Lettera al dolore emotivo

Lettera al dolore emotivo

Ultimo aggiornamento: 11 dicembre, 2015

Sei quel tipo di dolore che non voglio affrontare. Sei la ferita emotiva creata nelle difficoltà e alimentata con i maltrattamenti. Sei la disillusione, il tradimento, l’ingiustizia, l’umiliazione e l’abbandono.

Provo a sfuggirti e a non guardarti, perché l’unica cosa che mi dà sollievo è l’entusiasmo per la normalità. Mi copro gli occhi, perché non voglio vivere sofferente, ma allo stesso tempo sono stufa di dire e pensare che vada tutto bene.

Sorrido quando non ne ho voglia e cerco di andare d’accordo con la vita, ma fingere sta cominciando ad essere esasperante. Non c’è niente di più doloroso che mostrare che stiamo bene quando qualcosa dentro ci fa male.

Quando accade questo, finiamo per entrare in una spirale che ci assorbe e ci stritola l’anima. Ho deciso, quindi, di chiudere la ferita presente in me. Più di una volta ho sentito che mi strappava l’anima e mi uccideva la speranza.

Questa sofferenza è opera di un criminale. Un criminale che mi ha spezzato il cuore, che ha danzato sulle mie pene, che si è approfittato della mia innocenza, che ha alimentato la mia insonnia con crudeltà. Un ladro di forza di volontà che, dopo il colpo, si è disfatto delle mie energie.

lettera dolore 2

“Quando si serba rancore, ci si aggrappa a quella persona o situazione per mezzo di un vincolo emotivo più forte dell’acciaio. Perdonare è l’unico modo di dissolvere quel vincolo e raggiungere la libertà.”

(Catherine Ponder)

Avevo così paura di volare con le mie ali rotte, che smisi di cercare di capire quella parte di me che singhiozzava. In altre parole, feci del mio corpo la tomba della mia anima e cominciai ad affondarvi senza porre resistenza.

Tuttavia, non c’è nulla come toccare il fondo per riprendere lo slancio. Mi resi conto che scappare dai miei tormenti non faceva altro che peggiorare e dilatare i miei problemi e, soprattutto, devastare le mie emozioni.

Compresi che non potevo tradirmi e non badare a me stessa. Se qualcosa fa male, non si può dire ad alta voce che tutto va bene. In questo modo, capii che sentire liberamente il dolore della vita era la via di fuga migliore.

Ero avvantaggiata dal fatto che il dolore è solo la prima tappa della sofferenza, perciò avevo ancora tempo per curarmi prima di venire danneggiata irrimediabilmente. Sentirci in questo modo è un segnale d’allarme che usa la nostra mente per avvisarci che qualcosa sta ostacolando il nostro benessere.

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La consapevolezza che si raggiunge attraverso il dolore emotivo

Di solito, i colpi ci colgono di sorpresa e ci causano così tanto strazio, che li evitiamo e diventiamo esperti nello sfuggire al dolore della nostra vita. Ad esempio, questo ci succede quando ci troviamo sull’orlo di una separazione: l’allontanamento si fa sempre più evidente, ma vogliamo credere che non stia succedendo niente e che tutto si aggiusterà.

Questi comportamenti masochisti sviluppano un’eccessiva tolleranza al dolore. Pensiamo che, per non fallire nel nostro ruolo di persona/partner/amico/donna/uomo/padre/madre, dobbiamo sacrificarci e, pertanto, soffrire.

In altre parole, abituandoci al dolore, giustifichiamo la tendenza ad offrirci totalmente e smisuratamente; in questo modo, proviamo a dare un significato ai nostri comportamenti e alla nostra vita stessa.

Quando attraversiamo una fase dolorosa, proviamo inconsapevolmente ad andare avanti, come se non stesse succedendo nulla. Tuttavia, con questo atteggiamento, non facciamo che permettere al dolore di inserirsi in noi e di mettere le radici. Così, il dolore si ingrandisce e raggiunge i nostri sentimenti e le nostre emozioni più vitali.

Fuggire dalla sofferenza è impossibile e l’unico modo che abbiamo a disposizione per farla scomparire è permetterci di sperimentarla e viverla fino a che essa non si esaurisca.


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