Sindrome del cavaliere bianco: colui che salva

La sindrome del cavaliere bianco è tipica di molte persone che hanno affrontato un abbandono. La loro esigenza di salvare gli altri è quasi compulsiva, anche se non sempre lo fanno nel modo migliore.
Sindrome del cavaliere bianco: colui che salva
Valeria Sabater

Scritto e verificato la psicologa Valeria Sabater.

Ultimo aggiornamento: 15 novembre, 2021

La sindrome del cavaliere bianco indica quelle persone che provano il bisogno quasi compulsivo di salvare gli altri, aiutarli e risolvere i loro problemi. Tale atteggiamento è riconducibile ad abbandono, traumi e affetti non corrisposti. A ciò si deve l’intensa capacità di entrare in sintonia con il dolore altrui. E questo anche se l’aiuto da loro offerto non è sempre quello richiesto.

La maggior parte di noi conosce almeno un salvatore nato, qualcuno che al posto del cuore sembra avere un radar con cui capta i bisogni altrui. A volte, come sappiamo bene, quell’aiuto può sfociare in invadenza. Può persino far sentire a disagio o negare l’opportunità di essere responsabili e risolutori dei propri problemi.

Altre volte, invece, siamo grati a quell’altruismo sincero e sempre devoto. Non vediamo, però, i retroscena di queste dinamiche, di questo bisogno. La sindrome del cavaliere bianco descrive parte della popolazione formata da individui invisibili, profili che nascondono ferite, nodi che non sono mai stati districati davvero.

Questa sindrome è stata descritta nel 2015 dalle psicologhe e docenti dell’Università di Berkekey Mary C. Lamia e Marilyn J. Krieger. Ne parliamo più in dettaglio nelle prossime righe.

Le lacrime vengono dal cuore e non dal cervello.

-Leonardo da Vinci-

Sindrome del cavaliere bianco

Caratteristiche della sindrome del cavaliere bianco

Nelle fiabe il cavaliere sul cavallo bianco è colui che salva la fanciulla in pericolo. Nella vita reale, questa figura che appartiene al folklore, può essere un uomo o una donna e la sua massima aspirazione è intraprendere relazioni d’amore con persone ferite o vulnerabili. Questo legame gli o le permetterà di sentirsi utile, di guarire l’altro, di riaffermare se stesso/a e di rendere più forte il partner.

Ma le persone ferite raramente riescono a guarire; spesso, anzi, la loro ferita cresce, e diventano lo specchio su cui si riflettono traumi e sofferenze sempre più grandi. Sono tentativi di riscatto frustranti, che causano un’inevitabile infelicità. Ecco cosa si cela dietro la sindrome del cavaliere bianco e quanto segue spiega questo comportamento.

Cause scatenanti

Un passato fatto di abusi, di genitori autoritari o dalla mancanza di un legame sano e affettuoso durante l’infanzia: sono questi i fattori che più spesso danno origine alla sindrome del cavaliere bianco. Aver vissuto diverse esperienze di abbandono, sia a livello familiare sia da parte del partner, di solito è un fattore scatenante.

Caratteristiche del cavaliere bianco

Il cavaliere è mosso dalla paura di provare di nuovo quella distanza emotiva, di essere feriti, traditi e abbandonati.

  • Si tratta di persone particolarmente fragili, con elevata tendenza alla frustrazione, a sentirsi offesi o delusi da azioni spesso insignificanti.
  • Hanno scarsa empatia, cioè non riescono a distinguere la realtà emotiva altrui dalla propria, ed ecco che spesso sono soggetti a contagi emotivi. Non sanno porre limiti e si identificano quindi in chi soffre, in chi è preoccupato o spaventato; spesso, però, con il loro atteggiamento intensificano la sofferenza altrui.
  • Tendono a costruire relazioni amorose fortemente dipendenti. Desiderano essere tutto per l’altra persona. Cercano di essere quel sostegno fondamentale, quella fonte di nutrimento quotidiano e quell’altra metà indispensabile. Una situazione simile finisce per sfociare in infelicità e in un elevato costo emotivo per entrambe le parti.
Salvare gli altri

Tipologie di cavalieri bianchi

La sindrome del cavaliere bianco non si manifesta in un solo modo. In realtà rientra in uno spettro comportamentale che abbraccia figure con tratti più normali ed estremi più patologici. Ci riferiamo a:

  • Il cavaliere bianco fortemente empatico. In questo caso la persona instaura uno smisurato legame emotivo con il partner o con un’altra persona. Questa forma di empatia si trasforma spesso in fonte di paure estreme. Ecco che nascono gelosie, desiderio di controllo, l’angoscia di essere tradita.
  • Il cavaliere bianco idealista. È una figura alla ricerca di persone da salvare o da guarire. Desidera creare un essere perfetto, ideale. Essere responsabile di quel miglioramento le permetterà, oltretutto, di crogiolarsi nella gloria.
  • Il cavaliere bianco spaventato. Tra tutti i tipi, questo è il più problematico: si tratta di una persona che ha vissuto profondi traumi (abusi, maltrattamento…). Chi ne è affetto sente il bisogno di sentirsi di aiuto per gli altri, eppure non sa come prestare questo aiuto, come avvicinarsi agli altri, come offrire il suo affetto.
  • Infine, il cavaliere bianco “equilibrato”. Si tratta del soccorritore concentrato e rispettoso che sa ascoltare; offre il suo aiuto, ma rispetta l’altro e si sforza di farlo bene. Tuttavia, è comunque un comportamento compulsivo e, quindi, poco adatto.

Il cavaliere bianco dovrebbe salvare una sola persona: se stesso

Essere un cavaliere bianco “equilibrato” non ci esonera dal vero problema: pur così si nutre il desiderio di uccidere i draghi degli altri, sguainare la spada e indossare un elmo per affrontare battaglie che non competono. Aiutare chi ne ha bisogno va bene ed è nobile; tendere quella mano amica per le persone che amiamo è positivo. Tuttavia, nessuno merita di dedicare la propria vita alla salvezza altrui.

Dalla sindrome del cavaliere bianco si guarisce solo in un modo: salvando prima se stessi. Affrontando il viaggio più difficile di tutti: quello in cui si deve affrontare il proprio mondo interiore, i propri demoni per capirli e sconfiggerli così da illuminare gli angoli più bui.

Infine, dovrà compiere il gesto più coraggioso di tutti per un cavaliere bianco: chiedere aiuto agli altri, rivolgersi a un professionista esperto nel campo.


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  • Mary C. Lamia, Marilyn J. Krieger (2015). The White Knight Syndrome: Rescuing Yourself from Your Need to Rescue Others. Echo Point Books & Media

Questo testo è fornito solo a scopo informativo e non sostituisce la consultazione con un professionista. In caso di dubbi, consulta il tuo specialista.