Quando nessuno mi vede, la mia anima si compiace

Quando nessuno mi vede, la mia anima si compiace

Ultimo aggiornamento: 11 novembre, 2016

Quando nessuno mi vede, la mia anima si compiace. Posso essere come la bambina che gioca, che ride senza un motivo o che piange ogni volta che ne sente il bisogno, senza essere giudicata dallo sguardo degli adulti. Quando sono da sola, mi rallegrano i piaceri semplici, non fare nulla e sognare tutto. Camminare senza vestiti o immergermi in una vasca piena di schiuma per disinfettare le mie pene e le mie preoccupazioni.

Sono poche le circostanze di cui abbiamo tanto bisogno come quelle in cui viviamo nella più pura intimità, a volte un po’ sfacciata, a volte piacevole, ma soprattutto, piena di vita. Perché quando nessuno ci vede, l’anima e la mente si rilassano e lasciano cadere “le maschere”, mentre noi traiamo piacere da azioni elementari come bere una tazza di caffè, leggere una rivista, vestirsi o lasciare lo sguardo fisso sulla tiepida calma pomeridiana.

Adoro l’intimità di quei piccoli istanti nei quali nessuno mi vede. All’improvviso, la mia mente sboccia e il mio cuore si rilassa, perché non c’è niente come arrivare a casa e togliersi le scarpe e i dolori, spogliarsi dei vestiti troppo stretti e slacciare i bottoni dello stress.

Noi esseri umani trascorriamo la maggior parte della nostra giornata sottomessi a infinite regole e leggi del comportamento. Forse è per questo che quegli spazi privati nei quali non ci si aspetta nulla da noi, nei quali non siamo sottoposti al giudizio degli sguardi né ai convenzionalismi su come agire, vestirsi o reagire di fronte a certe situazioni, sono così catartici.

È un tema complesso ed interessante e, quindi, vi invitiamo a scoprirlo con noi.

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Quando nessuno ci vede e possiamo “spogliarci”

Tutti noi siamo “incastrati” a forza in questo universo sociale nel quale dobbiamo adattarci fisicamente e psicologicamente. Trascorriamo gran parte del nostro ciclo vitale orbitando intorno a certi ambienti nei quali ci viene sempre richiesto qualcosa: essere bravi figli, studenti modello, lavoratori efficaci, padri e madri perfetti o amici ideali.

Nei miei momenti di solitudine, quando nessuno mi vede, non c’è spazio per l’invidia, ma il mio orgoglio si diverte nel vedere come spoglio la mia anima e la mia mente del rumore della vita e delle pressioni.

Nonostante ciò, anche se è ovvio che la maggior parte di noi si sforza ogni giorno per raggiungere ognuna di queste aspirazioni, la pressione propria, sia interna sia esterna, crea in noi “piccoli calli psicologici”. Sono cicatrici lasciate dalla forza esercitata, dal disuso e, perché non dirlo, persino dalla stanchezza.

Lottare per “l’eccellenza” nella nostra vita non è affatto negativo. Non ci neghiamo nemmeno quella grata felicità che ci offre amare ed essere amati, avere degli istanti di complicità magica con i nostri amici, eppure tutti, assolutamente tutti, abbiamo anche bisogno del nostro proprio rifugio privato nel quale non essere visti e, finalmente, spogliarci per alleviare le zone di “pressione psicologica ed emotiva”.

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Stando ad uno studio condotto dal neurologo Mark Leary, della Duke University nella Carolina del Nord (Stati Uniti), alcune delle pressioni più comuni che soffrono le persone sono note come “metapercezioni”, ovvero percezioni che noi stessi abbiamo di come ci vedono gli altri.

Per molti di noi, è una forma di ansia sociale davvero fastidiosa nella quale i momenti di intimità acquisiscono il loro massimo significato perché, finalmente, si spegne la fastidiosa sensazione di essere “sempre giudicati”. Per altri, invece, questo aspetto rappresenta un problema minimo, perché filtrano tutti i segnali che ricevono attraverso un buon concetto di se stessi e una solida autostima.

Non hanno bisogno di rifugiarsi, ma anche in questo caso, si compiacciono di quei momenti trascorsi in compagnia di se stessi. Lì dove nessuno li vede.

Il piacere della propria intimità e i compiti quotidiani

Cucinare un dolce mentre spieghiamo per la milionesima volta al nostro cane perché non possiamo dargli del cioccolato, ballare per casa con i capelli stravolti, con i calzini spagliati e in mutande, mettere lo smalto, giocare a un videogioco, leggere romanzi erotici, scrivere delle iniziali su un vetro ghiacciato mentre osserviamo la pioggia che cade fuori…

Che importanza ha? Senza dubbio, ne ha molta. Ciò che facciamo quando gli altri non ci vedono non è responsabilità di nessuno, è come quell’angolo buio sotto le scale dove ci nascondevamo da bambini per creare il nostro rifugio immaginario, lontano, molto lontano, dal mondo dei grandi. Ora, quando la nostra mente indossa ormai le preoccupazioni di un adulto e le stesse paure di un bambino, desideriamo ritrovare quell’angolo privato nel quale entrare in contatto con noi stessi.

Per Mihály Csíkszentmihályi, celebre psicologo ungherese e autore di libri come Flow: the Psychology of Optimal Experience (Flusso: la teoria dell’esperienza ottimale), quegli istanti sono una parte indiscutibile del nostro benessere personale ed emotivo e, quindi, sono necessari.

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Qualsiasi azione che ci permette di eliminare la “pelle morta” formata dal rumore dei pensieri negativi, dallo stress o dalle preoccupazioni quotidiane e che, allo stesso tempo, ci invita a entrare in contatto con il momento presente e con la nostra coscienza, è un investimento nella felicità.

Seguire il flusso significa lasciarsi condurre dalle fusa appagate della vita, senza frette né pressioni, ma senza mai trascurare quella meravigliosa avventura che è essere se stessi. I momenti di solitudine, quelli in cui nessuno ci vede, sono momenti di complicità necessaria nei quali riposarsi e permettere alla propria anima di divertirsi. Cercate di metterlo in pratica ogni giorno.


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