e persino caos. La prevalenza ci fa agire senza pensare, basandoci solo sulle esperienze pregresse. La mente diventa più rigida, meno curiosa e analitica, il che può portare a commettere errori.

Nessuno, nemmeno la persona con la più grande cultura e conoscenza, è esente da incomprensioni. Tuttavia, tutti possiamo ottimizzare le nostre prestazioni adottando una mentalità orientata all’apprendimento continuo, alla flessibilità e alla curiosità.

Lavoratrice che indica se stessa con molto ego a simboleggiare che la esperienza non è sempre la migliore insegnante.
Evitiamo di dare per scontato che, per la nostra esperienza, siamo più competenti degli altri. L’umiltà intellettuale è fondamentale.

I veri esperti sono infallibili?

Né il leader con la maggiore esperienza nella direzione di gruppi di lavoro né l’esperto con diverse lauree e dottorati sono esenti da errori. E quando si verificano, qualcosa si rompe nei loro schemi mentali.

“Come può essere successo?”, si chiedono. È come se la mera esperienza li rendesse invulnerabili al fallimento, impermeabili all’errore. La verità, però, è diversa.

La saggezza va sempre di pari passo con l’umiltà intellettuale e queste devono essere accompagnate da diverse dimensioni psicologiche che aggiungano maggiore valore ed efficacia all’esperienza accumulata.

Quest’ultima, come anticipato, rappresenta senz’altro un vantaggio, ma non è la risposta a ogni sfida e circostanza. Diamo ora un’occhiata a quelle aree che tutti dovremmo sviluppare.

1. Autoriflessione

L’autoriflessione è la capacità di agire in modo più ponderato e non dominato dall’impulsività o dal comportamento automatico. Allo stesso modo, questa qualità aiuta la persona a intendere la vita come una lezione continua durante la quale essere ricettivi a tutti gli stimoli, senza dare per scontata ogni circostanza. Una simile visione della vita permette di gestire meglio le informazioni, trarre ipotesi e analizzarle a fondo.

2. Mente flessibile

Le persone con un approccio flessibile affrontano meglio i cambiamenti, tollerano gli errori e sono orientate all’apprendimento e alla scoperta costanti.

La mente che crede che l’esperienza sia la risposta a tutto, invece, si avvale di una mente inflessibile, incapace di vedere le sfumature di ogni evento, la complessità di ogni circostanza.

3. L’esperienza non è sempre la migliore insegnante, evitiamo giudizi affrettati

Forse il problema più grande è che l’esperienza favorisce giudizi troppi affrettati. Ne siamo inconsapevoli, ma poiché ci consideriamo esperti in alcune aree, il nostro pensiero diventa automatizzato e parziale.

Lo ha fatto notare lo psicologo e premio Nobel Daniel Kahneman. Pensare velocemente produce giudizi assoluti e non relativi.

Educhiamo il nostro pensiero rallentandone le conclusioni. Cerchiamo di essere più attenti, pazienti, curiosi e di ampliare le prospettive invece di presumere di sapere tutto. La vita ci sorprende sempre e può coglierci alla sprovvista.


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