Terapia basata sulla mentalizzazione
La terapia basata sulla mentalizzazione è un approccio terapeutico abbastanza recente. Il suo obiettivo è simile a quello di molte altre strategie cliniche: aiutarci a comprendere meglio emozioni e pensieri per collegarli ai nostri comportamenti. In sostanza, si tratta di concentrare l’attenzione sui processi mentali per usarli a nostro favore; in questo modo si ottiene un maggiore controllo sulle nostre azioni.
Tali correnti integrative in psicologia clinica sono da sempre tanto interessanti quanto utili. Questa terapia in particolare, emersa all’inizio del secondo millennio è un esempio.
In essa confluiscono più concetti, dalla scuola cognitivo-comportamentale alla psicodinamica, passando per la scuola sistemica ed ecologica. Tutto ciò costituisce una risorsa valida e interessante, ideata dagli psicologi Peter Fonagy e Anthony Bateman.
Fu creata inizialmente per dare una risposta più efficace ai pazienti con disturbo borderline di personalità. Attualmente è considerata uno strumento altrettanto valido per curare vari disturbi come depressione, ansia, disordini alimentari e traumi. Viene anche spesso utilizzata nei pazienti con dipendenza.
“Ci vuole di più che “pensieri positivi” per mantenere il controllo sul tuo corpo e sulla tua vita. Per la salute e il benessere, è fondamentale cambiare il modo in cui pensi e ti concentri sui pensieri vitali e positivi, oltre a eliminare gli onnipresenti ed estenuanti pensieri negativi”.
-Bruce Lipton-
Caratteristiche della terapia basata sulla mentalizzazione
Prima di approfondire l’argomento, conviene soffermarsi innanzitutto sul termine mentalizzazione. A cosa ci riferiamo quando parliamo di questa specifica dimensione? Fondamentalmente alla nostra capacità di comprenderci in profondità, svincolandoci da quei processi interni che, a volte, ci portano ad agire in modo impulsivo.
Anthony Bateman, ideatore di questa terapia, definì la mentalizzazione come quel processo attraverso il quale possiamo comprendere gli altri, ma soprattutto noi stessi, diventando pienamente consapevoli di ciò che accade nella nostra mente.
Facciamo un semplice esempio. Oggi, tornando a casa dopo il lavoro, ho risposto male al mio partner e questo ha causato una discussione.
La terapia basata sulla mentalizzazione mi aiuta a capire perché è successo: il mio umore, le preoccupazioni e lo stress mi hanno portato a scegliere le parole sbagliate per comunicare. Inoltre, ho proiettato sul mio partner un’arrabbiatura che avevo maturato in ufficio.
Come possiamo vedere, questo tipo di risorsa può essere molto adatta per regolare le emozioni e migliorare le relazioni. Vediamo più da vicino alcuni aspetti di questo strumento.
La mentalizzazione e la teoria dell’attaccamento di Bowlby
La terapia basata sulla mentalizzazione si basa in gran parte su quella linea psicodinamica che origina dalla teoria dell’attaccamento di John Bowlby.
Secondo questo approccio, l’essere umano è in grado di sviluppare una buona mentalizzazione, cioè un buon controllo e comprensione di pensieri, emozioni e rappresentazioni mentali grazie a un attaccamento sicuro.
- Se i nostri genitori ci forniscono un ambiente amorevole in cui possiamo validare le emozioni, soddisfare i bisogni e costruire la nostra identità, catalogare i sentimenti, desideri, pensieri, tutto procederà in modo sano. Poco per volta, svilupperemo coerenza e autocontrollo tra azioni e pensieri, tra comportamento ed emozioni.
- Gli ideatori della terapia basata sulla mentalizzazione evidenziano, nel disturbo borderline di personalità, un senso del sé disintegrato.
- Questi soggetti sono caratterizzati da comportamento impulsivo, da un’evidente difficoltà a regolare le emozioni; e dall’incontrare numerosi problemi nel gestire le relazioni interpersonali. In essi, non funziona la mentalizzazione, non capiscono cosa succede nella loro mente perché in molti casi sono stati educati in un ambiente basato su un attaccamento disorganizzato e insicuro ( Bateman e Fonagy, 2006).
Quali sono gli obiettivi della terapia basata sulla mentalizzazione?
La terapia basata sulla mentalizzazione si basa sulla seguente idea: non aver sviluppato adeguatamente il processo di mentalizzazione porta l’essere umano a una serie di difficoltà come:
- Problemi interpersonali e sociali.
- Problemi di instabilità emotiva.
- Disturbi da stress, ansia, depressione, ecc.
- Comportamenti autodistruttivi e violenti.
Pertanto gli obiettivi della terapia richiedono, innanzitutto, uno specialista preparato sui seguenti aspetti:
- Guidare il paziente ad avere una migliore comprensione dei propri stati mentali.
- Promuovere la regolazione di emozioni e comportamenti.
- Favorire il controllo degli impulsi.
- Migliorare le abilità sociali affinché le relazioni siano più gratificanti.
- Chiarire e stabilire uno scopo nella vita.
- Favorire una realtà interiore ricca, sicura e motivata su cui la persona non solo sente di avere il controllo, ma anche la gioia di costruire una vita equilibrata e felice.
- Creare una continuità nella autobiografia. Spesso, il fatto di avere vissuto un trauma, una difficoltà o un comportamento di dipendenza, erige nella persona una barriera. Lo scopo di questa terapia è abbatterla e creare nuove prospettive per il futuro.
È efficace?
Come si può intuire, si tratta senza dubbio di un approccio interessante. Ma quali sono le prove della sua efficacia?
Uno studio svolto presso il dipartimento di psicologia dell’Università di Aarthus, in Danimarca, mostra che la terapia basata sulla mentalizzazione è quella con il più alto tasso di successo nei pazienti con disturbo borderline di personalità: è quindi la più consigliata nei servizi di salute mentale.
Per concludere, si tratta certamente di uno strumento che vale la pena tenere in considerazione per un certo tipo di esigenze cliniche.
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