Relazione tra amigdala e ansia
L’amigdala ha una relazione diretta con i disturbi d’ansia, questo è un fatto noto da molto tempo. Oltre a questo, ce n’è un altro tanto curioso quanto sorprendente. I neuroscienziati hanno scoperto che ci sono persone con un’amigdala più grande di altri e che questa differenza è responsabile di un maggiore rischio di soffrire di disturbi dell’umore. Vi invitiamo a scoprirne di più sulla relazione tra amigdala e ansia.
È una coincidenza? Si può nascere con quest’alterazione neurologica? La ricerca ci sta mostrando che questa particolarità è in realtà dovuta soprattutto a un determinato fattore. Sembra infatti che questa ipertrofia dell’amigdala si verifichi nelle persone che hanno avuto un’infanzia complicata e soggetta a stress costante per abuso, abbandono fisico o trascuratezza emotiva.
In altre parole, le nostre esperienze passate e la loro qualità modellano l’architettura del cervello. E lo fanno in un modo davvero unico: se soffriamo di stress durante l’infanzia, tutta la neurobiologia relativa a quella che è conosciuta come la “rete della paura” viene alterata. Analizziamo più in dettaglio la relazione tra amigdala e ansia qui di seguito.
Aree come l’amigdala, l’ippocampo o la corteccia cingolata anteriore dorsale subiscono piccole alterazioni che aumenteranno il rischio di soffrire di disturbi d’ansia nell’età adulta.
Relazione tra amigdala e ansia, di cosa si tratta?
Ognuno di noi prova ansia durante la sua vita e, a volte, con grande intensità. Alcune realtà quotidiane, come affrontare un colloquio di lavoro, un concorso o tenere una conferenza, ci mettono alla prova e ci trascinano in quel territorio in cui veniamo colti dalla paura, dall’incertezza o dall’angoscia per ciò che accadrà e se lo faremo bene.
Queste esperienze, per quanto possano sembrare complesse, sono del tutto normali. Ciò che non è così normale, invece, è vivere in uno stato di costante sofferenza e angoscia.
A volte non esiste un trigger specifico, ovvero una causa scatenante, ma semplicemente ci si sente sempre minacciati, senza spiegarsene il motivo, in modo tale che tutta la nostra realtà, sia fisica che psicologica, risulta alterata. Quest’ansia è patologica e agisce come un veleno che colpisce la salute e il potenziale della persona che ne soffre.
Fobie, disturbo post-traumatico da stress, disturbo d’ansia generalizzato… Sono molte le condizioni psicologiche mediate dall’ansia. I neuroscienziati si chiedono da decenni cosa succede nel nostro cervello e quali strutture orchestrano queste situazioni avverse. Vediamo cosa ci dicono gli studi.
La rete della paura e il suo direttore d’orchestra
L’ansia non è il risultato dell’attività di una singola struttura cerebrale; in realtà, è il risultato di una complessa conversazione di diverse aree cerebrali, che configura quella che è conosciuta come la rete della paura. Lo sappiamo, il solo nome terrorizza.
Per capirlo meglio, inizieremo spiegando un concetto molto semplice: il nostro cervello è sia emotivo che razionale. Ha alcune aree molto antiche, che articolano e dominano tutti i processi relativi a sensazioni, emozioni e sentimenti. La nostra corteccia cerebrale, e in particolare le aree frontali, invece, controllano i processi cognitivi e più riflessivi.
Quando una persona soffre di un disturbo d’ansia, il suo cervello è dominato dalla rete della paura, ovvero viene “dirottato” da una serie di strutture che limitano il suo pensiero più logico e riflessivo.
Il direttore d’orchestra di tale meccanismo è l’amigdala. Questo è un fatto che conosciamo fin dagli anni ’90, grazie a uno studio condotto presso l’Università di Yale dal Dr. Michael Davies.
- Sappiamo che l’amigdala umana è in grado di estrarre informazioni in modo ultra-veloce su ciò che ci circonda, rilevando rischi e minacce (non c’è bisogno che questi siano reali o meno).
- Subito dopo attiva la sensazione di paura per favorire la fuga o la difesa.
- Più tardi, questa sensazione di paura e allarme raggiunge anche la corteccia cingolata anteriore dorsale (situata nel lobo frontale). Questa struttura non fa altro che amplificare il sentimento di paura e bloccare i pensieri più razionali, perché in quel momento il cervello è controllato dall’angoscia. E queste emozioni ci spingono a reagire.
Anomalie dell’amigdala dovute a un’infanzia stressante
Nel 2013 la Stanford University fece una grande scoperta. Il dottor Vinod Menon, docente di psichiatria, scoprì attraverso delle risonanze magnetiche che alcune persone avevano un’amigdala molto più grande della media. Queste persone presentavano anche altri fattori in comune.
Il primo era che soffrivano di disturbi d’ansia. Il secondo che avevano avuto un’infanzia traumatica, o almeno stressante, a causa di abbandono, indifferenza emotive, ecc.
Sembra, quindi, che un’amigdala di dimensioni maggiori della media alteri le connessioni con altre regioni del cervello responsabili della percezione e della regolazione delle emozioni.
Si verifica un quadro di iperattività, ovvero l’amigdala è più sensibile, e si riscontrano maggiori problemi quando bisogna regolare la paura, l’angoscia, l’ansia, la sensazione di minaccia, ecc. Il Dr. Menon insiste su un fatto: avere un’infanzia difficile non è causa diretta di un disturbo dell’umore in età adulta. Indica, tuttavia, un rischio maggiore.
Sapendo ciò, la scienza tenta di capire come regolare l’attività dell’amigdala. Da questi studi potrebbero emergere nuovi strumenti preziosi per trattare l’ansia, una condizione che, come ben sappiamo, è molto presente oggi. Restiamo allora in attesa di ulteriori progressi scientifici riguardo alla relazione tra amigdala e ansia.
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- Davis, M. (1992). The Role Of The Amygdala In Fear And Anxiety. Annual Review of Neuroscience, 15(1), 353–375. https://doi.org/10.1146/annurev.neuro.15.1.353
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