Persone rancorose e psicologia del rancore
Le persone rancorose si trascinano dietro, perennemente, pezzi di brace ardenti che sono pronte a scagliare contro chi le offende. A bruciarsi, però, non sono gli altri, ma loro, a forza di tenere in mano quel fardello che scotta, quella fonte di rabbia, odio e malessere.
Tutti noi conosciamo persone rancorose, ma c’è un aspetto che a volte passa inosservato. Questa dimensione, questo sentimento profondo e autodistruttivo, non è esclusivo di chi ignora il perdono. È molto più profonda e ricca di sfumature e dimensioni contrapposte che ciascuno di noi, in un dato momento, può sperimentare.
Il rancore è un sentimento molto ricorrente. Lo prova, per esempio, chi è stato ferito, tradito o abbandonato dalla propria famiglia. Ne soffre chi è stato ingannato dal partner. Il rancore è anche quella sensazione permanente che germoglia in chi è sopravvissuto a una guerra o a un conflitto armato. Sono situazioni comprensibili, ma non salutari da un punto di vista psicologico.
“Il risentimento si diletta in anticipo del dolore che augura all’oggetto del suo accanimento.”
-Albert Camus-
Il rancore è caratterizzato da un elemento altamente nocivo: la cronicità. È uno stato di angoscia che si prolunga nel tempo, che ci si trascina dietro facendolo interferire in tutti gli ambiti della propria vita. Cambia l’umore, si perde la fiducia negli altri, cambiano gli atteggiamenti e si altera persino il tipo di trattamento che riserviamo a coloro che ci circondano.
Il rancore è come l’ossido, si estende e finisce per debilitare tutta la struttura, tutta l’identità
Persone rancorose: caratteristiche e profilo psicologico
Le persone rancorose custodiscono una cassaforte. Dentro di essa nascondono il peso dell’offesa ricevuta, il dolore degli inganni, dei tradimenti o persino di un abbandono. La loro cassaforte è blindata per una ragione evidente: non vogliono dimenticare neanche un secondo di quanto accaduto. Così, tutto l’insieme delle loro ferite emotive viene compresso e messo al sicuro, oltre a tutta la tristezza che si è trasformata in rabbia e poi in odio.
Ma a questo tessuto psicologico si aggiunge anche un ultimo componente: il desiderio di vendetta. Non per forza in senso stretto o in termini violenti. Nella maggior parte dei casi, il vero desiderio è che la persona che li ha offesi sia ripagata con la stessa moneta, provi la stessa sofferenza e alle stesse condizioni. Sapendo questo, è comune che le persone rancorose presentino le seguenti caratteristiche.
Incapacità di perdonare
A volte perdonare non è facile, lo sappiamo. Tuttavia, bisogna sempre ricordare che il perdono è innanzitutto un passo che permette di chiudere una tappa e recuperare l’equilibrio emotivo. La persona rancorosa non riesce a perdonare e per questo non fa che alimentare il suo risentimento, ricordando costantemente il peso dell’offesa o del danno subito.
Entra pertanto in un circolo vizioso che alimenta e intensifica la sua sofferenza. Studi come quello condotto presso l’Università di Pisa e pubblicato sulla rivista Frontiers in Human Neuroscience ci rivelano che alimentare il risentimento apre ancora di più la ferita emotiva. Al contrario, l’atto del perdono regola numerose strutture neuronali, favorisce la calma, riduce lo stress e attiva aree come la corteccia prefrontale (legata alla risoluzione dei problemi).
Pensiero dicotomico
“O sei con me o contro di me. Le cose sono bianche o nere, o mi aiuti o mi tradisci”. Approcci del genere sono tipici di una chiara distorsione cognitiva. Si tratta di uno schema di pensiero rigido del quale le persone rancorose non si rendono nemmeno conto, così abituate a rasentare gli estremi, a scegliere posizioni polarizzate. Così facendo, non fanno che stabilire enormi e amare distanze con le persone che le circondano.
L’orgoglio che non dà tregua
L’orgoglio è un cavallo di battaglia che calpesta, spiana e trasforma qualunque cosa su cui passi. Questa caratteristica porta le persone rancorose a stare sempre sulla difensiva, e che per un nonnulla si sentano ferite. Non è facile vivere, dialogare o trovare un accordo con chi si lascia trasportare sempre dall’orgoglio, con chi prende sempre tutto sul personale.
Incapacità di soddisfare i bisogni emotivi e psicologici
Abbiamo tutti il pieno diritto di sperimentare sensazioni negative verso chi ci ha feriti. C’è però un aspetto che non rientra nella normalità psicologica: mantenere quella rabbia in maniera permanente, quel ricordo doloroso e l’impronta che lo accompagna, finendo per trasformarlo in amarezza cronica.
Abbiamo il dovere morale di accettare il passato e avanzare. Ciò non significa dimenticare, ma semplicemente imparare ad avvalerci di certe strategie psicologiche per combattere con le ferite e permetterci nuove possibilità. Chi non ne è capace, chi non sa trovare una via d’uscita per scappare da tanta rabbia e amarezza, finisce per fare del rancore la sua forma di vita.
Come annientare il rancore che ci attanaglia e domina?
Un interessante studio realizzato presso l’Università dell’Ontario, in Canada, parla del bisogno di fornire alle persone rancorose strumenti per mettere in atto il perdono emotivo.
Questa dimensione, questo esercizio di salute, è determinante perché ci permette di liberarci dalle emozioni negative per generare una nuova realtà psicologica dalla quale si può iniziare a lavorare.
Ecco alcuni degli strumenti necessari:
- Il soggetto deve lavorare sulla flessibilità del suo pensiero, per imparare a vedere le cose da nuove prospettive.
- Deve essere aiutato nella gestione della rabbia, dimensione abitata da pensieri distorti e da un’attivazione fisiologica poco salutare.
- Ha bisogno di distrazioni per poter sviare lo sguardo dal passato al presente. Alimentarsi solo con i pensieri negativi dello ieri impedisce di vivere in libertà. Pertanto è meglio iniziare nuovi progetti con cui fare nuove esperienze e iniziare nuovi hobby o relazioni.
Il rancore è un abisso senza fondo e una landa senza frontiere. Nessuno merita di vivere in un simile scenario. Impariamo dunque a costruirci una via di fuga, un cammino per liberarci e respirare con maggior tranquillità e dignità.