L’incredibile esperimento del Rat Park

L’esperimento del Rat Park è tanto curioso quanto interessante. I risultati ottenuti ci rivelano una variabile essenziale alla base del consumo delle droghe
L’incredibile esperimento del Rat Park
Gema Sánchez Cuevas

Revisionato e approvato da la psicologa Gema Sánchez Cuevas.

Ultimo aggiornamento: 12 marzo, 2023

L’esperimento del Rat Park è uno dei più suggestivi mai condotti nell’ambito delle dipendenze. Prima di tutto, è bene sottolineare che i topi sono animali spesso impiegati per realizzare esperimenti psicologici. Questo perché sono animali geneticamente molto simili a noi, con quasi il 95% del genoma strutturato esattamente come il nostro.

A ogni modo, ciò avviene sempre in condizioni strettamente controllate, seguendo delle linee guida precise. La maggior parte degli animali sottoposti a esperimenti rimangono isolati in gabbie, quasi del tutto privi di contatto con l’esterno. Una condizione, come si può intuire, opposta al loro naturale stile di vita.

“Il consumismo è un atteggiamento volto a divorare il mondo intero. Il consumatore è un eterno bambino che piange in cerca del suo biberon. Questo è evidente nei fenomeni patologici come l’alcolismo e la dipendenza da droghe.”
-Erich Fromm-

Risalgono agli anni 60 diversi esperimenti su topi con l’uso delle skinner boxes, gabbie elettroniche che premiavano (con cibo) o punivano (con scariche di corrente elettrica) gli animali a seconda della loro risposta a un dato stimolo.

Questa dinamica permetteva uno studio sul comportamento, quantomeno secondo l’opinione degli psicologi comportamentisti. L’esperimento del Rat Park ha rappresentato una vera e propria rottura con questo modello investigativo.

I topi dipendenti

Negli anni 60 alcuni psicologi comportamentisti condussero degli studi sulla dipendenza. A tale scopo, delle cavie da laboratorio vennero isolate nelle skinner boxes, ossia gabbie singole, e veniva insegnato loro a spingere una leva che si trovava all’interno delle stesse. Quando ci riuscivano, senza volerlo assumevano una sostanza psicotica. Si trattava quasi sempre di eroina, una delle droghe che dà più dipendenza.  

Ogni volta che i topi muovevano la leva, ricevevano subito una piccola dose di droga. Gli studiosi notarono che in determinate circostanze, alcuni topi azionavano la leva ripetutamente fino a consumare tutta la quantità di droga a disposizione.

Alcuni animali dimenticavano persino di bere e mangiare, ma mai di spingere la leva per ricevere la morfina. Molti, infatti, morirono durante l’esperimento. Gli studiosi giunsero così alla conclusione che le le persone che hanno accesso a droghe simili corrono gli stessi pericoli dei topi.

Fu allora che fece la sua comparsa sulla scena il professor Bruce Alexander, insieme a un gruppo di ricercatori dell’Università Simon Fraser, Canada. Furono loro a proporre l’esperimento del Rat Park.

Esperimenti rat park sui topi

L’esperimento del Rat Park

Il professor Bruce Alexander era convinto che l’isolamento a cui erano sottoposte le cavie non permettesse l’obiettività dell’esperimento. Le cavie usate, infatti, erano albine, discendenti dai ratti norvegesi, una specie socievole, curiosa e intelligente. La costrizione in gabbia non era una condizione di vita naturale per loro. Ecco perché, in base a queste riflessioni, Bruce Alexander decise di provare l’esperimento del Rat Park.

L’obiettivo di Alexander era scoprire se i topi si sarebbero comportati allo stesso modo anche in condizioni di libertà. Esisteva una tendenza innata verso la dipendenza? Cominciando a consumare droga, non vi era altro rimedio possibile se non continuare a farlo fino alla morte?

Per rispondere a queste domande, Alexander avviò l’esperimento del Rat Park nel 1977. La sua equipe isolò alcune cavie in gabbia e lasciò libere le altre, in uno spazio quasi 200 volte più grande, abbellito con alberi ed elementi naturali, che simulava un parco.

Cavia da laboratorio in gabbia

I sorprendenti risultati dell’esperimento

Proprio per l’estrema somiglianza dell’area in questione con un parco, l’esperimento venne ribattezzato Rat Park. Per arricchirlo, gli investigatori aggiunsero altri topi provenienti dal mondo esterno per farli interagire con quelli in cattività. Tutti i topi, sia quelli in gabbia sia quelli nel parco, avevano accesso a dosi di morfina.

Gli investigatori diedero ai topi la possibilità di bere due liquidi. Il primo conteneva morfina, il secondo acqua. Camuffarono inoltre il sapore amaro della morfina con una soluzione zuccherata. Dopo qualche giorno, i topi in gabbia cominciarono a preferire il liquido contenente morfina. Anche i topi nel parco cominciarono a berlo, ma in ritardo di parecchi giorni rispetto al primo gruppo.

Le cavie in gabbia consumavano 19 volte più morfina rispetto alle cavie libere. Queste ultime sembravano infatti percepire i benefici derivanti dal non consumare droga ed evitavano di farlo, anche se l’avevano già provata. Alexander e il suo team intrudessero in seguito alcune variazioni nell’esperimento, ma le condizioni riscontrate rimasero stabili.

L’esperimento del Rat Park ha dimostrato che l’isolamento sociale è un fattore determinante per il consumo continuato di droghe. A sua volta, la compagnia e la libertà fanno drasticamente calare la dipendenza e, quando questa si produce, i soggetti affetti tendono a cercare in ogni modo di recuperare il loro stato normale, sopportando persino un regime di astinenza prolungata.


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  • Alexander,  Bruce K., Barry L. Beyerstein, Patricia F. Hadaway And Robert B. Coambs (1981). “Effect of Early and Later Colony Housing on Oral Ingestion of Morphine in Rats”. Pharmacology, Biochemistry & Behavior, Vol. 15. pp. 571-576, 1981.

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