Movimenti insurrezionali, cosa sono?

I movimenti insurrezionali sono una questione complessa. In questo articolo proveremo a darne una definizione e a individuare i fattori che ne rendono possibile il successo.
Movimenti insurrezionali, cosa sono?
Roberto Muelas Lobato

Scritto e verificato lo psicologo Roberto Muelas Lobato.

Ultimo aggiornamento: 11 febbraio, 2023

Parlare di movimenti insurrezionali può essere fuorviante. Ad esempio, lo Stato islamico è un movimento insurrezionale o un gruppo terroristico? La risposta è complessa, anche per via dei cambiamenti che questo gruppo ha subito. Tuttavia, per dare una definizione dei movimenti insurrezionali sarà prima necessario capire cosa si intende per insurrezione.

Ma prima di dare una definizione di insurrezione, vediamo alcuni dei gruppi che nel tempo sono stati inclusi tra i movimenti insurrezionali. Tra essi, i più noti sono lo Stato islamico, Al Qaeda, Boko Haram, le FARC, i Talebani, gli Hezbollah, Hamas, l’ETA e l’IRA. Sebbene alcuni di questi siano ormai scomparsi, in alcuni momenti della loro storia sono stati considerati gruppi di ribelli.

Uomini in guerra

Definizione di insurrezione

Trovare una definizione chiara e precisa di insurrezione è un compito alquanto difficile. Tuttavia, è possibile mettere in evidenza alcuni punti comuni alle diverse definizioni. In tal senso, l’insurrezione può essere considerata come una serie di azioni compiute da una minoranza all’interno di uno stato con il fine di imporre un cambiamento politico. Scopriamo pertanto che l’obiettivo è prima di tutto politico.

L’insurrezione fa uso della propaganda e della pressione militare per persuadere o intimidire la popolazione. L’obiettivo è difatti quello di ottenere il sostegno popolare. Il riconoscimento e l’accettazione da parte della popolazione saranno dunque fondamentali e ne determineranno, in larga misura, il successo o il fallimento.

Infine, l’insurrezione è caratterizzata dalla disparità di forze. Dal momento che lo stato è in genere più potente, le insurrezioni optano per scontri asimmetrici e prolungati in cui la guerra psicologica diventa il principale strumento.

“Come un animale selvatico, la verità è troppo potente per poterla ingabbiare.”

-Veronica Roth-

Come vengono creati e consolidati i movimenti insurrezionali

Per poter dar vita a un movimento insurrezionale, si devono considerare i seguenti fattori:

  • Creare un’identità politica rilevante: gli insorti devono fare in modo che l’identità che propongono diventi più importante di altre; al punto da essere disposti a difenderla con la lotta.
  • Sposare una causa allettante: deve includere un certo malcontento condiviso con la popolazione.
  • Attrarre il sostegno popolare: se i seguenti fattori vengono soddisfatti, ciò diventa più probabile.
  • Avere una solida leadership: una buona leadership conferisce coerenza, coordinamento e credibilità al gruppo.
  • Prevalere sui gruppi rivali: essere più forti di altri gruppi o persino collaborare con essi può determinare la sopravvivenza del movimento insurrezionale.
  • Avere un nascondiglio: i nascondigli o rifugi sono molto importanti per la sopravvivenza del gruppo.
  • Cercare il supporto esterno: il sostegno da parte di altri stati può essere determinante.
  • Aspettarsi un comportamento sbagliato dalle autorità politiche: una cattiva azione dello stato può causare il sostegno popolare all’insurrezione.

“Come figlio del popolo non potrò mai dimenticare che il mio unico obiettivo dovrà sempre essere la sua prosperità.”

-Autore sconosciuto-

Classificazione dei movimenti insurrezionali

In genere la distinzione è tra movimenti insurrezionali e movimenti di liberazione nazionale. Nei movimenti insurrezionali, i cittadini si oppongono a un dato governo per motivi ideologici, etnici, economici, ecc. Nei movimenti di liberazione nazionale, invece, gli insorti si scontrano con un regime sostenuto o controllato da stranieri.

Tuttavia, esistono anche altre possibili classificazioni, come quella basata sugli obiettivi perseguiti dal movimento. Questa classificazione dà origine a tre tipologie diverse:

  • Potere e progetto politico: l’obiettivo di questi gruppi è assumere il controllo dello stato per instaurare un nuovo regime.
  • Potere politico e territorio: in questo caso, i gruppi hanno come obiettivo la fine di un’occupazione straniera e mirano, in altre parole, all’indipendenza nazionale.
  • Autonomia politica locale o tribale, creando o mantenendo una situazione al di fuori del controllo dello stato: questi gruppi cercano di minare l’autorità del governo di uno stato parzialmente o totalmente fallito per prenderne poi il potere.
Soldati in trincea


I cinque pilastri dei movimenti insurrezionali

I movimenti insurrezionali possono ricorrere a cinque strumenti strategici per raggiungere i propri obiettivi. Ovvero: la lotta armata, la propaganda,l’ assistenza alla popolazione, l’attivismo sociale e politico e le relazioni internazionali.

  • Lotta armata: l’uso della violenza è molto comune nelle insurrezioni, le tecniche utilizzate di solito sono la guerriglia e, come supporto, il terrorismo.
  • Propaganda: la propaganda ha il fine di conquistare le menti e i cuori della popolazione, sia a livello nazionale che internazionale.
  • Assistenza alla popolazione: al fine di ottenerne supporto e mobilitare la popolazione, le attività sociali e l’assistenza sono spesso un’altra strategia usata dai gruppi di ribelli.
  • Attivismo sociale e politico: la creazione e l’infiltrazione di associazioni civiche, sindacati e persino partiti politici vengono spesso impiegati dai movimenti insurrezionali.
  • Relazioni internazionali: il sostegno internazionale è in genere un grande vantaggio, per questo tali gruppi tentano di ottenerlo.

Come si può dedurre da queste linee guida, i movimenti insurrezionali assomigliano ad altri gruppi di violenti che fanno uso del terrorismo e della guerriglia. Distinguerli non è sempre facile. Tuttavia, sono ben noti i fattori che ne rendono possibile la nascita e il successo.


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  • Guindo, M. G. (2013). Insurgencia y contrainsurgencia. In J. Jordán (Ed.), Manual de Estudios Estratégicos y Seguridad Internacional (pp. 15–43). Madrid: Plaza y Valdés.

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