Terapia sistemica: tappe storiche
Attualmente, la terapia sistemica è utilizzata da molti psicologi nel trattamento di problemi individuali, di coppia o familiari, ma anche nella ricerca. Per comprendere il funzionamento e la rilevanza dei suoi concetti, è necessario conoscerne la storia.
L’aspetto più innovativo della terapia sistemica è considerare la mente come qualcosa di relazionale. Questo approccio si configura come un vero e proprio spartiacque rispetto alle correnti tradizionali che hanno inteso l’origine e la cura della patologia come individuali.
A sua volta, questo cambiamento ha portato al trasferimento del focus dell’intervento dall’individuo o dalla natura intrapsichica della patologia all’ambiente o al carattere interazionale.
La storia dei modelli sistemici in psicoterapia è collegata a quella dei modelli familiari, essendo la terapia familiare il suo campo di applicazione più diffuso. Inoltre, la terapia sistemica è pioniera nello sviluppo della terapia breve: infatti, la durata del trattamento è breve, 6-20 sedute.
Infine, la storia della terapia sistemica è caratterizzata dalla costante interazione tra i suoi membri. Approfondiamo l’argomento in questo articolo.
Antecedenti alla terapia sistemica
Prima dello sviluppo della terapia sistemica, fu Rogers, nel 1939, a proporre l’inclusione degli altri membri della famiglia nell’intervento psicologico. La psicologia rogeriana voleva aumentare la comprensione nell’individuo per ottenere risultati migliori.
Le prime associazioni familiari sorsero negli Stati Uniti tra la fine degli anni ’30 e l’inizio degli anni ’40, sotto il nome di “AAMFT-American Association for Marriage and Family Therapy”, e sono sopravvissute fino ad oggi.
La psicoanalisi della prima metà del XX secolo ha evidenziato l’importanza delle relazioni familiari nella genesi delle nevrosi, evitando il contatto tra il terapeuta e la famiglia del paziente. Per Freud, questo potrebbe solo aumentare le possibilità di infrangere la regola dell’astinenza.
Tuttavia, nel 1937 Ackerman pubblicò un articolo che si concentra su come gli atteggiamenti dei membri della famiglia possono influenzare i sintomi di uno dei membri.
A partire dagli anni Quaranta emersero contributi di altri psicoanalisti, come quelli di Eric Fromm, K. Horney e Sullivan, che andarono oltre l’ortodossia freudiana.
Da parte sua, Adler ha sottolineato il ruolo delle relazioni tra fratelli nello sviluppo dell’individuo, incluso il concetto di costellazione familiare, ovvero il peso dell’ordine di nascita dei fratelli nel loro sviluppo psicologico.
Il passaggio dal paradigma intrapsichico a quello interazionale ha avuto origine grazie alla psicologia sociale e al contributo dell’interazionismo simbolico.
Queste idee hanno avuto un impatto sulle teorie neo-psicoanalitiche tenendo conto dell’attuale ambiente psicosociale all’origine della nevrosi e di fenomeni che sono sfuggiti agli approcci psicoanalitici, come la psicosi.
A tale proposito, i contributi più influenti alla terapia familiare furono quello di Fromm-Reichman con il concetto di “madre schizofrenica”, di Rosen con il concetto di “madre perversa” e di Whitaker con gli “schizofrenici in famiglia”.
La nascita della terapia familiare
L’idea di condurre una psicoterapia con i familiari nasce da un malinteso tra Bell e Sutherland, che gli descrisse gli stili di attaccamento del famoso psicologo Bowlby durante un soggiorno in Inghilterra.
Al suo ritorno negli Stati Uniti, Sutherland iniziò ad utilizzare i colloqui congiunti per il trattamento dei problemi dell’infanzia, ottenendo degli ottimi risultati.
Gli inizi della terapia sistemica negli anni ’50
Gli inizi più rilevanti della terapia familiare sistemica vanno ricercati negli studi all’antropologo Gregory Bateson e al suo team presso l’ospedale di Palo Alto.
Tra il 1952 e il 1962, questi ricercatori condussero un’indagine con psicoterapeuti e teorici della comunicazione, arrivando a sviluppare la teoria del doppio legame, oggi considerata una pietra miliare nella storia della psicoterapia.
I contributi di Bateson sono stati fondamentali per l’inizio della terapia sistemica e innovativi nella storia della psicoterapia. A partire da questo momento, si cominciò a considerare la mente come relazionale e non come individuale.
Le basi teoriche del paradigma sistemico furono influenzate dalle discipline che stavano emergendo in quel momento, come la cibernetica, la teoria della comunicazione umana, l’ecologia e la teoria dei sistemi.
Sviluppo ed espansione dagli anni ’60 in poi
Il pieno sviluppo della terapia sistemica ebbe luogo negli anni ’60, quando Jackson e Ackerman fondarono la rivista Family Process, il primo mezzo di comunicazione scientifico per la terapia sistemica.
Insieme a Virginia Satir e Riskin, Jackson crea il Palo Alto MRI (Mental Reseach Institute), guidato da Gregory Bateson, a cui successivamente si unirono l’autore della teoria della comunicazione umana, Wazlawick, ma anche Weakland e Sluzki.
Negli anni ’70, si unì al gruppo anche il fondatore della moderna ipnoterapia, Milton Erickson, mentre Haley diffondeva il suo metodo. Sempre in questo periodo, Salvador Minuchin, sostenuto dallo stesso Ackerman, portò avanti un progetto di ricerca con famiglie di basso status sociale, con problemi di delinquenza.
Ciò ha permesso di attuare uno stile di terapia familiare altamente strutturato, oggi noto come scuola strutturale, che si è integrato perfettamente nel quadro sistemico della prima scuola di Palo Alto.
Sulla base del lavoro che si stava svolgendo presso l’Istituto di Palo Alto, si cominciano a studiare i modelli di interazione comunicativa nei processi di cambiamento, analizzando il modo in cui il trattamento può essere più efficiente, cioè con un numero minore di sessioni.
Questa linea di ricerca, avviata nel 1967 presso il Brief Family Therapy Center, era guidata da Fish, Watzlawick, John Weakland e Segal, e nasceva al fine di indagare la terapia familiare breve.
La durata del trattamento breve era di 10 sedute e avveniva senza la selezione della patologia, focalizzando l’intervento sul problema, utilizzando tecniche attive e molto direttive.
Ciò ha portato a un modello di cura incentrato sui problemi, sul paziente e non sulla famiglia o sullo sviluppo dell’intuizione. In altre parole, i problemi di tipo interattivo erano incentrati sulla soluzione.
La terapia incentrata sulla soluzione, il focus della terapia breve
La seconda scuola di terapia sistemica è la terapia breve focalizzata sulla soluzione (TCS), nata presso il Brief Family Therapy Center di Milkwaukee grazie a Shazer e Insoo Kim Berg.
Questi studiosi smisero di concentrarsi sull’identificazione dei modelli di interazione per interrompere la sequenza problema, come promosso dal MRI, per dedicarsi alla persona. Ciò al fine di identificare e amplificare le sequenze di soluzioni.
La terapia incentrata sulla soluzione concepisce il problema e la soluzione come categorie discontinue. Sulla base di questo approccio, due persone possono andare in terapia per lo stesso problema e generare soluzioni diverse o, al contrario, ottenere una soluzione uguale per due problemi diversi.
Terapia sistemica fine anni ’60, primi anni ’70: le scuole europee
Alla fine degli anni Sessanta, cominciano a stabilirsi in Europa varie linee di ricerca. Laing si reca a Palo Alto e, al suo ritorno, presenta le proprie teorie del modello sistemico presso la Tavictock Clinic di Londra.
Nel 1967 Mara Selvini Palazzoli e il suo team costituiscono un centro di ricerca in terapia familiare con ampie ripercussioni per l’intero movimento psicoterapeutico internazionale: la scuola di Milano.
Successivamente, in Germania, viene creato un servizio clinico di medicina psicosomatica e terapia familiare, guidato da Stierlin presso l’Università di Heidelberg.
Da parte loro, Andolfi e Cancrini, riprendono il modello sistemico e creano un altro percorso di terapia familiare sistemica, dando vita alla scuola di Roma.
Tutte le scuole hanno mantenuto scambi e relazioni costanti, differenziandosi in tre orientamenti secondo le proprie basi teorico-pratiche:
Orientamenti sistemici puri
Di questa corrente fanno parte la scuola di Palo Alto, la scuola strategica Jay Haley e la scuola di Milano. La terapia si concentra sulla risoluzione dei problemi, il nucleo familiare è l’oggetto dell’intervento e considera l’individuo come un membro del sistema familiare.
La famiglia è considerata un sistema aperto, governato da regole che costituiscono delle metafore elaborate dal terapeuta per nominare delle sequenze di comportamento.
Il sistema familiare acquisisce queste regole nel tempo andando per tentativi ed errori, che non sono considerati negative “di per sé”, ma piuttosto quando si irrigidiscono. Le stesse soluzioni vengono utilizzate in modo compulsivo e ripetuto, dando origine al sintomo.
Il terapista sistemico deve scoprire il funzionamento di queste regole rigide e ridondanti per modificare quelle che non sono utili al sistema, concentrandosi sul problem solving e, quindi, sul qui e ora. A differenza degli altri orientamenti, il terapeuta interviene dall’esterno, come se fosse un osservatore.
Orientamenti sistemici misti
Sono la Scuola Strutturale di Minuchin e Montalvo, Scuola di Roma e Scuola Svizzera (Kaufman). La terapia non solo cerca di risolvere il problema, ma anche di modificare la struttura familiare, in modo tale che questa sia utile nel tempo. Tali orientamenti sono caratterizzati dalla loro prospettiva ecologica.
Il terapeuta agisce entrando a far parte del sistema familiare, non come un osservatore passivo, ma come un agente attivo del cambiamento che deve realizzare una sorta di ristrutturazione.
I confini, le alleanze e la gerarchia sono elementi chiave di qualsiasi struttura familiare. Sono gli elementi che guidano il terapeuta mentre apporta i cambiamenti necessari nella struttura familiare.
Orientamenti sistemici psicoanalitici
Questi orientamenti comprendono Ackerman, la terapia contestuale, la terapia familiare simbolica dell’esperienza di Whitaker e l’orientamento gruppo-analitico di Robin Skinner.
La famiglia è composta da individui, ciascuno con la propria identità e storia personale e la patologia risponde alle leggi che regolano questi rapporti interpersonali.
Sebbene non smettano di prestare attenzione alla famiglia, mettono in primo piano l’individuo, nel quadro di una prospettiva sistemica individualistica.
Conclusioni sulla terapia sistemica
È possibile riassumere gli elementi che hanno caratterizzato la storia della terapia sistemica nel seguente elenco:
- Rapporto costante tra le diverse scuole
- Carattere concettuale più pratico e innovativo
- Qualità della ricerca.
I terapeuti sistemici non si limitano a militare nella propria scuola, ma hanno un’ottima conoscenza anche dei contributi e delle tecniche delle altre scuole. Per cui possiamo dire che predomina una prospettiva costruttivista e integrativa.
Oggi il paradigma sistemico continua a essere il più utilizzato nella terapia familiare e di coppia. Ma si è fatto strada anche nel campo della salute, dell’assistenza e del welfare, nelle organizzazioni, per trattare i problemi scolastici e nei social network.
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