Sopravvivere al COVID-19 e senso di colpa

"Perché io ho superato il Covid e il mio familiare no?", "Perché io ho avuto a malapena sintomi mentre altri stanno morendo?". Sono molte le persone che stanno iniziando a soffrire della sindrome del sopravvissuto in merito alla pandemia in corso.
Sopravvivere al COVID-19 e senso di colpa
Valeria Sabater

Scritto e verificato la psicologa Valeria Sabater.

Ultimo aggiornamento: 26 luglio, 2022

Sono sempre di più i fenomeni nel campo della salute mentale emersi in relazione al contesto attuale; neppure la psicologia è in grado di prevenire con esattezza quali effetti potrebbero verificarsi nei prossimi giorni. Le tristi conseguenze della pandemia da Coronavirus si manifestano giorno per giorno, e una fra queste è il senso di colpa provato da chi è riuscito a sopravvivere al COVID-19.

Questa notizia potrebbe sorprendervi. Ogni volta che sentiamo di qualcuno che ha superato la malattia proviamo una sensazione di felicità e speranza. Pochi giorni fa è stato reso noto il caso di Alberto Bellucci, l’uomo italiano di 101 anni dimesso dalla terapia intensiva per riabbracciare la sua famiglia. Lui si sente fortunato e la sua famiglia felice.

Eppure, non tutti i sopravvissuti al COVID-19 provano la stessa sensazione. In molte menti si sta facendo largo l’idea del “Perché io sono vivo e mio padre no?”, “Perché mi sono salvato e mio fratello ha perso la vita?”, “Perché io sono stato colpito in modo lieve mentre altri lottano per la vita attaccati a un respiratore?”. Ancora una volta, come accade per qualsiasi altra crisi della vita, ciascuno vive i fatti in modo soggettivo.

Dobbiamo mostrarci sensibili verso questa realtà. Se sta succedendo proprio a voi, non esitate a chiedere aiuto. Prima di tutto, è fondamentale capire che ci troviamo di fronte a una reazione abituale in questi contesti: si tratta della sindrome del sopravvissuto. Scopriamo perché sopravvivere al COVID-19 può indurre a sentirsi in colpa.

Persona che piange

Sopravvivere al COVID-19 e senso di colpa, in cosa consiste?

Non sbagliamo affermando che nella situazione che ci sta travolgendo, l’ansia è una presenza quasi costante che rischia di affiorare da un momento all’altro. Eppure, non tutti la proviamo e la manifestiamo in egual misura.

C’è chi non riesce a chiudere occhio tutta la notte. Chi passa la giornata sul divano, riducendo al minimo qualsiasi attività che non sia guardare serie TV, mangiare o inviare messaggi.

Altri, al contrario, mostrano un’iperattività esasperante, occupando il loro tempo in qualsiasi modo pur di non pensare. C’è naturalmente chi soffriva d’ansia già da prima, e si trova a combattere come può contro una situazione complessa.

Ebbene, tra tutte le conseguenze del Coronavirus ce n’è una che sta affiorando con una frequenza sempre maggiore: il senso di colpa di chi è sopravvissuto al COVID-19. Vediamo di che si tratta.

Perché io? Il dolore e l’empatia per gli altri

Più passano i giorni, più scopriamo storie che resteranno scolpite nella memoria personale e collettiva di molti. Perché questa sofferenza tocca tutti, perché la pandemia non guarda frontiere, nazionalità o classe sociale. Si è installata nelle nostre vite selezionando le sue vittime, la maggior parte di età avanzata, molti con patologie pregresse. Altre, invece, sanee con tutta la vita davanti.

Ciascuno di noi è importante e necessario. C’è bisogno di tutti. Le persone con la sindrome del sopravvissuto manifestano sensi di colpa per diversi motivi. Il più duro: aver perso una persona cara. In alcune coppie colpite dalla malattia solo uno è riuscito a sopravvivere al Covid-19. Ci sono figli che hanno perso genitori e genitori che hanno perso figli.

Di fronte a questi scenari è comune provare rabbia, incomprensione, estraniamento e colpa. Perché io no e loro sì? Si chiedono costantemente. Ma c’è anche il caso di chi soffre per i colleghi ammalati o semplicemente per chi ha perso il lavoro e affronta un futuro incerto.

C’è anche chi non ha perso nessuna persona cara, ma che dopo aver vinto il virus si sente intrappolato nella contraddizione, nel vuoto esistenziale e in una sensazione di irrealtà. Perché le persone continuano ad ammalarsi e morire mentre lui/lei ha di nuovo tutta la vita davanti…

La sindrome del sopravvissuto, riformulazione al tempo della pandemia

Di fronte a una tale realtà siamo costretti a riformulare una nuova versione della sindrome del sopravvissuto.

Questa condizione emerge di norma dopo aver sperimentato un fatto traumatico come un’aggressione, una guerra, un disastro naturale, un incidente stradale e via dicendo. Fa sprofondare l’individuo in uno stato di colpa, sofferenza e stress persistente. In generale, appaiono i seguenti sintomi:

  • Irritazione, malumore.
  • Insonnia.
  • Bassa motivazione.
  • Disturbi psicosomatici come cefalea, dolori muscolari, ecc.
  • Sensazione di disconnessione dalla realtà.
  • Flashback, ricordi del fatto traumatico.

Per quanto riguarda il senso di colpa di chi è sopravvissuto al COVID-19, le manifestazioni possono essere le stesse. La cosa peggiore è che gli eventi legati al Coronavirus continuano a susseguirsi, alimentando di continuo i problemi a essi legati.

Donna che riflette in mezzo alla natura

Cosa fare se sopravvivere al Covid-19 fa sentire in colpa?

La prima cosa da tenere in mente è che questa realtà emotiva è assolutamente normale, soprattutto se abbiamo perso una persona a noi cara. Il senso di colpa è del tutto comprensibile. Il passaggio più complicato, adesso, diventa superare il lutto per la perdita, accettando emozioni, sfogandosi e servendosi il più possibile del sostengo altrui.

È fondamentale accettare la realtà dei fatti senza alimentare la colpa. Per ridurre la contraddizione e il senso di vuoto o di irrealtà, possiamo cercare rifugio in noi stessi e negli altri, tornando ad allinearci con i nostri valori, significati e priorità. Prenderci cura di chi abbiamo accanto, sostenere amici o familiari che vivono lontani grazie al supporto della tecnologia.

Stabilire routine, elaborare le nostre emozioni e porci nuove mete all’orizzonte ci aiuterà a riafferrare la vita. Capire che esistono dimensioni che vanno al di là del nostro controllo e che vanno accettate per come sono è la chiave per il benessere. Mettiamolo in pratica.


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