Sociotropia, quando dedicarsi troppo agli altri fa male

La personalità sociotropica concentra tutti i suoi sforzi sugli altri per ottenere approvazione e apprezzamento. La sociotropia è un tratto patologico che spesso porta a soffrire di disturbi depressivi.
Sociotropia, quando dedicarsi troppo agli altri fa male
Valeria Sabater

Scritto e verificato la psicologa Valeria Sabater.

Ultimo aggiornamento: 15 novembre, 2021

La sociotropia definisce una personalità con un forte bisogno di investire tempo e fatica nelle relazioni interpersonali. Il tutto in un disperato tentativo di essere accettati così da evitare la solitudine e sentirsi riconosciuti in ciascuno dei propri gesti.

L’aspetto più preoccupante di questo tratto caratteriale è che tende a scatenare, prima o poi, più di un disturbo psicologico. Ansia, depressione, relazioni di co-dipendenza, attaccamento malsano, bassa autostima.

Il caleidoscopio di sfumature patologiche di questo profilo è variopinto ed estenuante. Sebbene ci ricordi molto la sindrome di Wendy, questo modello di personalità è ben distinto, secondo la definizione dello psicoterapeuta Aaron T. Beck.

Gli individui sociotropici sono oggetto di studio da decenni. Vulnerabili, insicuri ed eternamente bisognosi della considerazione altrui, spesso si rivolgono alla psicoterapia perché soffrono di depressione.

Due tratti comuni della personalità sociotropica sono la timidezza e la mancanza di assertività.

Cos’è la sociotropia?

Per sociotropia si intende l’abitudine di investire tempo ed emozioni nelle relazioni interpersonali in modo eccessivo, ossessivo e patologico.

È un tratto tipico delle persone satellite che orbitano attorno agli altri per ottenere riconoscimento, integrarsi, sentirsi accettati e riconosciuti. Questo a volte provoca situazioni tanto assurde quanto incomode.

La personalità sociotropica tende a dare eccessiva attenzione e affetto a chi conosce a malapena. Se vogliamo contestualizzare questo concetto in qualche modo, si tratta di quel nuovo impiegato che all’improvviso fa di tutto per i colleghi, li inonda di favori e parole gentili al punto da metterli a disagio.

È facile identificare questo tratto della personalità: una persona sociotropica si abbandona all’eccesso e il suo comportamento spesso rasenta il servilismo e la disperazione pur di ottenere approvazione.

La voglia di dare affetto e mostrare un interesse eccessivo verso gli altri, ricoprendoli di attenzione costanti o addirittura dando la priorità a persone che non si conoscono ancora a fondo, definiscono un profilo molto problematico a livello psicologico.

Aaron T. Beck e la scala sociotropia-autonomia (SAS)

Uno degli studiosi più interessati a definire, comprendere e identificare la sociotropia è stato sicuramente Aaron T. Beck. Lo studio condotto presso la Shippensburg University riprende i concetti elaborati da Beck e afferma che la sociotropia ha un opposto comportamentale e cognitivo: l’autonomia.

La sociotropia è l’esatto opposto dell’autonomia personale. Mentre la prima si concentra interamente sulla cura delle relazioni interpersonali, le persone autonome cercano e lavorano sulla propria indipendenza, senza preoccuparsi eccessivamente degli altri.

Cosa misura la scala di Beck sulla sociotropia/autonomia?

La scala di Aaron T. Beck serve a identificare la personalità sociotropica e la personalità autonoma. Per creare la Sociotropy-Autonomy Scale (SAS), Beck elaborò una lista di 378 domande da fare sia a pazienti sotto cure psichiatriche sia a persone al di fuori di questo ambiente. Ciò gli permise di individuare e descrivere sei fattori per rilevare ciascun modello di personalità:

  • La sociotropia è definita dalla paura della disapprovazione degli altri/dalla preoccupazione costante di far parte di un certo gruppo/dalla paura della solitudine o della separazione dagli altri/compiacimento.
  • L’autonomia si distingue per prestazioni autonome e individuali/necessità di non essere sotto il controllo di nessuno/preferenza per la solitudine.
Una donna triste che guarda dalla finestra.

Persone sociotropiche e depressione

Se c’è un aspetto in cui la sociotropia come tratto di personalità genera interesse, è a causa della sua tendenza a portare a disturbi depressivi. La letteratura scientifica su questo argomento è ampia.

Una ricerca dell’Università di Santiago de Compostela evidenzia come il pensiero ruminante e questo approccio emotivo più immaturo pongano le basi sia per la depressione maggiore che per l’ansia generalizzata. In generale, le cause di queste condizioni psicologiche risiedono nei seguenti aspetti:

  • Bassa autostima.
  • Una personalità timida che unisce il costante bisogno di essere valorizzata, amata, curata e accettata con il bisogno di mantenere i propri spazi. Questa contraddizione la fa soffrire.
  • Si tratta di persone poco assertive.
  • Hanno la tendenza ad avere un pensiero ruminante, a capovolgere le cose, a mettere in discussione tutto ciò che dicono e fanno, rimpiangendo ciò che hanno fatto, giudicandosi e criticandosi.
  • Cattiva gestione emotiva.
  • Il desiderio di essere socialmente accettati porta a condotte che in seguito sono causa di sofferenza, il che fa ulteriormente a pezzi il concetto di sé.
  • Eccessiva paura della solitudine.

L’importanza dell’accettazione di sé

Durante i suoi studi sulla sociotropia, Aaron T. Beck ha avuto a che fare con persone che lottavano contro la timidezza e il loro bisogno di attenzione, approvazione e affetto.

Questo paradosso in cui la voglia disperata di diventare importanti per gli degli altri si univa all’insicurezza personale e ad un concetto di sé negativo, generava in loro un grande conflitto interiore.

L’approccio per aiutare le persone con sociotropia consiste nello sviluppare basi caratteriali più autonome e assertive, nonché acquisire una maggiore sicurezza di sé e autostima.

L’aspetto complicato è che spesso queste persone raggiungono il limite, con disturbi depressivi maggiori e una storia affettiva piena di fallimenti. È fondamentale agire il prima possibile.

Non possiamo pretendere che gli altri ci diano ciò che non siamo in grado di dare a noi stessi. Prima di rivendicare un riconoscimento esterno, iniziamo con l’essere i nostri migliori amici, capaci di amore incondizionato e accettazione in primis per noi stessi.


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