Yacouba Sawadogo: l'uomo che domò il Sahara

Nel mondo ci sono persone che ci ricordano la lotta tra il piccolo Davide e il gigante Golia. Una di queste è Yacouba Sawadogo, un uomo che si è ritrovato faccia a faccia con il Deserto del Sahara e sul quale ha avuto la meglio grazie alla sua perseveranza e alla sua fiducia nel sapere ancestrale.
Yacouba Sawadogo: l'uomo che domò il Sahara
Gema Sánchez Cuevas

Revisionato e approvato da la psicologa Gema Sánchez Cuevas.

Ultimo aggiornamento: 12 marzo, 2023

Yacouba Sawadogo non ha avuto bisogno di andare all’università né di tenersi al passo con le notizie per capire che il clima stava cambiando. Originario del Burkina Faso, Paese non lontano dal Deserto del Sahara, già da bambino aveva notato la crescente siccità e che ciò danneggiava sempre più le coltivazioni.

Quest’uomo, dotato di straordinario buon senso, vive in una regione nota come Sahel, tra il Sahara e la savana sudanese. Un’area dalle condizioni climatiche instabili che in diverse occasioni ha vissuto gravi carestie. Per l’esattezza, una è avvenuta tra il 1968 e il 1974, e fu precisamente nel ’74 che ebbe inizio la lotta di Yacouba Sawadogo.

Mi auguro che la legittimità offerta da questo premio sia di ispirazione e stimoli molte altre persone a ripensare le proprie terre a vantaggio della natura, delle comunità locali e delle generazioni future.

-Yacouba Sawadogo-

Yacouba divenne popolare solo diverso tempo dopo, nel 2018, quando venne insignito del Nobel Alternativo, premio consegnato a Stoccolma a chiunque abbia spiccato per una lotta personale volta al miglioramento dell’umanità. Il mondo, in quel momento, è venuto a conoscenza del silenzioso e straordinario lavoro svolto da Yacouba Sawadogo per la sua gente e per tutti noi.

Deserto del Sahara.

Yacouba Sawadogo e il Sahara

Conosciamo tutti il deserto del Sahara, luogo segnato da leggende millenarie. Non tutti sanno, però, che gli umani si sono insidiati al Nord e al Sud di questa regione sottraendo spazio al deserto e fondando comunità che vivono costantemente in lotta contro la sua forza naturale.

Nel XX secolo, con l’aumento della popolazione in Africa e l’arrivo in massa di aziende straniere (soprattutto miniere estrattive) hanno iniziato ad alterarsi i cicli ecologici del continente. Inizialmente ciò ha avuto un impatto sui Paesi dell’area di Sahel, entro i confini della quale si trova il Burkina Faso, terra natale di Yacouba Sawadogo.

Alla fine degli anni ’60 il deserto iniziò a guadagnare terreno su questo Paese: la sabbia iniziò a inghiottire le terre fertili e la carestia divenne un male diffuso. La maggior parte delle persone colpite pensava solo ad abbandonare questi luoghi, poiché ritenevano fosse una battaglia persa. Proprio in quel momento Yacouba fece la differenza: decise di restare di lottare contro il Sahara.

Tecniche ancestrali

Quando un terreno sta diventando arido, la soluzione è procedere con una diagnosi specialistica, partendo da uno studio di ricerca esaustivo, per poi applicare il metodo più adatto su grande scala. Ma in Burkina Faso non c’erano né specialisti né ricercatori specializzati, tantomeno i milioni di dollari necessari per raggiungere l’obiettivo.

Yacouba Sawadogo non si sarebbe arreso senza lottare. Così, insieme a Mathieu Ouédraogo, suo amico e compagno di lotta, iniziò a studiare da autodidatta. I due si dimostrarono lucidi abbastanza da cercare nell’unica fonte in cui avrebbero potuto trovare risposta: le tradizioni ancestrali. In quella regione, le tecniche di coltivazione risalivano a diversi decenni prima, non a caso alla tradizione è riconosciuta la saggezza sufficiente per gestire il caos della desertificazione.

Alla fine, i due sognatori misero in pratica due antiche tecniche per rigenerare il terreno. La prima prese un nome che potrebbe essere tradotto come “cordoni di pietra”. File di massi disposte in modo tale che, all’arrivo dalla pioggia, l’acqua ristagna per qualche minuto in modo da penetrare nel terreno, rendendolo più compatto.

La tecnica vincente di Yacouba Sawadogo

La seconda tecnica scelta da Yacouba Sawadogo e dal suo amico fu quella delle “fosse zai”. Questa tecnica consiste nello scavare delle fosse mentre si piantano i semi per aiutare il terreno a trattenere l’umidità. Yacouba introdusse diverse innovazioni alla tecnica tradizionale, come scavare fosse più profonde.

Ritenne una buona idea anche aggiungere del materiale organico da versare all’interno delle fosse, come sterco, foglie, rametti e detriti vegetali. Inconsapevole, ma guidato da buone intuizioni, questa decisione risultò cruciale per la buona riuscita del piano.

Ma Yacouba Sawadogo non aveva pensato che versare del materiale organico nelle fosse avrebbe attratto le termiti. Ciononostante, al contrario di quanto si potrebbe pensare, le termiti iniziarono a scavare dei tunnel e ciò fu positivo: avevano eseguito il lavoro di ingegneria che mancava. Il risultato fu che il terreno si ammorbidì, acquisendo maggiore umidità e le piante iniziarono a crescere.

Terreno coltivabile e arato.

Una vittoria sul deserto

Ci vollero oltre 40 anni prima che il mondo scoprisse che Yacouba Sawadogo aveva vinto la sua battaglia contro il deserto. A oggi, è riuscito a recuperare oltre 3 milioni di ettari di terreno prima sterili.

Yacouba sapeva che non sarebbe stato sufficiente un successo parziale, dunque quando si rese conto che le sue tecniche ancestrali funzionavano, iniziò a tramandarle a chiunque volesse impararle. Ha trascorso tutti questi anni spostandosi in lungo e in largo con la sua motocicletta per lasciare i suoi insegnamenti a varie comunità.

Questo saggio uomo ci ha lasciato molti insegnamenti. Ci ha insegnato che non bisogna arrendersi senza lottare nonostante le avversità. Ma anche che le soluzioni prestabilite non sono sempre le migliori e, soprattutto, che il buon senso e la fiducia nelle proprie abilità possono portarci lontano. Gli siamo grati per averlo ricordato a tutti noi.


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  • Puig, J. (2019). Sensibilidad por el medio ambiente y cristianismo. Scientia et Fides, 7(1), 73-96.


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