Afantasia: mente incapace di visualizzare immagini mentali

Una piccola parte della popolazione vive senza sapere cosa significa sognare per immagini e senza poter evocare nella propria mente il volto della persona che ama o il luogo in cui è cresciuta. L'afantasia, o mente cieca, è un deficit neurologico curioso e intrigante.
Afantasia: mente incapace di visualizzare immagini mentali
Valeria Sabater

Scritto e verificato la psicologa Valeria Sabater.

Ultimo aggiornamento: 11 ottobre, 2022

L’afantasia è un disturbo che colpisce il 3% della popolazione mondiale e che determina l’incapacità di trattenere immagini visive nella propria mente. Le persone che ne soffrono vivono in un vuoto senza forma, in una mente cieca nella quale non esistono immagini, volti o scenari. Uomini e donne che non sanno cosa vuol dire sognare, che non sono mai scappati mentalmente verso un luogo di pace o un universo parallelo immaginando possibilità infinite.

Per quanto questa condizione possa incuriosirci, è innegabile la drammaticità e la tristezza che colpisce le persone che ne sono affette, incapaci di ricordare il volto del genitore scomparso o di un amico che non vedono da tempo. Possiamo dire, tuttavia, che chi è nato con questa particolare caratteristica non può sentire la mancanza di ciò che non ha mai conosciuto.

Vivere in una mente prigioniera dell’afantasia può portare una persona a sentirsi estranea rispetto al resto del mondo. Un bambino nato con questa carenza neurologica è consapevole delle cose che accadono, ma non è in grado di sognare o fare incubi; non riesce a ricordare visivamente le cose che ha visto e le esperienze vissute; tutto questo genera un profondo senso di estraniamento.

Uomo con palloncino nero al posto della testa

Afantasia: cos’è è perché accade?

I neurologi definiscono l’afantasia come una sorta di cecità mentale, termine che non può che impressionarci. Ma com’è la vita di chi ne soffre? Questa condizione è limitante? Da cosa è determinata?

Siamo in presenza di un’alterazione neurologica che è diventata oggetto di studi approfonditi nel 2016, nonostante se ne conoscesse l’esistenza fin dal 1840 grazie a Sir. Francis Galton. Il noto psicologo, antropologo, esploratore e genetista inglese aveva stimato una percentuale di casi già nella sua epoca: sosteneva che circa il 2 o il 3% della popolazione avesse l’occhio della mente completamente cieco.

Soltanto a partire dal 2016 la comunità scientifica si è interessata nuovamente all’afantasia, attraverso le ricerche del Dottor Adam Zeman, psicologo cognitivo dell’Università di Exeter, che ha coniato in maniera definitiva il termine “afantasia”.

Lo stesso anno Blake Ross, co-creatore di Firefox, ha pubblicato un saggio nel quale descriveva la sua esperienza personale con questa nuova condizione neurologica. A seguito del suo lavoro, l’afantasia è diventata virale sul web e ha destato l’interesse di numerosi esperti.

Qual è l’origine dell’afantasia?

Immagina due mele, una di colore verde e una di color rosso brillante. Dopo aver letto questa frase, il 97% di noi (secondo dati statistici) visualizza quasi all’istante l’immagine. Le persone affette da afantasia, al contrario, sono incapaci di attivare tale processo neurologico in quanto la loro mente non vede, in altre parole nel loro universo cerebrale l’immagine in questione non esiste.

Secondo i ricercatori, questa mancanza potrebbe essere dovuta all’incapacità del cervello di costruire modelli associativi legati a quello che vediamo. In genere, ogni stimolo visivo ha un impatto sul nostro cervello, un’impronta che genera un modello, una sequenza, una forma a cui si fa ricorso quando vogliamo ricordare qualcosa.

Il cervello delle persone con afantasia non è in grado di creare modelli visivi associati alle immagini viste o alle esperienze vissute. Si tratta di una sorta di cecità parziale, per cui i nostri occhi interiori non captano quello che c’è fuori e non possono riprodurlo all’interno della mente.

Ragazza con gli occhi chiusi

Come vivono le persone che soffrono di questa condizione neurologica?

Il Dottor Adam Zeman ha segnalato la reazione positiva di chi, finalmente, ha potuto dare un nome e una spiegazione a un fenomeno che nessuno sapeva definire.

La vita per le persone affette da afantasia non è limitata. L’individuo può relazionarsi, essere indipendente in ogni aspetto della sua esistenza, lavorare e avere successo come qualunque altro. Tuttavia, sa che gli manca qualcosa.

  • Se la maggior parte di noi trascorre moltissimo tempo immerso nei propri pensieri immaginando e saltando da un’immagina all’altra, le persone con afantasia non riescono neppure a sognare.
  • A risentire maggiormente di questa condizione sono le persone che hanno iniziato a soffrirne a causa di un incidente o una lesione cerebrale; in questo caso il deficit è ancora più complesso.
  • È stata accertata la relazione tra questo deficit neurologico e la prosopagnosia (difficoltà nel riconoscere i volti) e con i problemi di orientamento.

Al giorno d’oggi non esiste un trattamento per l’afantasia. Sebbene convivere con questo deficit non limiti sotto quasi nessun aspetto la quotidianità di chi ne soffre, è curioso sapere che le persone a cui è stata diagnosticata hanno affermato di sentirsi diverse e che in loro manca qualcosa. In fondo, cosa c’è di più confortevole che scappare con la propria mente verso universi lontani… ?


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